Il cambiamento che uno Stato attraversa, nel passaggio da una concezione monista ad una concezione pluralista, si riflette negli interessi che definisce meritevoli di tutela e la cui soddisfazione rappresenta lo scopo dell ' attività  amministrativa

Il cambiamento che uno Stato attraversa, nel passaggio da una concezione monista ad una concezione pluralista, si riflette negli interessi che definisce meritevoli di tutela e la cui soddisfazione rappresenta lo scopo e il fulcro dell’attività amministrativa. Tali interessi rispecchiano la complessità della società e necessitano, per la loro piena comprensione, di una flessibilità che di certo non è possibile rintracciare nella rigidità del rapporto tra legge e funzione amministrativa, dove la seconda debba necessariamente seguire la prima.
Nell’approdo al pluralismo il sistema italiano è stato interessato da numerosi cambiamenti che lo hanno destrutturato prima e ricostruito poi, attraverso l’introduzione della sussidiarietà, tramite la riforma del Titolo V della Costituzione e il contemporaneo mantenimento della centralità del principio di legalità.
Il saggio della Professoressa Torchia mette in evidenza tutto ciò tramite l’analisi delle modificazioni che hanno interessato gli articoli 117 e 118 della Costituzione. L’articolo 117, nella sua precedente formulazione contenente un’elencazione delle materie della potestà legislativa concorrente tra Stato e regioni, trovava la propria naturale prosecuzione nel corrispondente dispositivo dell’articolo 118, il quale, in un’ottica perfettamente monista, statuiva le corrispondenti funzioni amministrative, perfettamente ripartite nella competenza tra Stato e regioni.
In seguito alla riforma intervenuta nel 21, il testo dell’articolo 117, mutato sino a contenere l’elencazione tassativa delle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e, al comma 3, quelle di legislazione concorrente tra Stato e regioni, letto alla luce del rinnovato articolo 118 e dell’apporto fornito dalla Corte Costituzionale tramite la sentenza n. 33 del 23, permettere di comprendere i margini della flessibilità introdotta nell’esercizio dell’attività amministrativa dal principio di sussidiarietà verticale. La Corte Costituzionale, infatti, afferma di dover interpretare la statuizione secondo cui “le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato”, in modo tale che le stesse funzioni rispondano, per la propria allocazione, non più al principio di legalità così come precedentemente inteso, ma ai criteri di adeguatezza e proporzionalità, i quali costituirebbero l’unico modalità per derogare alla loro attribuzione ai Comuni, così che non sia più la funzione a seguire la legge, ma il contrario.
Seppur fucina di problemi e necessitante accurate riflessioni, come afferma la stessa Torchia, la flessibilità garantita da tale assetto mostra, però, come d’ora in poi saranno le istanze riguardanti l’interesse da soddisfare a determinare il grado della sua soddisfazione, la sua estensione territoriale e la sua regolamentazione.