Si diffondono le nuove regole sui beni comuni, con adattamenti alle diverse realtà 

"I comuni hanno compreso che la gestione partecipata dei beni comuni può costituire perfino una funzione pubblica in cui si assume l'amministrazione condivisa con i cittadini come un compito da assolvere per conseguire finalità  di interesse pubblico"

Il 2014 potrebbe diventare un anno importante nella storia del diritto italiano: potrebbe, infatti, essere ricordato come l’anno in cui ha preso avvio la regolamentazione dei beni comuni in Italia, con particolare riguardo a quelli urbani. E’ questa la convinzione che può maturare osservando quello che è avvenuto a partire da febbraio nel comune di Bologna, che ha dato vita al primo Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani. Da quel momento, grazie all’intenso lavoro di Labsus, che ha partecipato alla redazione del Regolamento ed ora ne sta promovendo la diffusione, altri comuni hanno deciso di fare altrettanto e si sono dotati di un proprio regolamento, mentre altri hanno avviato il processo che verosimilmente li condurrà  a breve a munirsi di un Regolamento sui beni comuni (è il caso del comune de L’Aquila, Catanzaro, Asciano). Si sta assistendo a un processo di ampia e generale diffusione.

L’importanza dei Regolamenti comunali

Si tratta di un contributo particolarmente rilevante almeno per tre motivi. Il primo è che i comuni hanno compreso che la gestione partecipata dei beni comuni può costituire perfino una funzione pubblica, sia pure molto originale, in cui cioè si assume l’amministrazione condivisa con i cittadini di beni materiali e immateriali come un compito da assolvere per conseguire finalità  di interesse pubblico. I cittadini diventano effettivamente una risorsa. Il secondo motivo di rilevanza è dato dal fatto che finalmente tanti cittadini che sono interessati a prendersi cura di spazi e beni dei propri quartieri, paesi e città  possono contare su un quadro disciplinare chiaro, che aiuta a superare le numerose incertezze in cui ci si imbatte quando si vuole assumere un’iniziativa che necessariamente si ripercuote sulla collettività . L’incertezza è uno dei fattori più forti che inibiscono lo spirito di iniziativa dei cittadini: i regolamenti sui beni comuni contribuiscono al superamento di questo impedimento. Il terzo motivo è dato dal fatto che la presenza di un regolamento tipo messo a disposizione di tutti può essere anche oggetto di domanda politica da parte dei cittadini che vivono in comuni che ancora non hanno adottato una disciplina locale. E, dunque, i tanti cittadini viventi in comuni sprovvisti di tale regolamento e che hanno voglia di intraprendere iniziative di interesse generale possono richiedere alle proprie amministrazioni di emulare prassi virtuose. Si potrebbe assistere a qualcosa di simile a quanto avvenne nell’Ottocento negli Stati europei quando le monarchie furono costrette a concedere le prime costituzioni liberali.

I sette parametri di raffronto

Nel frattempo, in attesa di seguire l’evoluzione di questo processo, le fasi di attuazione e anche le reazioni della giurisprudenza, può essere di qualche interesse svolgere una prima analisi dei regolamenti fin qui adottati, prendendo in considerazione quelli di Bologna, Siena, Ivrea e Chieri, perché già  si scorgono alcune differenze che è interessante sottolineare. I regolamenti di questi comuni, infatti, sono sotto il profilo del drafting assai simili, ma presentano allo stesso tempo significative differenze. Alcune di queste si devono a una normale esigenza di adattamento dei regolamenti alla realtà  locale che, oltre a essere ragionevole, è anche dovuta. E’ sufficiente ricordare le diverse dimensioni dei comuni menzionati per accorgersi che adeguamenti sono necessari. In altri casi, però, le differenze riflettono impostazioni culturali diverse o comunque scelte politiche diverse, le cui conseguenze sono rilevanti.
Per esigenze di sintesi si prendono come indici di raffronto sette parametri: i principi, i soggetti, le ricadute organizzative, il modello di amministrazione, la rilevanza dei beni privati, gli strumenti di sostegno e le garanzie.

