Un’antica fortezza, poi una caserma, ora un polmone verde con edifici e capannoni vuoti: Forte Marghera è un’area semi-abbandonata di 48 ettari alle porte di Venezia, dalle potenzialità di riuso praticamente infinite. Quale contesto migliore per esplorare possibili modelli di governance nella gestione dei beni comuni? Grazie alla facilitazione di Willy Mazzer, dal 6 all’8 aprile SIBEC, Scuola Italiana Beni Comuni ha fatto tappa proprio qui, tentando di calare l’approccio teorico-empirico dei commons nella complessità organizzativa e gestionale di un grande patrimonio.
Beni comuni, tra impresa e comunità
Ad aprire il secondo modulo SIBEC è stato Carlo Borzaga, Presidente di Euricse. Il suo contributo ha inteso innanzitutto mettere in discussione il modo in cui concepiamo l’impresa, superando pregiudizi e luoghi comuni per aprire invece alla possibilità di usarla per gestire i commons. Si è soffermato sul concetto di governance, troppo spesso utilizzato senza essere realmente capito, ed in particolare sulla fattispecie che più di altre sembra coerente con una gestione condivisa e sostenibile dei beni comuni: la governance inclusiva. Ha infine proposto un excursus critico sulla normativa italiana in materia di forme giuridiche, dalle leggi sulla cooperazione alla riforma del Terzo Settore, mettendo in evidenza i vantaggi (e le criticità) di alcune forme organizzative rispetto ad altre, e sottolineando la necessità di un approccio laico alla scelta del vestito giuridico.
La seconda giornata è iniziata invece all’insegna di casi studio ed esperienze sul campo, con la ricca narrazione di Flaviano Zandonai, ricercatore di Euricse e segretario di Iris Network. Dopo aver proposto una caratterizzazione dei commons come infrastrutture abilitanti, nelle quali sia le modalità di accesso che le esternalità prodotte si configurano come elementi distintivi, la mappa esperienziale di Zandonai ha condotto i corsisti SIBEC nei paesaggi ibridi, più o meno consapevoli, dei community hub, di quegli spazi che attraverso la contaminazione di attività , idee, relazioni diventano o tornano ad essere luoghi di costruzione di un senso condiviso.
C’era una volta un Forte
Forte Marghera è il complesso militare dismesso di Mestre datato 1805, proprietà del Comune di Venezia dopo essere stato acquisito dal Demanio militare, e la cui gestione era stata affidata per alcuni anni alla società Marco Polo System, Gruppo europeo di interesse economico (Geie) partecipato nella stessa quota dal Comune e dall’Associazione centrale dei Comuni e delle Comunità della Grecia Kedke. A subentrare alla Marco Polo System Geie è stata due anni fa una fondazione di diritto italiano, costituita esclusivamente dal Comune di Venezia: la Fondazione Forte Marghera. Nella seconda giornata abbiamo quindi incontrato il Presidente della Fondazione Cesare Castelli, ex commissario della Provincia di Venezia, che ha raccontato le vicende storiche del Forte fino ad arrivare alla fase attuale. Castelli si è soffermato sull’esigenza di trovare fondi aggiuntivi per una prima riqualificazione dell’area (al momento ci sono quelli regionali e comunitari stanziati per il recupero di due capannoni, in cui verrà realizzato il “Centro studi per la valorizzazione delle architetture militari e dei sistemi difensivi”), per affrontare la quale non si escludono strumenti come il crowdfunding. La destinazione d’uso delle aree, seguendo le linee guida della precedente amministrazione, sarà coerente – afferma Castelli – con l’obiettivo di fare del Forte una “cittadella di produzione della cultura“: escludendo categoricamente l’ingresso di speculatori edilizi vari ed eventuali (rischio paventato in passato, quando serpeggiava l’ipotesi di una catena di alberghi tra gli investitori), tra le idee in campo quelle di un orto botanico, di un incubatore per startup culturali innovative, di una succursale per la Ca’ Foscari (con cui è già stato firmato un accordo quadro). Castelli è stato sollecitato dai nostri corsisti sul fronte della governance inclusiva ed in generale sulla possibilità di prevedere meccanismi di coinvolgimento della comunità locale nella definizione e gestione degli spazi: la riflessione c’è – afferma – ma è necessario intervenire prima con gli interventi di recupero.
Controvento
“Dal programma culturale di un community hub deduciamo il senso della struttura: le tipologie di attività creano intorno al luogo una sorta di aurea di significati… ” diceva Zandonai nel corso della mattinata. E così ascoltando Giuliomaria Garbellotto raccontare le attività di Controvento, la cooperativa sociale che gestisce alcuni spazi all’interno del Forte, riusciamo a capire molto di questa realtà ibrida, nata come associazione culturale e divenuta cooperativa di 150 dipendenti, con i suoi progetti legati alla ristorazione rigorosamente basata su filiera corta e prodotti bio, gli eventi culturali e musicali – quasi sempre gratuiti – che rianimano un posto altrimenti fantasma durante tutto l’anno, le attività di integrazione sociale attraverso l’inserimento lavorativo. Nonostante le criticità da affrontare – in primis l’incombere della scadenza della concessione… – Controvento è riuscita nella ridefinizione di significati nuovi e diversi di un vecchio spazio, riposizionandolo come luogo piacevole di incontro, di relazioni e collaborazioni fuori e dentro il mercato – allo stesso tempo.
La convivenza può essere non sempre facile e la ” battaglia dei modelli di governance ” , per dirla con Borzaga, è tuttora in corso. D’altra parte, scriveva qualche tempo fa Zandonai, oggi rigenerare significa non solo riferirsi alla produzione di benefici a favore di ” gruppi target ” , ma anche (e soprattutto) contribuire a cambiare le regole del gioco. Contribuire, in altri termini, a un’innovazione paradigmatica che affronta – e tenta di risolvere – temi chiave per la convivenza sociale e la qualità ambientale.
Sviluppo delle competenze
Durante l’ultima giornata è stato ripreso il lavoro sullo sviluppo delle competenze di ogni corsista, attraverso il metodo The Village del collettivo DMAV – Dalla maschera al Volto, coordinato dalla tutor Laura Beriotto. La ricerca degli “archetipi” del gestore dei beni comuni accompagnerà i corsisti fino all’ultima puntata, nell’elaborazione del project work individuale relativo alla cura e rigenerazione di un bene comune.
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