Legacoop e Legambiente : riqualificare il demanio ferroviario nei piccoli comuni

In occasione della giornata è stato presentato un Quaderno di approfondimento tematico,  nel quale sono raccolti i diversi contributi dei soggetti partecipanti. Data la specificità  dei beni riqualificabili, indispensabile è stato il coinvolgimento della Fondazione FS Italiane, della Rete Ferroviaria Italiana (RFI), entrambe all’interno del Gruppo Ferrovie dello Stato, nonché dell’Anas e della Confederazione per la mobilità  dolce (Co.Mo.Do).

Un patrimonio abbandonato e degradato da rivitalizzare

Come già  ampiamente sottolineato in questa rivista, accreditate operazioni censitorie hanno rilevato gli  innumerevoli beni abbandonati su tutto il territorio nazionale. Nel caso di specie, si tratta di linee ferroviarie, stazioni e case cantoniere. Un patrimonio dal forte potenziale, che si intende destinare ad operazioni strutturali di riuso nell’ambito del turismo sostenibile, della mobilità  dolce, come pure alla rigenerazione di immobili funzionali per progetti culturali, con particolare interesse alle politiche giovanili. Alcune precisazioni appaiono, perciò, inevitabili.
Secondo il Quaderno al quale si è fatto precedentemente riferimento, sarebbero più di 1.600 i chilometri di ferrovie dismesse e, attualmente, Co.Mo.Do ha aperto un tavolo di lavoro con Ferrovie dello Stato per fare una mappatura delle linee da trasformare in greenways  per un utilizzo ciclo-pedonale. E’  già  in opera, invece, il compimento del percorso di mobilità  dolce nel tratto Bologna-Verona, in parte finanziato dagli enti territoriali e locali firmatari del protocollo con RFI e in parte, mediante trasferimenti statali alla Regione Emilia-Romagna.  Continuando l’indagine, ben 1.300 sono i chilometri di linee ferroviarie sospese,  di cui 800 riattivati in ferrovie turistiche. Circa 1.900 le stazioni impresenziate, di cui più di 500 affidate da Ferrovie dello Stato ad enti locali, associazioni e cooperative, mediante contratti di comodato gratuito che prevedono, di prassi, l’impegno da parte dell’ente comodatario di realizzare interventi di riqualificazione e/o manutenzione. Tra i vari esempi riportati, innovativa è sembrata l’intesa con Legambiente dalla quale è nata, a Potenza,  ScamBioLoGiCo, la prima green station italiana  che, oltre ad essere stata ristrutturata con tecniche eco-compatibili, è un luogo polifunzionale con laboratori di riciclo dei materiali, spazi per svolgere attività  di   formazione e di ricerca sensibili alle tematiche ambientali nonché esposizioni nelle quali è possibile acquistare prodotti bio e fairtrade.
Infine, tra le 1.244 Case cantoniere possedute dall’Anas, 600 sono utilizzate maggiormente per stoccaggio del materiale anche se, come indicato da Claudia Arcovito, responsabile Brand & Immagine Anas, nel dicembre del 2015 è stato stipulato, dalla stessa società , un accordo di collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali (MiBACT), il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) e l’Agenzia del Demanio, che prevede, per i percorsi di turismo sostenibile dell’Alta Lombardia, della Via Francigena e del tracciato dell’Appia Antica, la conversione di questi immobili in una rete di strutture ricettive per i viaggiatori, da affidare in concessione a terzi, cercando di favorire soprattutto l’imprenditoria giovanile.

