Prima di tutto: la comunità  di abitanti

E poi si sente parlare sempre più, grazie a Labsus, di un Motovelodromo come laboratorio per un patto di condivisione...

Articolo a cura di  Stefano Delmastro e Mario Ginevro.

Lo spirito nimby aleggia tra i commensali che decidono di impegnarsi per capire meglio cosa sta realmente succedendo o cosa potrebbe accadere nel prossimo futuro. Gli strumenti che si decide di utilizzare sono una raccolta firme tramite il sito change.org (ad oggi quasi 800 firme raccolte), l’apertura di una visitata pagina su Facebook (Pezzi di Motovelodromo) nata e resa piacevole grazie alla collaborazione con un grafico molto bike-friendly, la ricerca di contatti con giornalisti e politici intelligenti. Ma nello stesso momento si considera importante iniziare a sondare il territorio e a dialogare con gli abitanti della zona e i commercianti di Corso Casale, l’arteria che porta verso il centro città , l’antica via che collega San Mauro T.se e Chieri a Torino.

Questa potrebbe essere un’occasione unica e di interesse generale

Il motovelodromo è il classico ” monumento ” che occupa un’area urbana importante ma che pochi avvertono. E’ lì, non dà  fastidio. E quasi tutti erano contenti del fatto che era stata tolta la gestione a una società  che, invece di promuoverne l’utilizzo originario, l’aveva fatto diventare il contenitore di un mercatino dell’usato di precollina. Un luogo dove si poteva mettere in mostra/vendita il contenuto della cantine di una parte della ” Torino bene ” .
Perché non pensare invece a riportare la vocazione sportiva? Gli abitanti della zona tra Piazza Borromini (più ” cittadini ” ) e quelli della vicina Madonna del Pilone (più ” paesani ” ) ai primi stimoli hanno reagito con interesse. Quando il gruppo, una sorta di comitato informale che si è allargato dopo la ” prima cena ” , ha iniziato a dialogare con il vicinato si è capito che il muoversi forse avrebbe sortito qualche risultato. Parlare di ciclismo nella zona vuol anche dire lavorare sulla memoria storica. Le persone meno giovani ricordano l’impianto funzionante: le gare ciclistiche, i concerti, le partite di calcio, di rugby, di football americano. Qualcuno ci ha giocato anche a tennis.
” E allora perché non proviamo a candidare il luogo anche a diventare la ” casa base ” torinese per il progetto di ciclovia VenTo, quella che collegherà  Venezia a Torino? ” è uscito dalla bocca di qualcuno. Ma come si poteva fare?

Le tappe del processo: gli eventi pubblici organizzati e i feedback ricevuti da parte degli amministratori

Occorreva allargare la base. Non poteva essere solo un piccolo gruppo di abitanti della zona a guidare un’azione di sensibilizzazione. E allora, un campione del ciclismo come Moser firma la petizione. Un articolo de La Stampa accende il dibattito. E poi si inizia ad organizzare il primo incontro, grazie a Marco Ballestracci, uno scrittore che racconta le storie delle leggende del ciclismo. Non si pensa a una protesta ma a una festa con biciclette e ramazze davanti all’arco Liberty del Motovelodromo.
In Comune si rendono disponibili non vietando il ritrovo, anzi, consigliando di organizzare un flash mob per semplificare le procedure. E poi la sorpresa: da pochi giorni la Protezione Civile utilizza una parte della struttura come deposito e garantisce una presenza e un minimo di ” vigilanza ” . Non vogliono una manifestazione di protesta anzi sollecitano l’apertura delle porte ai cittadini.
Emanuele Durante, il presidente della Circoscrizione, interviene e organizza un incontro in municipio con Gianguido Passoni, l’assessore al Bilancio con delega al patrimonio immobiliare, e alcuni tecnici e collaboratori. La festa, il flash mob, diventa un’occasione di dialogo con un centinaio di persone, una prima tappa di una serie di incontri durante i quali si illustrano i passi necessari per uno sviluppo di un progetto. Dove comunque si sottolinea ogni volta: ” non ci sarà  nessun ipermercato al posto/dentro/sopra/sotto al Motovelodromo!

Perché dunque, ” alla Labsus ” , l’abbiamo chiamata “la prima esperienza di amministrazione condivisa”?

A Torino, intanto, si parla sempre più di esperimenti di amministrazione condivisa. C’è il caso di alcuni campetti da basket nati nel centro della città  e gestiti in collaborazione con i cittadini che hanno trovato anche degli sponsor per realizzare le strutture sportive. C’è la grande ex struttura industriale Ex Incet in Barriera di Milano nella quale si sta affrontando la questione della cooperativa di comunità . Ci sono dei referenti in Comune, come il facilty manager, che iniziano a parlare anche di patti e non solo di bandi.
Siamo nell’epoca della condivisione, dello sharing. Torino si candida come città  della bike-culture dopo essere stata per decenni la capitale dell’automobile. Il turismo diventa sempre più una risorsa e il ciclo-turismo, anche grazie al progetto Ven-To e ad alcune linee dettate dalla Ue, è sempre più un fattore economico e non solo di ” arredo urbano ” .
E poi si sente parlare sempre più, grazie a Labsus, di un Motovelodromo come laboratorio per un patto di condivisione

La foto in copertina è stata pubblicata per gentile concessione di Michele D’Ottavio.

LEGGI ANCHE