La democrazia partecipativa promossa dai cittadini attivi costituisce un punto di riferimento per le migliori pratiche di governo e consente un rilancio delle istituzioni classiche della rappresentanza politica. Questo non significa che la cittadinanza attiva debba trovare una legittimazione analoga a quella delle istituzioni, non deve quindi assumere un "potere di rappresentanza", in quanto il suo ruolo non è di supplire alla rappresentanza istituzionale. La partecipazione si configura invece come "affiancamento per funzioni e capacità altre e distinte" proprie dei comuni cittadini che si congiungono alle funzioni e capacità delle istituzioni.
L’Autore ripercorre l’evoluzione normativa che dagli anni ‘9 ad oggi ha portato all’affermazione del principio di sussidiarietà, e sottolinea come il percorso non sia stato lineare nè privo di cotraddizioni.
Le riforme sul decentramento e sul procedimento amministrativo, le leggi che hanno introdotto l’elezione diretta dei sindaci e e dei presidenti delle giunte provinciali e regionali, il rafforzamento degli esecutivi locali e il conseguente indebolimento degli organi consiliari, hanno costituito la reazione alla crisi dell’intera costruzione istituzionale della rappresetanza politica, scossa da pressioni esterne e da istanze di rinnovamento interne.
In questo quadro la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica hanno svolto un ruolo determinante, parallelamente alla crisi della politica si è altresì assistito alla promozione del ruolo della società civile in alcuni settori come quello dell’associazionismo e del volontariato.
Sul versante esterno dell’integrazione europea, l’affermazione del principio di sussidiarietà nei rapporti tra Unione e Stati membri, ha rappresentato una svolta e ha per la prima volta posto all’attenzione degli ordinamenti il principio di sussidiarietà come regola giuridica.
La riforma del Titolo V della Costituzione ha introdotto il principio di sussidiarietà all’art. 118 e in particolare ha sancito, all’ultimo comma dell’articolo, il principio sussidiarietà orizzontale. Il rischio che si è concretizzato è stato quello di una lettura "neoliberista" del principio stesso che vede la riduzione della sussidiarietà ad una mera limitazione dell’intervento dello Stato nei settori in cui il privato può "fare da sè".
L’Autore evidenzia come in questa ottica si perda il "valore aggiunto" della sussidiarietà circolare che consiste nella "possibilità di dar corso a una inedita collaborazione per realizzare quanto nè lo Stato da solo, nè i cittadini da soli possono fare".