E’ dalla cura di ” comuni ” cittadini, dal loro desiderio di appropriarsi di beni che appartengono a loro e con i quali poter sviluppare, organizzare, reinventare luoghi, beni spesso in disuso, che nascono e si sviluppano nelle nostre città sempre più frequentemente esperienze di gestione condivisa di beni comuni. Esperienze che sono state il tema centrale dell’incontro che si è svolto a Forlìlo scorso novembre nell’ambito del progetto della Regione Emilia Romagna “Le città civili dell’Emilia Romagna“.
Tra i casi presentanti, emerge, cosìquello dell’associazione ” Regnoli 41 ” , creata da un gruppo informale di cittadini che, notato il forte stato di degrado di una via di Forlì, vuole costituire e sviluppare un senso di comunità basato sulla storia e le identità del luogo, come spiega Elisabetta Celli, facente parte di questa associazione. I cittadini residenti si sono cosìadoperati ad abbellire l’arredo urbano realizzando un percorso guidato alla scoperta di alcune vie caratteristiche della città in collegamento alla ” Galleria a cielo aperto ” con opere artistiche istallate sulle facciate, sui terrazzi delle case e recupero di attività commerciali, artigianali e di ristorazione a Km zero. I residenti di Via Regnoli, con il solo intento di veder risorgere questa via da loro particolarmente amata, si sono ritrovati per avviare pratiche di progettazione partecipata. Questo progetto inoltre ha visto la sinergia del Comune che, collaborando con i cittadini, ha contribuito a fare conoscere le iniziative ed ha fornito supporto per la realizzazione delle attività .
Le buone prassi: dal decoro urbano alla cura degli spazi pubblici
Durante il dibattito sono poi emerse altre esperienze come Avenida matta, cosìdenominata prendendo spunto da una famosa via del Cile dove si respira un’atmosfera multiculturale. Questo progetto ha lo scopo di stimolare la cittadinanza partecipante ad assumere un ruolo attivo nella gestione degli spazi comuni attraverso ogni forma di comunicazione che va dal passa parola tra cittadini, ai canali istituzionali, ai social network. Attualmente l’obiettivo principale è costituito dal progetto di riqualificazione di uno spazio in Viale Matteotti 2 a Forlì, messo a disposizione da privati che risulta idoneo all’organizzazione di eventi e manifestazioni per il mondo giovanile.
Progetti di integrazione e inclusione sociale
Sono inoltre nate altre attività come il Progetto – Tavolo di coordinamento territoriale del centro storico di Forlìche vede coinvolti parrocchie, alcuni Assessorati del comune e realtà del privato sociale per organizzare attività rivolte all’integrazione delle famiglie straniere, ai giovani e alle fasce della popolazione disagiata. Qui la comunità mette a disposizione le risorse personali dei cittadini per cercare soluzioni condivise in merito alle varie problematiche sociali. Ancora alta l’attenzione per il sociale nell’esperienza P.O.D., Progetto Oratorio Diffuso, nella quale l’osservazione di diverse situazioni di disagio giovanile ha portato alla costituzione, ad opera di cittadini, scuole, famiglie, associazioni locali di una ” cabina di regia ” con incontri periodici con tutta la cittadinanza, i rappresentanti Istituzionali del Comune, della Scuola, dell’Associazionismo, delle Forze dell’Ordine. Attraverso un dialogo aperto e condiviso sono state individuate tre macro aree di lavoro: integrazione sociale e scolastica, genitorialità , scuola e senso civico con la nascita di percorsi mirati a tali problematiche come ” Parlare ai ragazzi per far intendere ai genitori ” e il progetto intitolato ” Alfabetizzare si può ” , un esempio di sussidiarietà di rete per il reperimento dei fondi necessari. Sono stati poi presentati altre tre esperienze di buone prassi dislocate in vari luoghi della città come quella del quartiere di Carpena, che ha trasformato un’area verde, non frequentata abitualmente dalla cittadinanza, in un parco dotato di alcune infrastrutture con il ripristino di quelle già esistenti o il Portierato sociale aperto del Foroboario che, con il coinvolgimento di oltre 100 famiglie degli alloggi ERP, ha realizzato la presa in cura di beni comuni come case e terreno pubblico adiacente per un allentamento delle situazioni sociali critiche dovute all’alta densità abitativa.
Esperienze di welfare partecipato
Il dibattito si è infine concluso con il Progetto – Abitanza Villafranca che si è posto l’obiettivo di promuovere la coesione sociale in un territorio corrispondente ad una zona/quartiere della città un po’ lontana dal centro con il recupero di un ex istituto agrario, la cura delle relazioni fra cittadini, la nascita di una banca del tempo come ” ufficio di collocamento energie ” . Ciò che accomuna e valorizza tutte queste esperienze è la volontà di realizzare un welfare partecipato per costruire un pensiero innovativo sulla comunità che metta a fuoco i vari mutamenti e, con la partecipazione delle istituzioni, costruire un sistema volto a dar voce alla comunità sussidiaria, ai cittadini. Dopo anni di cultura dell’indifferenza, del clientelismo, della furbizia, dell’egoismo, del razzismo il ritorno a valori che pongono al centro dell’attenzione il rapporto uomo – territorio in una società che in queste esperienze si riscopre basata sulla solidarietà intergenerazionale, sulla legalità , sul sostegno è un elemento di grande forza per dare voce a un incontro fra cittadini ed amministrazione. Lo sguardo e l’approccio a questo nuovo modus vivendi di concepire la società e i suoi beni forse è come quello che avevano i nostri nonni con la terra: di fronte ad un campo trascurato pieno di erbacce non perdevano l’entusiasmo e si adoperavano tutti insieme con forte responsabilità sociale e ostinazione convinti che a primavera la terra avrebbe restituito a loro i frutti di tanto impegno. Speriamo che queste buone pratiche si moltiplichino trasmettendo a tutti i cittadini un nuovo senso a nostro vivere tutto ciò che ci appartiene per collaborare, insieme a istituzioni, associazioni, volontariato e creare una nuova civiltà partecipata e condivisa dei beni comuni.
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