I principi

Per quanto concerne i principi, a cui espressamente questi regolamenti si ispirano si può osservare, innanzitutto, che il comune di Siena ha deciso di rinunciarvi, probabilmente perché ha considerato queste formule meramente simboliche e ricognitive, con scarsa capacità  di rendersi cogenti. Siena si è limitata a richiamare espressamente il principio di sussidiarietà  all’art. 1, cui – evidentemente – attribuisce proprietà  largamente capaci di assorbire effetti che altri regolamenti hanno inteso attribuire elencando altri principi. Tuttavia, non va trascurato che questi regolamenti comunali disciplinano in termini generali procedure di relazioni intersoggettive fortemente innovative e dunque potrebbe non essere del tutto superfluo enucleare altri principi. Gli altri regolamenti, invece, individuano principi che sono in larga parte comuni e originali come, a titolo di esempio, il principio di fiducia reciproca, inclusività , sostenibilità , informalità  e autonomia civica. In questo quadro si distingue ulteriormente il comune di Ivrea che nei principi richiama anche il rispetto delle generazioni future e i diritti fondamentali, ancorando il testo normativo alla soddisfazione primaria di diritti. In effetti, mentre i regolamenti di Bologna, Siena e Ivrea sembrano pensati come strumento di governo, sia pure dai forti tratti di originalità , quello di Chieri sembra progettato per dare effettività  a dei diritti che sono riconosciuti ad alcuni soggetti. Infine, nel Regolamento di Siena si legge che il rapporto tra Comune e cittadini si esprime con “atti amministrativi” senza precisare la loro natura: questa specificazione è importante se raffrontata con gli altri Regolamenti dove invece si legge che tali rapporti si estrinsecano con “atti amministrativi non autoritativi”. Una differenza che si traduce in due sole parole in meno ma dietro le quali stanno profonde differenze giuridiche.

I soggetti

Una delle differenze più importanti riguarda però i soggetti presi in considerazione. Mentre per i comuni di Bologna, Siena e Ivrea, i soggetti principali che danno vita a relazioni con le pubbliche amministrazioni sono i cittadini attivi, singoli o associati nei modi consueti che siamo abituati a conoscere, per il comune di Chieri la soggettività  è costituita esclusivamente dalla comunità  di riferimento, da un soggetto collettivo, cioè, distinguibile per instaurare un rapporto consolidato con il bene comune oggetto di scelte di partecipazione. La comunità  di riferimento è un soggetto collettivo che non è riconducibile alle realtà  associative di persone che il nostro ordinamento già  conosce, tanto che il regolamento ha bisogno di prevedere un titolo apposito che disciplina i meccanismi di funzionamento. Si tratta di un’innovazione molto rilevante che incide sul rapporto delicato tra soggetto collettivo, soggetti associati e terzi per il quale si dubita che una fonte quale quella regolamentare, in assenza di una previsione legislativa, sia adeguata sotto il profilo della legittimità .

I profili organizzativi

Sotto il profilo delle ricadute organizzative dell’amministrazione locale si osserva che, fatta eccezione per il comune di Siena, la gestione della collaborazione con i cittadini è considerata una vera e propria funzione oggetto di organizzazione interna. Dunque, i comuni assumono la gestione partecipata dei beni comuni come funzione e scelta strategica. Non vi è cenno di questa opzione nel comune di Siena anche se, in armonia con gli altri regolamenti (eccezion fatta per il comune di Ivrea), adotta sistemi di semplificazione e individua un ufficio unico per la gestione delle proposte di collaborazione e condivisione avanzate dai cittadini. Ne deriva che, da un lato, la mancata individuazione della funzione rende meno stabile la scelta del comune di Siena e più soggetta alla volontà  politica (anche se non è irrilevante osservare che il consiglio comunale di Siena è stato il primo ad aver approvato il Regolamento all’unanimità ), dall’altro, la mancata costituzione di un ufficio unico per la gestione delle proposte, fatta dal comune di Ivrea, rischia di creare sovrapposizioni e ambiguità  nella fase di applicazione, indebolendo l’efficacia del Regolamento.

