Ciò che deve contrassegnare la relazione tra cittadino e amministrazione è " la continuità  di un incontro necessario " , animato e sorretto dal principio di imparzialità , contenuto nell ' art. 97 della Costituzione

L’Autore parte dalla presentazione dei due termini del rapporto: se la pubblica amministrazione, essendo nata per soddisfare i bisogni sociali, “coltiva una ragione di esistenza alleata al bene comune”, il cittadino si presenta al contempo, nei suoi riguardi, come “partecipe e antagonista”.

Partecipe, in quanto elemento della società legato ad essa dal perseguimento del bene comune e soggetto dell’obbligazione – connessa alla partecipazione alla società – gravante sulla generalità dei cittadini.

Diventa antagonista nel momento in cui è proprio lui, entità individuale, a vedersi addossati gli oneri di quell’obbligazione, attraverso, ad esempio, un sacrificio personale che permetta il raggiungimento dell’interesse comune. Delineando tale rapporto come un’obbligazione l’Autore inserisce la figura dell’interesse legittimo come garanzia, la quale viene ad esistenza nel momento in cui il singolo cittadino è selezionato, anche suo malgrado, in vista di un “interesse o un fine che ne trascende la persona” e che, anzi, può paradossalmente avere conseguenze, a lui, sfavorevoli.

Nella convinzione dell’Autore che sia la società nel momento in cui si organizza a dar vita all’amministrazione, rendendola, così, l’immagine di quella doverosità sociale, di quel dover essere, che ha portato non solo allo strutturarsi di una società, ma all’emergere di quella specifica struttura amministrativa, l’Autore delinea, coerentemente, la sua idea di corrispondenza tra società organizzata e amministrazione, inglobando nel termine “amministrazione”, anche la tensione a rispondere agli emergenti bisogni sociali.

Il rapporto diventa in realtà sostanzialmente trilaterale – società, amministrazione, cittadino – ma rimane, formalmente bilaterale dal momento che le prime due entità si fondono nell’idea dell’amministrazione rispondente, costantemente, alla doverosità sociale.

Tra pubblico e privato

Individuati i termini della relazione e dell’obbligazione, l’Autore affronta il problema del significato da attribuire, alla luce di quanto detto, alla distinzione tra pubblico e privato.
Non avendo più senso riferirsi ad una separazione soggettiva, legata a una differente caratterizzazione dei due soggetti, il metodo da utilizzare per comprendere ciò che tuttora li distingue a è quello oggettivo-procedurale che consente di sottolineare come la loro differenza sia interamente funzionale.

Pubblico è tutto ciò che esprime il prodursi di regole e di atti in consonanza alla rilevazione dei bisogni sociali ma, coerentemente con le premesse della riflessione, e abbandonando la differenziazione soggettiva, non solo non è necessario ma non risulta neanche opportuno, escludere i privati da questo procedimento. Anzi, la partecipazione del singolo alla formazione dell’ordine sociale diventa oggi, la ragione più profonda e fondante del processo di continuo avvicinamento tra produzione delle regole e società.

Riflettendo sui dati acquisiti per cui le società odierne si organizzano in funzione dei diritti umani e di libertà, e tale doverosità sociale è fortemente accettata e condivisa, è giocoforza condividere l’ultima parte del ragionamento dell’Autore: gli interessi legittimi sono da ricostruirsi come posizioni giuridiche strumentali che, nascendo contemporaneamente alla società e all’emersione della serie dei doveri sociali, oggi, non solo non posso scomparire ma anzi, diventano “sempre più visibili”
Diventano più visibili se guardati nella giusta prospettiva di forme di garanzia per i singoli, determinate dal loro coinvolgimento nell’esercizio dei doveri. Non più espressione di sudditanza del privato di fronte ad una volontà pubblica solitaria ed autoritaria ma posizione giuridica di colui che, parte della società e quindi dell’amministrazione, si confronta con l’interesse sociale, alla ricerca di un contemperamento o del superamento del dissidio.

Una figura perfettamente coerente con l’impianto costituzionale che non potrebbe mai sopportare che la Repubblica da un lato riconoscesse libertà e diritti alle persone e dall’altro non esitasse a farli scomparire mediante le sue stesse manifestazioni di potere.
Una figura, infine, che risponde perfettamente all’idea forse più innovativa che emerge dalla riflessione dell’Autore: ciò che deve contrassegnare la relazione tra cittadino e amministrazione è “la continuità di un incontro necessario” , animato e sorretto dal principio di imparzialità, contenuto nell’art. 97 della Costituzione.
Un incontro di giustizia, non potendosi per l’Autore pensare a un’attività amministrativa che non si svolga secondo tale principio, come “accordo necessario tra uomo e società: in ciò la vera natura dell’amministrazione sociale e pubblica”.