Certamente passi in avanti sono stati compiuti, ma il cammino da percorrere per raggiungere gli standard di altri Paesi europei è ancora lungo e, proprio da questi confronti, è possibile evincere come l’offerta di servizi turistici sostenibili con un elevato standard qualitativo sia imprescindibile per l’affermazione di un modello economico e occupazionale nel rispetto dell’interesse generale. Volendo citare qualche esempio, in Gran Bretagna le linee ferroviarie turistiche sono leggermente maggiori di quelle italiane, circa 50 chilometri in più; tuttavia, benché nel nostro Paese il trend dei proventi, pari a 2 milioni di euro, abbia registrato un miglioramento del 60%, quello degli anglosassoni si aggira intorno ai 139 milioni per gli incassi diretti, 350 milioni quelli indiretti e la gestione della rete conta 2mila dipendenti e 120mila volontari.
Al fine di un efficace sviluppo delle attività  finora descritte, essenziale è la predisposizione di un organico apparato normativo. Fino ad oggi sono registrate solamente alcune proposte presentate alla Camera dei Deputati. Due i ddl in corso di esame presso la Commissione Trasporti. Il primo è volto alla istituzione di ferrovie turistiche che attraversano determinate zone archeologiche e aree naturali riservate, la cui gestione prevede forme contrattuali di collaborazione e comodato con i privati; il secondo ha per oggetto il miglioramento della mobilità  ciclistica urbana ed extraurbana. Alla Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici si sta procedendo per la stesura di un testo unificato, basato su quattro ddl, volto alla definizione di un servizio ben articolato per la mobilità  dolce.

Cooperazione e sussidiarietà  circolare

La collaborazione tra Legacoop e Legambiente si connota per due aspetti centrali. Il primo, di natura oggettiva, attiene la valorizzazione socio-economica dei beni sopra indicati. Il secondo è, certamente, il metodo fondato sulla costituzione di cooperative di comunità  grazie alle quali si ha un coinvolgimento diretto e partecipativo della società  civile e su un rapporto di natura contrattuale con la pubblica amministrazione proprietaria del bene. Queste interazioni tra soggetti diversi sono un chiaro esempio di sussidiarietà  circolare in grado di coniugare la teoria dei beni comuni con un sistema economico in cui le aziende non sono più incentrate sul prevalente egoismo dell’homo oeconomicus bensìsu attività  in grado di migliorare la società .
Fondamentale è ora da precisare, seppur brevemente, cosa siano e come operano le cooperative di comunità . In riferimento al dossier esposto nel corso dell’incontro, Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop, ha sottolineato come le attuali contingenze di crisi nel nostro Paese costituiscano l’humus ideale per nuove forme di imprenditoria nelle quali “i cittadini si auto-organizzano, diventando allo stesso tempo produttori e fruitori di beni e servizi“. Inoltre, come sostenuto da Rossella Muroni, Presidente Nazionale di Legambiente, il progetto messo in campo prende le mosse dalla volontà  di affermare una economia costruita dal basso, fondata sui principi della sostenibilità  ambientale e dell’inclusione sociale. Invero, è ben noto che la cooperativa consiste in un’impresa sociale, ossia una peculiare forma societaria con scopo mutualistico, ovvero avulsa da ciò che tradizionalmente costituisce l’obiettivo imprenditoriale: la massimizzazione dei profitti. Fermo ciò, il tratto che sembrerebbe contraddistinguere le cooperative di comunità  è quello di operare, non più e non solo per l’interesse di una determinata cerchia di soggetti (soci), bensìper l’intera comunità  di riferimento, ossia, per l’interesse generale. Sul piano giuridico, pur in assenza di una organica disciplina, alcuni riscontri sembrano potersi individuare nella legge regionale n. 23/2014 della Puglia e nella legge regionale n. 25/2015 dell’Abruzzo le quali riconoscono parimenti che tali società , ex art. 2 c. 1, “valorizzando le competenze della popolazione residente, delle tradizioni culturali e delle risorse territoriali, perseguono lo scopo di soddisfare i bisogni della comunità  locale, migliorandone la qualità , sociale ed economica, della vita, attraverso lo sviluppo di attività  economiche eco‐sostenibili finalizzate alla produzione di beni e servizi, al recupero di beni ambientali e monumentali, alla creazione di offerta di lavoro e alla generazione, in loco, di capitale ” sociale ” “.

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