Ripercorsa l’evoluzione legislativa e ricostruita l’essenza del principio in esame, l’Autore si sofferma sull’analisi delle possibili tecniche normative volte a darne manifestazione, ovvero mere enunciazioni di principio, dispositivi statici e dispositivi dinamici.
La riflessione si sposta quindi sull’esame della nostra Carta costituzionale, nella quale si possono ritrovare sia soluzioni di tipo statico, come quella in materia di confessioni religiose, che applicazioni di tipo dinamico, come quella inerente le autonomie a base territoriale. Analizzando così la disciplina delle autonomie regionali e locali, è possibile trarre considerazioni in merito al diverso modello applicativo che riscontra il principio di sussidiarietà se inserito in un ordinamento regionale anziché in uno Stato federale. Inoltre, sempre alla luce di tale disciplina, è possibile evincere dalla nostra Costituzione il divieto di spostamenti di competenze verso l’alto e il divieto, posto in capo ai livelli maggiori, di compiere interventi differenziati su base territoriale.
Preso così atto delle aperture al principio di sussidiarietà presenti nella nostra Costituzione, l’Autore osserva come nella realtà costituzionale queste non abbiano trovato concreto riscontro bensì, sempre nell’ambito dei rapporti Stato – Regioni, si sia giunti ad una statalizzazione delle funzioni regionali. Spiegato come e perché ciò sia accaduto, il saggio conclude prospettando nuove espressioni della potenzialità del principio di sussidiarietà e non solo limitatamente alla sua dimensione verticale.