Dall'educazione civica alla manutenzione civica, per imparare ad essere cittadini

“Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di attivare percorsi di istruzione di insegnamenti relativi alla cultura della legalità ed al rispetto dei principi costituzionali… A decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 28/29, oltre ad una sperimentazione nazionale … sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a ‘Cittadinanza e Costituzione’, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell’infanzia”.
Il linguaggio del decreto legge approvato dal Governo il 1° settembre scorso è, come sempre accade in questo tipo di testi, un pò contorto. Ma alla fine tutto si riduce alla sintesi che ne hanno fatto i giornali: “Il ritorno dell’educazione civica”.
Perché in effetti è questo che intende il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, quando afferma che la scuola “deve aiutare i ragazzi a essere cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri”.

Il colonnello Wolsey Washburne

Come spiega Nicola D’Amico, giornalista e storico della scuola “L’educazione civica, dal secondo dopoguerra in poi, è stata una costante della pedagogia italiana, come risposta al bisogno di disintossicare i libri di testo, e l’istruzione generale, da quelli che venivano considerati i veleni della propaganda fascista”. Non a caso “I primi elementi della disciplina furono introdotti sin dall’autunno del 1943 dal colonnello americano Carleton Wolsey Washburne, responsabile dell’istruzione nell’Italia liberata”. Tuttavia “la materia, pur raccomandata nelle varie premesse ai programmi, non si tradusse quasi mai in una esplicita prescrizione di insegnamento per la preoccupazione che si trasformasse in un veicolo di propaganda politica”.
Nel 1958 fu Aldo Moro ad introdurre nei programmi l’educazione civica, secondo l’impostazione che sopravvive ancora oggi: conoscenza di base della Costituzione, rudimenti della legislazione riguardante il lavoro, struttura della scuola, educazione stradale e alla sicurezza in genere, educazione ambientale, Europa, organizzazioni internazionali, famiglia, enti locali, con l’aggiunta negli ultimi anni dell’educazione all’integrazione ed alla interculturalità.

Un’ora a settimana…

In realtà anche quando l’educazione civica è affiorata ufficialmente nei programmi essa ha finito con l’essere considerata una materia “residuale”, schiacciata dalle altre materie umanistiche, i cui orari non erano mai sufficienti per completare i programmi ministeriali ed al cui interno quindi non c’era spazio anche per altri insegnamenti.
E comunque, come molti sanno per esperienza diretta, anche quando l’educazione civica veniva di fatto insegnata essa si risolveva spesso nell’arida elencazione di istituzioni, norme e prescrizioni varie. Una noia mortale, capace di uccidere nella culla qualsiasi afflato civico vi fosse nei poveri studenti.
Questi rischi ci sono tutti anche oggi, nonostante che il decreto abbia istituito l’educazione civica (che finora era una materia prevista, in teoria, all’interno di altri insegnamenti), come disciplina autonoma.
Innanzitutto, il rischio di marginalizzazione della materia, in quanto l’ora a settimana per il suo insegnamento (33 ore annue in totale) dovrà essere ricavata all’interno dell’orario dell’area storico-geografica e storico-sociale, sottraendo tempo prezioso a materie ben più consolidate e “blasonate”.
Riservare alla nuova materia un voto specifico potrà servire a darle un pò di visibilità, ma rimane comunque il problema dei contenuti e, ancora più a monte, il problema della formazione degli insegnanti per l’insegnamento di una materia molto più complessa di quanto non appaia a prima vista. E non bastano certo i libri di testo di educazione civica a supplire ad una simile carenza formativa, anzi, i libri rischiano di aggravare l’effetto noia.

“Cittadinanza e Costituzione”

Ci vorrà del tempo per formare gli insegnanti di questa “nuova” educazione civica.
Ma un punto dovrebbe esser chiaro a tutti gli insegnanti che già da questo anno scolastico dovranno insegnarla. Questa materia, proprio perchè si chiama “Cittadinanza e Costituzione”, poggia su due colonne.
La prima è la Costituzione, intesa come testo base sul quale formare giovani consapevoli dei propri diritti e doveri di cittadinanza.
Come spiega Luciano Corradini, pedagogista e presidente del gruppo di lavoro ministeriale che dovrà redigere le linee-guida da inviare agli istituti: “La parola Costituzione non è stata scelta a caso, ma per dare il senso della curvatura nazionale e per valorizzare proprio quel monumento che è la Costituzione, che spesso viene fatta oggetto di grandi omaggi ma, nei fatti, resta ancora poco conosciuta e poco vissuta. Il nostro compito è quello di realizzare linee guida che possano mostrarne la perenne qualità e attualità, nell’ambito dei tredici anni del percorso scolastico”.

