"La democrazia partecipativa è complesso di processi specifici, chiaramente caratterizzabili e forma di partecipazione particolarmente avanzata e incisiva"

La partecipazione, infatti, trova nell’art. 3 secondo comma della Costituzione italiana, il suo riconoscimento come fine generale dell’azione della Repubblica, essenziale per lo sviluppo della persona umana.

La disposizione costituzionale si inserisce nel quadro più ampio delineato dal riconoscimento dei diritti inalienabili dell’uomo inserito nelle formazioni sociali e nell’attribuzione della sovranità al popolo, come sancito nell’art. 1 della Costituzione. In questa prospettiva la partecipazione si pone come “un principio fondamentale delle regole e delle istituzioni repubblicane”.

L’Autore si sofferma sui rapporti tra sussidiarietà orizzontale e principio partecipativo, accennando alle diverse ricostruzioni che da un lato includono il secondo nella prima, dall’altro invece tengono distinti i due profili, essendo le due nozioni contigue ma differenziate.

Poste tali premesse, non sfugge ad un’attenta analisi come i costituenti abbiamo affidato la partecipazione principalmente ai partiti e alle libertà costituzionali.

E’, invece, negli anni 6 e 7 che si assiste alla teorizzazione e alla sperimentazione di diversi modelli di partecipazione, mediante l’inserimento di rappresentati delle associazione negli organi amministrativi o attraverso forme procedimentali, che però determinavano la rappresentanza di interessi già dotati di un riconoscimento giuridico.

Alla decadenza di questi modelli è seguita una più generale sfiducia nei confronti della partecipazione. L’Autore allora si sofferma sul diverso spirito che anima la democrazia partecipativa secondo cui la partecipazione ha per attori tutti gli individui, non necessariamente direttamente interessati: “in un certo senso proprio i senza-diritto, gli strati di popolazione più deboli, i marginali, sono coloro a cui è destinata più che a tutti gli altri l’apertura partecipativa, al fine di consentire che possano esprimere i loro bisogni e le loro volontà”.

In questa prospettiva le associazioni non possono e non devono assumere un ruolo dominante che è, invece, proprio dei singoli individui, ai quali va assicurata la più ampia capacità di azione e di decisione.
Sulla scorta di queste considerazioni il Prof. Allegretti analizza le implicazioni procedimentali, le regole e i presupposti necessari che la democrazia partecipativa richiede per non risolversi in una mera illusione.

Il saggi si chiude poi con delle riflessioni sulle fonti normative chiamate a organizzare la partecipazione, e con la descrizione di un caso concreto quale quello toscano.

ALLEGRETTI U., Basi giuridiche della democrazia partecipativa in Italia: alcuni orientamenti, in Democrazia e diritto, fasc. 6, 26, pp. 151-166.