Il modello di amministrazione

Per quanto riguarda il modello di amministrazione, benché nelle definizioni generali tutti i Regolamenti attribuiscono al patto di collaborazione l’idoneità  formale alla regolazione dei rapporti tra comune e cittadini, si delineano due archetipi: uno, effettivamente, fondato sull’atto pattizio paritario cui è ricondotta tutta la disciplina dei rapporti, l’altro che replica ancora il modello autorizzatorio. Nel primo vanno ascritti i regolamenti di Bologna e Siena, nel secondo quello di Ivrea e Chieri con l’unica differenza che il Regolamento di Chieri prevede il meccanismo del silenzio assenso. Da questo punto di vista si scorge una contraddizione negli ultimi due casi tra le finalità  del provvedimento e lo strumento giuridico utilizzato.

I beni privati

Il quinto elemento di raffronto concerne la trattazione dei beni privati. Con l’eccezione del comune di Ivrea che prende in considerazione interventi condivisi solo su beni pubblici, tutti gli altri comuni non escludono interventi sui beni privati. Per quelli vincolati a destinazione di uso pubblico sono previste regole del tutto simili a quelle stabilite per i beni pubblici, per i beni privati che versano in gravi condizioni di abbandono si prevede anche la possibilità  di procedere a esproprio ai sensi dell’art. 838 cod. civ. In quest’ultima ipotesi, si segnala il comune di Ivrea che disciplina specificatamente un’apposita procedura attivata su istanza delle comunità  di riferimento, mentre i comuni di Bologna e Siena rimettono tali scelte al patto di collaborazione. Dunque si registrano su questo punto situazioni molto eterogenee.

Le misure di sostegno

Per quanto riguarda gli strumenti di sostegno si prevede una gamma eterogenea di mezzi: agevolazioni fiscali, agevolazioni in natura, finanziamenti parziali, affiancamento per sicurezza e necessità  tecniche, agevolazioni amministrative e promozione di reti civiche di relazione. Da questa ampia varietà  si distinguono per difetto e per eccedenza i comuni di Ivrea e Chieri. Il comune di Ivrea esclude agevolazioni fiscali, agevolazioni in natura e quelle amministrative; il comune di Chieri, invece, prevede anche che la comunità  di riferimento possa ottenere la gestione diretta del bene rigenerato secondo le modalità  definite nel patto di condivisione e prevede anche i project bonds.

Le garanzie

Infine, un ultimo punto importante di distinzione riguarda gli strumenti di garanzia. In proposito né il comune di Siena, né il comune di Ivrea stabiliscono nulla di specifico rimettendo dunque la risoluzione delle controversie agli ordinari strumenti di giurisdizione, salvo che sia diversamente stabilito nei patti di collaborazione. Viceversa, il comune di Bologna prevede un Comitato di conciliazione qualora insorgessero controversie in merito all’applicazione del patto di collaborazione, sebbene non vincolante. Più articolata è invece la disciplina stabilita dal comune di Ivrea che prevede un Collegio arbitrale, non molto dissimile dal Comitato di conciliazione bolognese, e soprattutto una Giuria dei beni comuni, composta da cinque membri sorteggiati fra gli elettori del comune, davanti alla quale si può proporre l’appello delle decisioni del Collegio arbitrale, secondo una procedura delineata dal Regolamento stesso. Si sottolinea che nel Regolamento di Chieri si prevede che la procedura di risoluzione extragiudiziale della controversia è pregiudiziale al ricorso alle ordinarie giurisdizioni civili e amministrative. Benché sia apprezzabile il tentativo di offrire garanzie di effettività  alle procedure partecipative dei beni comuni, anche in questo caso potrebbe essere dubbia la legittimità  del ricorso alla fonte regolamentare per condizionare l’accesso alla giustizia.

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Guarda il video integrale della presentazione del regolamento a Bologna il 22 febbraio

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