Status formale o appartenenza sostanziale?

Ormai non esiste più una sola forma di cittadinanza: si può essere - o non essere - cittadini a prescindere dallo status giuridico.

Il tema dell’immigrazione è di nuovo all’ordine del giorno. Nell’agenda politica, certo. Ma anche nella società. Episodi di violenza e razzismo stanno accompagnando una discussione tutta orientata alla "difesa dal diverso". Ma è davvero così?

La realtà

L’Italia, negli ultimi anni, è diventato un paese a forte immigrazione. E circa 5mila sono i figli di cittadini stranieri nati o cresciuti nel nostro paese. Che però dei cittadini non hanno lo status. "Questi giovani – scrive nel saggio qui presentato Gregorio Arena – nei fatti si sentono e sono italiani. Ma non possono diventarlo anche sul piano formale se non al termine di una defatigante procedura per l’acquisto della cittadinanza i cui requisiti sembrano fatti apposta per tenerli il più possibile ‘fuori’. Eppure loro sono già ‘dentro’, fanno già parte della nostra comunità, forse più di certi se-dicenti cittadini italiani che si comportano veramente come estranei alla nostra comunità".

Cittadini si nasce o si diventa?

La cittadinanza attiva degli immigrati e dei loro figli sembra porre una fondamentale domanda alla società e alla politica italiana: la cittadinanza è solo un problema formale o non, piuttosto, un percorso di appartenenza sostanziale che può esplicarsi anche attraverso la cura dei beni comuni? Detto in altri termini, cittadini si nasce o si diventa?
E se è così, come possono le istituzioni non sostenere questi "nuovi cittadini" attivi?

Citazione suggerita:

ARENA G., Immigrazione e cittadinanze, in Labsus Papers (28), Paper n. 5



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