Sul congedo per assistenza a persone con grave disabilità 

La Corte definisce incostituzionale la negazione del congedo al parente affine entro il terzo grado, convivente con la persona disabile

La sentenza

La Corte costituzionale, con sentenza 18 luglio 2013, n. 203, si pronuncia in merito alla questione di legittimità  costituzionale dell’art. 42, comma 5 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, presunto in contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 45 e 118, quarto comma, della Costituzione.
La questione viene promossa dal nipote per il diritto all’assistenza nei confronti dello zio convivente, il quale si era visto annullare, da parte dell’Amministrazione responsabile del provvedimento, lo stato di collocazione in congedo straordinario.
Ai sensi dell’art. 42 del decreto de quo, il congedo spetta, infatti, ai familiari individuati secondo un rigido ordine di priorità  prestabilito e cioè, gerarchicamente, al coniuge convivente, al padre o la madre (anche adottivi), a uno dei figli conviventi, a uno dei fratelli o sorelle conviventi.
Il Giudice rimettente – nel caso di specie, il Tar Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria – prospetta, pertanto, due questioni in via gradata.
La prima mira ad una declaratoria di illegittimità  costituzionale della disposizione nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità  di poter fruire del congedo.
La seconda, in via subordinata, tende ad includere nel novero dei soggetti titolati alla fruizione del congedo, sempre in assenza di altri familiari idonei a prendersi cura della persona con disabilità  grave, l’affine di terzo grado convivente.
A detta della Consulta, la prima questione non può essere considerata ammissibile in ragione del fatto che esigerebbe una pronuncia volta ad introdurre nella disposizione impugnata una previsione di chiusura, di contenuto ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la fruibilità  del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti.
Quanto alla seconda questione, invece, il giudice costituzionale ne dichiara l’ammissibilità  e la fondatezza, sancendo cosìl’incostituzionalità  della norma censurata nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario l’affine entro il terzo grado convivente – nonché, gli altri parenti e affini più prossimi all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado.

Il commento

La sentenza in commento merita qui di essere annoverata nell’alveo di quelle pronunce giurisprudenziali che hanno segnato un momento di grande portata innovativa e di rilevanti ricadute pratiche nella storia normativa degli strumenti di politica socio-assistenziale.
Ad essere stati toccati sono infatti due principi fondamentali cui l’ordinamento italiano riconosce una rinomata solennità  e, cioè, la tutela della salute psico-fisica del disabile e la valorizzazione delle relazioni di solidarietà  interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza primaria.
Già  da tempo, infatti, la giurisprudenza della Corte si è impegnata a chiarire che una tutela piena della salute psico-fisica del disabile postula, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la continuità  delle relazioni costitutive della personalità  umana e l’adozione di interventi di sostegno alle famiglie, tra i quali si colloca anche il congedo in esame (Corte cost., 16 giugno 2005, n. 233; Corte cost., 8 maggio 2007, n. 158; Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 19).
Tuttavia, la norma censurata (art. 42, comma 5 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151), cosìcome attualmente formulata, omette di considerare altre situazioni che impediscono l’effettività  dell’assistenza e dell’integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui incorrono le stesse esigenze solidaristiche che l’istituto in questione è deputato a soddisfare. La disposizione appellata, infatti, delimitando in modo rigido la sfera soggettiva d’intervento a favore del componente debole della famiglia, finisce coll’apparire in contrasto con gli articoli 2, 29 e 32 della Costituzione. Proprio da una lettura congiunta dei tre articoli costituzionali emerge, invece, una legittimazione che deriva tanto dal dovere di solidarietà , che vincola comunitariamente ogni congiunto, quanto dal relativo diritto del singolo di provvedere all’assistenza materiale e morale degli altri membri, e in particolare di quelli più deboli e non autosufficienti, secondo le proprie capacità .
E’ proprio in nome di questa linea interpretativa delle disposizioni costituzionali poste a tutela della salute che la Corte ha, nel corso degli anni, operato un ampliamento della platea di soggetti aventi diritto al congedo retribuito. Ultimo ampliamento, appunto, quello attuato, con sentenza 18 luglio 2013, n. 203, a favore degli affini di terzo grado conviventi.

L’istituto del congedo e il principio di sussidiarietà  orizzontale

Il riempimento della lacuna legislativa in materia di congedi passa anche dalla ” chiamata in gioco ” di un altro principio costituzionale, il principio di sussidiarietà  orizzontale ex art. 118, co. 4, Cost. La disposizione aspira infatti a potenziare il ruolo e l’attività  delle formazioni sociali, tra cui senz’altro è da ritenersi inclusa la famiglia, che in presenza di specifiche condizioni ed esigenze concrete, opera, in qualità  di corpo intermedio, tra lo Stato e l’individuo. L’art. 118 della Costituzione, letto in combinato disposto con l’art. 29 Cost., deve perciò indurre a valorizzare la famiglia non più come gruppo ristretto e isolatamente considerato (c.d. famiglia nucleare), ma come nucleo sociale che si relaziona all’esterno, anche con le istituzioni pubbliche, e diviene strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale. La famiglia, infatti, rientra ormai, a pieno titolo, in quella prospettiva sussidiaria e dinamica che è andata rafforzandosi a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

Le due colonne e l’architrave

Ritorna cosìl’immagine della famosa architrave (ben illustrata altrove su questa Rivista), sostenuta da due colonne. L’architrave rappresenta l’interesse generale nel quale rientra, per diretta assonanza con l’art. 3, co. 2, Cost., la piena realizzazione dell’essere umano. A sorreggere l’architrave sono poi le due colonne, della solidarietà  e della sussidiarietà . Se dunque per ‘solidarietà ‘ si intende un processo, e non quindi un’attesa, a cui contribuiscono diversi soggetti e se il principio di sussidiarietà  è quello che dà  voce ad energie e risorse di cittadini e formazioni sociali, si può concludere che è la famiglia, nel caso de quo, a rappresentare il paradigma solidale e sussidiario volto alla realizzazione di quell’interesse generale che è la pienezza della persona e l’affermazione della sua dignità  come individuo unico e irripetibile.

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