“Innovatori JAM 2011” è stata una vera e propria maratona digitale in crowdsourcing, dedicata all’innovazione in Italia, che ha visto la partecipazione di migliaia di persone durante le 4 ore di diretta in Rete; la prima sperimentazione di questo genere nel nostro Paese.
I numeri dell’iniziativa: circa 2.5 persone attive nel dibattito online, 4. post, 12.775 visite, 134.282 pagine viste, 1 minuti di permanenza media per visita.
La sintesi delle proposte emerse nei forum può rappresentare un contributo interessante per la redazione dell’agenda digitale italiana.
L’evento virtuale si è sviluppato intorno a 1 tematiche strategiche:
– innovazione e internazionalizzazione: Italia degli innovatori;
– giovani, talento e merito nella ricerca e nell’innovazione;
– start up, incubatori, venture capital;
– i ranking dell’innovazione;
– accessibilità , apps e nuovi canali;
– digital agenda: open data, cloud computing e banda larga;
– e-commerce & e-tourism;
– il codice dell’amministrazione digitale;
– informazione e nuovi canali;
– le smart cities del futuro.
Ogni discussione è stata monitorata costantemente, il confronto tra professionisti ed esperti di diversi settori, sia della pubblica amministrazione che del privato, è stato inoltre stimolato da facilitatori che hanno “coordinato e orientato” gli interventi con l’obiettivo di produrre proposte concrete.
Dal report ufficiale si legge: “Il primo grande risultato di Innovatori JAM è stato quello di raccogliere in Rete persone che normalmente non sono connesse tra loro permettendo cosìuna multidisciplinarietà di competenze ed una fusione di conoscenze che ha costituito elemento fondante per il progetto nel suo insieme”.
Wiki-sussidiarietà
Ancora una volta, attraverso l’utilizzo del web 2.0, è stata creata un’opportunità di confronto molto partecipato, difficilmente realizzabile nella realtà , ma chiaramente con tutti i limiti della dimensione digitale.
Con un editoriale abbiamo approfondito il rapporto tra sussidiarietà e Rete, essi “presentano la stessa morfologia: vivono se esiste una rete di soggetti che non si limita a mettere in connessione nodi passivi, ma fornisce agli stessi gli strumenti per dare vita a una interazione costante, produttiva e attiva. Insomma deve trattarsi di nodi attivi e non passivi. Entrambi fanno leva sull’intelligenza collettiva, cioè su quel patrimonio di conoscenze, saperi, competenze, abilità che sono diffusi nella società come nel web e che sono disponibili ad aggregarsi senza un tornaconto strettamente individuale”.
Le analogie o meglio, visto il tema, i punti di contatto sono evidenti, il web 2.0 e qualsiasi forma di piattaforma digitale devono comunque essere considerati degli strumenti e non dei processi, dei mutamenti di per sé, come abbiamo già affermato in altre occasioni.
Nell’editoriale Iaione elenca una serie di “strumenti che sembrano idonei a sostenere le aspirazioni di chi vuole essere cittadino attivo. Strumenti che consentono di associarsi sia pure in maniera temporanea o fare squadra con altri cittadini attivi per offrire il proprio contributo alla collettività . Strumenti che permettono a questi cittadini di restituire parte del proprio tempo e delle proprie risorse, soprattutto immateriali, alla comunità cui si appartiene, consapevoli che il successo individuale non può mai essere scisso del tutto dal contesto in cui si vive, si cresce e si opera”.
La dimensione dei legami sociali, della comunità reale, rimane lo spazio nel quale agire, l’habitat naturale della sussidiarietà orizzontale le cui forze (i cittadini) non possono ormai prescindere dalla Rete per organizzarsi, ma devono poi incontrarsi ed interagire nei quartieri, nei Comuni, nelle Città metropolitane.
Smart cities
In uno dei 10 forum dell’iniziativa si è discusso di “città intelligenti”, le cosiddette smart cities: città che permettono uno stile di vita ecosostenibile ed uno sviluppo urbano equilibrato.
Anche in questo caso la tecnologia è al servizio dei cittadini affinché migliori la qualità della vita; sistemi innovativi che ottimizzano le pratiche ed i processi di tutela ambientale, risparmio energetico e mobilità sostenibile.
Durante il dibattito sono emerse 5 soluzioni concrete:
1. Uffici condivisi e distribuiti sul territorio predisposti per il telelavoro. Riduzione tempo viaggio pendolari e congestione su strade, aumentare la flessibilità ma evitando l’isolamento del telelavoro domestico. Facilitare il seeding di idee innovative e la capacità di collaborare sia in ottica globale che iper-locale.
2. Urban Action – dal web agli spazi fisici: esperienze di partecipazione urbana. Esempi: Urban Experience è un ambito di progettazione e di azione che utilizza la creatività sociale delle reti per reinventare lo spazio pubblico. CriticalCity è una soluzione per reinventare la città in una dimensione ludica con azioni di trasformazione urbana progettate e documentate in rete ma realizzate nello spazio fisico. Walkshow per “agire lo spazio pubblico tra web e territorio”: whisper talks, passeggiare nell’architettura e discutere, Web 2.0, crowdsourcing ludico e creativo.
3. E-democracy tools per la smart-city: il modello di PartecipaMI è considerato una best practice da molti, ma anche ePart e Facebook sono esempi che coniugano iperlocalità , e dialogo cittadini-istituzioni locali.
4. Dalla città PIL alle Transition Towns: la crisi economica condiziona le politiche degli enti locali e la capacità di finanziare gli investimenti per migliorare la vivibilità e la sostenibilità delle città . Non bastano i fondi europei e gli stakeholders chiedono valutazioni economiche (ROI, etc.) più convincenti. La risposta è quella della “decrescita felice” e di reti dal basso per modelli alternativi di città diffusa in cui la rete consente di condividere esperienze, competenze e risorse, come nelle transition towns.
5. Calendario della città su 4+4 giorni: work-life balance. Riduzione emissioni e congestione strade. Virtualizzazione della città . Coopetition e convergenza tra reti fisiche e virtuali flessibili. La più concreta e perseguibile nel breve appare essere quella relativa a smart, remote & co-working center, per la quale esistono già dei casi nel nostro Paese, quali quelli della rete internazionale di coworking di “The Hub” a Milano e Rovereto e COWO; essa presenta il vantaggio di consentire di condividere risorse anche per la microimprenditorialità che costituisce un tessuto rilevante nella realtà socio – economico nazionale.
L’analisi del dibattito in merito ha evidenziato una tendenza ad uscire fuori tema, vista la complessità del sistema-città e delle relative problematiche; “scarsa complessivamente la disponibilità ad imparare e copiare gli esempi esteri, che appaiono un esempio troppo distante dalla realtà italiana”.
I partecipanti hanno inoltre manifestato la necessità di progettare ex-novo, abitazioni/condomini/uffici sostenibili, anche sotto il profilo economico, intelligenti ed efficienti.
Il filo conduttore della città come bene comune sembra attraversare queste iniziative e arricchirsi ogni volta di proposte e di nuove pratiche.
In un recente editoriale Iaione ha analizzato attentamente questo concetto, mettendo in evidenza come il nuovo orizzonte della cura dei beni comuni non può prescindere da cinque linee di azione: una regolazione locale sussidiaria, educare alla manutenzione civica, il partenariato pubblico-privato-civico, la sussidiarietà quotidiana, la wiki-città .