Gli incontri si sono svolti dal novembre 27 al febbraio 28 nelle Università di Milano (Università Cattolica e Università degli Studi), Pisa (Università degli Studi) e Roma (Luiss) e hanno analizzato i vari aspetti giuridici ed economici legati al fenomeno.
Punto comune di partenza di ciascuna riflessione è la mutazione dei rapporti tra pubblico e privati, e il superamento del paradigma bipolare nelle relazioni tra Amministrazione e cittadini grazie all’affermazione del principio di sussidiarietà. Prima sul piano della legislazione ordinaria e poi a livello costituzionale, la sussidiarietà si è affermata come principio giuridico regolatore della multiforme società civile che è emersa negli ultimi 1 anni; ed ha sviluppato la vocazione pluralista e policentrica dell’ordinamento giuridico.
Tra i diversi contributi pubblicati si segnalano le riflessioni di S. Amorosino che sottolinea i profili problematici dal punto di vista giuridico relativi alle forme di organizzazione della società civile stessa in relazione alla normativa comunitaria in materia di tutela della concorrenza. L’Autore insiste nella necessità di operare un bilanciamento tra due principi comunitari fondamentali: quello della tutela della concorrenza e quello della coesione e della solidarietà sociale.
M. A. Cabiddu, invece, enfatizza il nuovo “ruolo istituente” della società civile promosso dal principio di sussidiarietà unitariamente inteso, che costituisce la garanzia e la promozione del singolo individuo e al contempo la promozione della partecipazione di questi allo svolgimento di finalità pubbliche.
L. Franzese, partendo dalla capacità di autoorganizzazione dei privati, osserva come oggi i pubblici poteri debbano svolgere un ruolo diverso rispetto a quello tradizionale sin qui ricoperto: per l’Autore spetta proprio ai pubblici poteri controllare l’attività della società civile e orientarla verso il bene comune, superando il contrasto tra pubblico e privato.
Infine si segnala il contributo del Prof. M. Tamponi che individua nella scarsa regolamentazione normativa, fino agli anni 9, delle formazioni sociali e delle comunità intermedie, l’emersione spontanea di queste realtà che erano dotate di un’ampia discrezionalità nella propria organizzazione. L’Autore sottolinea oggi un’inversione di tendenza che ha portato a interventi normativi più mirati e dettagliati in relazione alle forme organizzative della società civile; interventi che producono però il rischio della perdita di spontaneità del fenomeno e che sono interpretati come il sintomo del fallimento dello Stato nello svolgimento di funzioni di interesse generale.