Riscoprire la Costituzione

La nuova educazione civica si identifica dunque con la ri-scoperta della Costituzione nelle scuole, insieme con gli studenti e nella maniera meno noiosa possibile, perché come dice ancora Corradini “La Costituzione è il giacimento, in gran parte inutilizzato, dei principi e dei valori su cui si regge una cittadinanza che sia proponibile alle nuove generazioni, dal piano locale a quello mondiale”.
In questa prospettiva non stupisce allora la notizia, riportata da parte della stampa, secondo la quale il decreto sarebbe passato nonostante l’opposizione della Lega Nord, evidentemente contraria a tutto ciò che può contribuire a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità nazionale.
Mentre è molto probabile che il Presidente Napolitano, che ancora pochi giorni fa segnalava la mancata condivisione dei valori costituzionali come uno dei nostri problemi irrisolti, sarà contento se nelle scuole italiane d’ora in poi si studierà la Costituzione, sia pure per una sola ora alla settimana.

Individuo e comunità

La seconda colonna su cui si fonda la nuova educazione civica è il concetto di cittadinanza. Quando parliamo di cittadinanza, ci dice Pietro Costa in suo fondamentale saggio sul tema, ci riferiamo al “rapporto politico fondamentale, quello fra l’individuo e l’ordine politico-giuridico nel quale egli si inserisce”, nonché alle articolazioni di tale rapporto: “le aspettative e le pretese, i diritti ed i doveri, le modalità di appartenenza e i criteri di differenziazione, le strategie di inclusione e di esclusione”.
Quando parliamo della “cittadinanza” parliamo dunque in realtà del modo con cui una determinata società ha impostato e risolto il problema fondamentale del rapporto fra l’individuo e l’ordine politico-giuridico. Detto in termini più semplici, parliamo del rapporto fra individuo e comunità.

Imparare ad essere cittadini

Dunque metà della nuova educazione civica è dedicata alla conoscenza della Costituzione, che fissa i valori e le regole di quella particolare comunità chiamata “Italia”. L’altra metà è invece dedicata alla cittadinanza, ovvero al rapporto degli individui con questa comunità, all’interno di quel sistema di valori e di regole che tutti dovrebbero conoscere e condividere.
Naturalmente si può “stare” in una comunità in tanti modi diversi, che si imparano vivendo in quella comunità. Ma se è vero che si impara ad essere cittadini vivendo insieme con gli altri in una comunità, quella piccola del proprio comune così come quella grande della nazione, allora questa parte della nuova educazione civica non può essere insegnata a scuola nello stesso modo con cui può essere insegnata la Costituzione.
Perché ad essere cittadini si insegna con l’esempio e con l’azione. L’esempio dovremmo darlo noi adulti e tutti dovremmo ogni tanto riflettere sull’esempio che in effetti stiamo dando ai nostri giovani.

Studenti cittadini attivi!

Ma l’azione può essere anche dei giovani stessi, in quanto c’è un modo di essere cittadini previsto dalla Costituzione che presuppone proprio un’iniziativa autonoma di singoli o gruppi.
Si tratta di essere cittadini attivi, persone che si prendono cura dei beni comuni, arricchendo così il patrimonio di beni di cui tutti i membri della comunità possono godere.
Questo sì è un modo di essere cittadini che la scuola può insegnare, spiegando cos’è la sussidiarietà e come si applica. E poi insegnanti e studenti potrebbero insieme mettere in pratica questa idea di cittadinanza, realizzando concretamente nel proprio paese o quartiere degli interventi per prendersi cura dei beni comuni.
Insomma, l’educazione civica potrebbe diventare, almeno per gli studenti più grandi, manutenzione civica dei beni comuni! Facile, utile, divertente…. molto meglio dell’educazione civica del colonnello Wolsey Washburne.