Una tesi su commons urbani e policy making in ambito culturale

A partire dall’interesse nei confronti dei processi di gestione del patrimonio culturale italiano, l’elaborato qui proposto intende analizzare alcune esperienze di gestione condivisa degli urban commons e valutarne il legame con le diffuse istanze partecipative inerenti al policy-making culturale.
Il dibattito sui beni comuni in Italia si radica in contingenze socioeconomiche dominate da una generale scarsità di risorse pubbliche e, dunque, da una diffusa insoddisfazione nei confronti di politiche giudicate inadatte a tutelare la libera fruibilità di beni – materiali e immateriali – percepiti come collettivi in quanto funzionali all’esercizio di diritti fondamentali. L’indifferenza rispetto all’assetto proprietario di tali beni in virtù della loro funzione sociale è alla base dell’affermazione, accanto al pubblico e al privato, del comune.

Le sfide

Tale categoria di beni, così come l’istanza partecipativa che essa reca con sé, non può non intersecare la ricerca nell’ambito del management culturale. Le sollecitazioni in questo senso sono numerose: dall’inclusione dei beni culturali e paesaggistici entro il perimetro giuridico dei beni comuni da parte della stessa Commissione Rodotà, ai più recenti orientamenti europei sulla gestione partecipata del cultural heritage concepito come commons, fino alla stessa generale scarsità di risorse economiche con cui il settore culturale italiano deve confrontarsi. Al fine di indagare il tema della riappropriazione, rigenerazione e trasmissione vitale del patrimonio culturale italiano, così come con le opportunità che nuove modalità di gestione dell’urban commons possono offrire in questo senso, l’elaborato si articola in tre momenti.

La ricerca

In primo luogo, una ricognizione multidisciplinare della ricerca in atto sui beni comuni e sui social dilemma posti dalla loro gestione nel contesto italiano. L’operazione d’indagine teorica è qui condotta con il duplice scopo di non settorializzare e non sradicare il discorso intorno ai beni comuni. Ne risulta un set di strumenti teorici progressivamente elaborato attraverso i diversi apporti della filosofia, dell’empatia e della filosofia sociale, dell’antropologia, dell’economia civile e della sharing economy, per giungere infine ai contributi della riflessione giuridica su diritti fondamentali, funzione sociale della proprietà e sussidiarietà. Sulla base delle keywords così individuate, l’elaborato muove verso la costruzione di un campo semantico per il cultural heritage utile a integrare le prospettive normative e di ricerca internazionali con lo specifico tessuto culturale italiano e tale da fornire un fondamento teorico per la qualificazione del patrimonio culturale come commons. A partire da fonti internazionali quali la Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, passando per il riferimento alle caratteristiche specifiche del patrimonio culturale italiano, si costituisce una nuova rete di significati per il cultural heritage che, oltre ad ampliare le prospettive della disciplina nazionale in materia di tutela e valorizzazione attraverso una più complessa nozione di salvaguardia, rappresenta un primo fondamentale passo per riconoscere nel patrimonio culturale un heritage commons. Infine, si propone un’analisi delle potenzialità che strategie di gestione dell’urban commons improntate all’economia della condivisione e alla collaborazione civica presentano in termini di conservazione vitale del bene comune-patrimonio culturale.

I casi studio

L’analisi si concentra su esperienze locali di cura, gestione e rigenerazione dei beni comuni urbani: la campagna di crowdfunding civico Un passo per San Luca, la collaborazione tra il Comune di Milano e la piattaforma Eppela per il supporto di progetti innovativi ad alto impatto sociale e l’implementazione dei patti di collaborazione tra cittadini e amministrazione nel Comune di Bologna.  L’indagine qui condotta, sulla scorta dei famework teorici precedentemente elaborati e in particolare sulla base di uno sguardo “integrato” al patrimonio culturale, evidenzia come tali esperienze possano contribuire alla salvaguardia (o trasmissione vitale) dell’heritage commons su tre livelli:

  • il rafforzamento dei legami di comunità sottesi ad ogni processo di appropriazione, significazione e rigenerazione del patrimonio culturale da parte della heritage community;
  • la legittimazione di tali processi di appropriazione culturale da parte della comunità, attraverso la partecipazione attiva dell’attore amministrativo e delle istituzioni, luogo privilegiato di mediazione ed elaborazione di significati collettivi nella sfera pubblica;
  • la rigenerazione del legame tra patrimonio culturale e comunità attraverso interventi che prevedono la partecipazione diretta e attiva dei cittadini alla gestione dell’heritage commons.

L’auspicio è che l’elaborato possa contribuire a meglio delineare le varie opportunità – per l’attore amministrativo e la cittadinanza – di collaborare attivamente al fine di generare e nutrire in un orizzonte di lungo termine nuove forme di “conservazione vitale” del patrimonio culturale italiano.