I giornali ne parlano ma non citano mai il principio

Il giardinaggio guerrigliero può servire a raccontare cos'è in concreto la sussidiarietà  orizzontale

Quella del giardinaggio guerrigliero è un’esperienza che, per le sue caratteristiche, ben si presta ad essere raccontata. Lo abbiamo fatto anche noi sulle pagine di questo sito, grazie soprattutto alla collaborazione attivata con il gruppo romano del Lombrico Sociale. Non stupisce, quindi, che D, il supplemento femminile de La Repubblica, pubblichi una lunga inchiesta sul tema.

L’articolo, di Giuliano di Caro, è ricco di storie che toccano zone diverse d’Italia, e interessante per il quadro che traccia rispetto alle esperienze straniere da cui traggono origine le azioni nostrane. Tuttavia manca qualsiasi riferimento all’opportunità di collaborazione tra privati cittadini volenterosi e pubbliche amministrazioni che il principio di sussidiarietà orizzontale offre.

Intendiamoci: non è colpa del giornalista. Nemmeno i guerriglieri intervistati sembrano consapevoli di questa possibilità. Ne vengono così fuori alcune frasi che risultano quanto meno curiose per chi conosce le implicazioni del principio: “Certo, – si legge infatti nel pezzo – se c’è la polizia in giro, si lavora di notte o da un’altra parte”. Anche se, per stessa ammissione di un guerrigliero, “Certe volte alcuni agenti della polizia locale si sono avvicinati per farci i complimenti, altro che fermarci!”

Così, accanto ai numerosi aneddoti sulla collaborazione con i cittadini comuni (“il proprietario del parcheggio al coperto che fornisce l’acqua per le aiuole, la vecchietta che gioca a fare l’intransigente vedetta, l’idea di piazzare qualche piantina di pomodori vicino a un cantiere per attrarre gli operai, che sono diventati quelli che annaffiano ogni giorno in pausa pranzo”), emergono anche alcuni momenti di collaborazione con le istituzioni. Come quella a Quartu Sant’Elena, in provincia di Cagliari, dove “Di fronte a decine di giardinetti curati dalla gente, il Comune si è accodato e ha organizzato un piano di cura del verde pubblico affidato ai concittadini”.

E lo stesso giornalista è consapevole del fatto che le esperienze italiane non nascono in opposizione ai soggetti pubblici: “Ovvero perché rifiutare il supporto delle istituzioni, se mai capissero finalmente quanto è importante ridisegnare con pastelli verdi lo spazio dove spendiamo la nostra vita?”, scrive.

Sono gli stessi guerriglieri a sostenerlo: “Sarebbe ottimo se i Comuni aiutassero economicamente il mio e i tanti altri gruppi sparsi per l’Italia, invece di spendere soldi a vanvera per aiuole destinate a durare un mesetto o due: noi invece ragioniamo in termini di piccole aree verdi parzialmente autosufficienti, capaci di resistere nel tempo con il minor sforzo possibile”.

“La politica arriva, nel migliore dei casi, buona ultima”, è la sconsolata conclusione. Ma se il mondo dell’informazione aiutasse la diffusione della conoscenza della sussidiarietà orizzontale, forse anche le amministrazioni pubbliche avrebbero uno stimolo in più nel supportare iniziative che contribuiscono alla cura dei beni comuni.