Dal momento che noi ci occupiamo soprattutto dei cittadini attivi può forse sembrare strano che affrontiamo un tema come lo spreco delle risorse pubbliche. Ma poiché ce ne occupiamo nella prospettiva dell’amministrazione condivisa, in cui cittadini e amministrazioni collaborano nella cura dei beni comuni, noi siamo in realtà ancor più di altri interessati al buon uso delle risorse pubbliche.
Infatti, proprio perché i cittadini attivi mettono le proprie preziose personali risorse di tempo, competenze, energie, relazioni e altre ancora a disposizione per la cura dei beni comuni, essi hanno tutto il diritto di pretendere che la pubblica amministrazione faccia il miglior uso possibile delle risorse pubbliche, considerato fra l’altro che provengono anche da quei medesimi cittadini attivi in veste di contribuenti.
Lo spreco è offensivo, oltre che inefficiente
Se si vuole evitare che l’intervento dei cittadini attivi fondato sulla sussidiarietà si risolva in mera supplenza delle carenze delle amministrazioni pubbliche, anziché essere un modo nuovo e responsabile di esercizio dei diritti di cittadinanza, bisogna che le amministrazioni siano efficienti. La sussidiarietà non deve servire a fornire alibi alle amministrazioni inefficienti, anzi, a fronte della disponibilità dei cittadini a prendersi cura dei beni comuni essa rende ancora più intollerabile lo spreco delle risorse pubbliche.
Infatti, nella prospettiva dell’amministrazione tradizionale fondata sul paradigma bipolare sprecare risorse pubbliche è inaccettabile da un punto di vista per così dire “aziendale”, efficientistico. Nella prospettiva dell’amministrazione condivisa è inaccettabile anche per un altro motivo altrettanto importante di ordine morale, perché è come se tale spreco rappresentasse una mancanza di rispetto verso i cittadini che autonomamente e responsabilmente mettono a disposizione risorse proprie per prendersi cura dei beni comuni.
Lo spreco è strutturale
Ecco perché pubblichiamo, condividendone analisi e proposte, il bel saggio di Mauro Bonaretti il cui titolo, “Lo spreco”, così secco e sintetico, richiama alla mente non solo gli sprechi delle amministrazioni, ma tutti gli immensi sprechi di risorse materiali e immateriali perpetrati ogni giorno da un sistema politico, economico e sociale che sembra fondato, appunto, sullo spreco.
Bonaretti dimostra infatti come lo spreco di risorse nelle amministrazioni locali non sia dovuto solo alle “situazioni patologiche di illegalità e incuria”, bensì esso sia per così dire strutturale e si verifichi anche “nelle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell’azione amministrativa. Si tratta di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche, con buona fede e magari passione, non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace per risolvere i problemi delle nostre comunità, a causa di un approccio poco rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici”.
Una politica pubblica per la sussidiarietà
Ma se la causa degli sprechi è strutturale in amministrazioni fondate sul modello tradizionale diventa inevitabile domandarsi se invece il principio di sussidiarietà, dando vita al nuovo modello dell’amministrazione condivisa, non possa essere un elemento che contribuisce a ridurre gli sprechi.
La risposta a questa domanda richiederebbe una ricerca sia teorica sia pratica che ancora nessuno ha fatto. Però una cosa si può dire subito. Affinché la sussidiarietà possa esplicare pienamente tutti i suoi effetti, ivi compresi eventualmente anche quelli riguardanti gli sprechi, è necessario che l’amministrazione condivisa sia il risultato di una politica pubblica consapevole e non, come invece a volte accade, un modo estemporaneo per rispondere alle sollecitazioni che arrivano dalla cittadinanza.
E per mettere in atto una politica pubblica di questo tipo a livello comunale è indispensabile coinvolgere tutti gli elementi che compongono l’amministrazione.
Funzioni, organizzazione, personale, procedure, mezzi, informazioni: ognuno di questi elementi è destinato a cambiare ruolo a seconda che esso agisca all’interno del modello di amministrazione tradizionale o di quello dell’amministrazione condivisa, tenendo peraltro conto che questi due modelli possono convivere all’interno dello stesso ente. Pertanto un comune può operare in alcuni settori e in alcune fasi della propria attività utilizzando il modello di amministrazione tradizionale, mentre in altri casi e in altri momenti può operare utilizzando il modello dell’amministrazione condivisa.
Le funzioni e l’organizzazione
Per quanto riguarda le funzioni, esse non dovrebbero subire cambiamenti significativi dall’adozione dell’uno piuttosto che non dell’altro modello di amministrazione. Saranno invece necessarie modifiche organizzative e in particolare sarà necessario individuare o creare ex novo le strutture deputate ad instaurare, mantenere e sviluppare la rete di rapporti che è alla base del funzionamento dell’amministrazione condivisa. Per esempio, si potrebbe ipotizzare a livello di staff del sindaco la figura del “responsabile dell’amministrazione condivisa”, che rappresenti per i cittadini attivi l’interlocutore principale all’interno dell’amministrazione.
Il personale e i mezzi
Cruciale, come sempre per la realizzazione di qualunque politica pubblica, tanto più se innovativa, è il ruolo giocato dal personale, che dovrà essere formato a tutti i livelli affinché sappia affiancare alle professionalità tradizionali le nuove competenze necessarie per amministrare insieme con (e non soltanto per conto dei) cittadini.
I mezzi finanziari e strumentali utilizzati dalle amministrazioni rimarranno quelli attuali, ma nel programmare le attività istituzionali si dovrà tener conto che alle risorse pubbliche si potranno aggiungere quelle proprie dei cittadini attivi.
Un’amministrazione “catalizzatore” dei cittadini attivi
Infine, le informazioni. Per realizzare l’amministrazione condivisa esse sono fondamentali, sia per colmare le carenze di informazione che impediscono ai cittadini di attivarsi, sia per creare reti di soggetti pubblici e privati che condividono le informazioni necessarie per operare insieme nella cura dei beni comuni.
In conclusione una politica pubblica consapevolmente finalizzata a realizzare l’amministrazione condivisa richiede da parte delle amministrazioni locali un atteggiamento propositivo, non attendista nei confronti delle iniziative dei cittadini.
Richiede insomma la capacità di svolgere il ruolo di "catalizzatore" delle risorse dei cittadini, stimolando l’emersione delle energie nascoste nelle rispettive comunità, costruendo le proprie politiche insieme con i cittadini attivi, facilitando da parte loro l’assunzione di responsabilità nell’interesse generale.