La sussidiarietà  come tutela degli utenti e come liberalizzazione dei mercati

Forse non tutti i lettori di Labsus sanno che dall’inizio di questo nuovo secolo il legislatore nazionale è ossessionato dalla riforma dei servizi pubblici locali: nel giro di pochissimi anni è intervenuto per ben cinque volte a modificare o a incidere sulla disciplina generale che è contenuta negli articoli 112 e 113 del testo unico degli enti locali. L’ultima volta l’ha fatto appena un mese fa convertendo definitivamente in legge il decreto legge n. 112 del 28 (art. 23-bis, l. n. 133 del 28). Senza contare che su questa materia sono state approvate numerose altre norme su specifici servizi di settore e vi sono state pure importanti sentenze della corte di giustizia europea e della corte costituzionale.

Il motivo di tanto fervore è questo: rendere maggiormente conforme questa disciplina ai principi dell’ordinamento comunitario e, in particolare, renderla compatibile con i principi che governano la concorrenza nel mercato. Si sta parlando, infatti, dei servizi pubblici a rilevanza economica.

La nuova normativa sui servizi pubblici

Fino all’ultimo intervento ricordato, tutto questo non aveva coinvolto la sussidiarietà orizzontale; la nuova disciplina, invece, cita ben due volte la sussidiarietà. La prima volta lo fa senza aggettivazioni, collegandola alla necessità di assicurare un adeguato livello di tutela per tutti gli utenti (comma 1); la seconda volta richiama invece la sussidiarietà orizzontale come criterio al quale dovrà attenersi il governo al momento dell’emanazione dei regolamenti di attuazione al fine di limitare «i casi di gestione in regime di esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le altre attività economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di universalità ed accessibilità del servizio pubblico locale» (comma 1, lettera g).

Due sussidiarietà molto diverse fra loro

Ci si può subito chiedere se il primo riferimento sia veramente alla sussidiarietà orizzontale e non, invece, a quella verticale; ma, a parte il fatto che la distinzione potrebbe anche non avere particolare importanza attesa la connessione tra i due concetti, si può certamente dire che in questo caso il richiamo può essere riferito a entrambi i tipi di sussidiarietà. La norma, infatti, si riferisce alla necessità di assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti sul piano nazionale in osservanza della competenza statale di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali: dunque, da un lato, sembra richiamare il principio nella sua accezione verticale responsabilizzando le autorità locali nel garantire certi livelli di qualità omogenei sul piano nazionale, dall’altra, sembra richiamarlo nell’accezione orizzontale come strumento da adottare per misurare effettivamente la qualità dei servizi resi con la partecipazione e il coinvolgimento diretto degli utenti.

A questo punto è chiaro che secondo il legislatore la sussidiarietà orizzontale è espressiva di almeno due contenuti: per un verso, serve a garantire la tutela degli utenti; per un altro, invece, serve a liberalizzare l’attività dei servizi pubblici locali. Due contenuti diversi che, tuttavia, non sono privi di connessione: regolare i servizi pubblici locali secondo concorrenza serve anche a dotare gli utenti di nuovi strumenti di tutela.

Sussidiarietà e “utenti attivi”

È un uso appropriato della sussidiarietà orizzontale?
Ancorché la norma richiami la sussidiarietà in termini di principio senza offrire molti dettagli, il riferimento alla tutela degli utenti può essere ritenuto appropriato, specie se questo si traduce nell’adozione di strumenti di verifica della qualità dei servizi che veda il coinvolgimento attivo dei cittadini. Come si sa, da tempo in Italia sono previsti strumenti quali le carte di servizio pubblico e forme di auditing per misurare la qualità dei servizi, ma finora la loro resa effettiva è stata decisamente deludente. La sussidiarietà orizzontale può rilanciare questi strumenti consentendo così ai cittadini di influenzare la resa delle prestazioni di pubblico servizio, sia in termini di oggetto (cosa effettivamente è considerato essenziale per gli utenti) sia in termini di misurazione della qualità.

Quando la sussidiarietà invece non c’entra

Nell’altra accezione è invece dubbio che la sussidiarietà orizzontale sia utilizzata in termini appropriati. Liberalizzare i mercati dei servizi pubblici è obiettivo collegato alle politiche di concorrenza e questo c’entra poco con la sussidiarietà orizzontale. La sussidiarietà implica condivisione delle responsabilità, integrazione, mentre la concorrenza separa le responsabilità ed è esclusiva. Con ciò non si vuole escludere che la sussidiarietà orizzontale non possa essere utilizzata anche sul piano dei rapporti economici, ma ha tutto un altro significato che non coincide con la concorrenza e con le liberalizzazioni; attiene semmai a ipotesi di organizzazione imprenditoriale di servizi che servono a colmare vuoti dovuti alle insufficienze (finanziarie o qualitative) delle prestazioni rese. In questo senso la sussidiarietà orizzontale in termini economici può perfino prefigurare la propria applicazione quando a gestire i servizi pubblici siano imprese private, nella misura in cui queste non soddisfino in modo efficace l’intera domanda.

La sussidiarietà? E’ come il prezzemolo!

Si è detto in precedenza che tutele innovative dell’utenza e servizi garantiti secondo mercato hanno una connessione tra loro, ma questo non significa altrettanto che la sussidiarietà orizzontale possa essere utilizzata per entrambi i concetti: d’altronde, non sarebbe l’unico caso in cui si dimostra che concorrenza e sussidiarietà orizzontale presentano elementi di reciproco contatto. Il punto però è che sono due sistemi diversi di regole e si applicano a fattispecie differenti.
Resta da capire perché il legislatore abbia utilizzato la sussidiarietà orizzontale in questa duplice differente dimensione; probabilmente ciò è dovuto ancora a una debolezza delle riflessioni che sono finora maturate intorno a questo concetto, specie nell’applicazione ai rapporti economici, e questo fa sì che sia utilizzabile a proprio piacimento da chiunque intenda farne uso.

È un po’, infatti, come il prezzemolo, lo si può mettere un po’ ovunque, tanto non è quello che fa la differenza. Si spera però che presto si arrivi a saper riconoscere il sapore della sussidiarietà che è in verità assai deciso e difficilmente confondibile con gli altri.