Lago di Bracciano: per la prima volta dei Comuni decidono di “condividere” il territorio nel quale sperimentare l'amministrazione condivisa

A seguito di una lunga fase di negoziazione, i comuni di Bracciano, Trevignano Romano e Anguillara decidono di adottare, ciascuno per parte sua, un regolamento applicabile non soltanto al proprio territorio ma anche a quello degli altri due Comuni, dando vita così ad un’interessante sperimentazione del modello di amministrazione condivisa.

Un regolamento sui generis

Come è stato già raccontato in un precedente articolo, pubblicato su questa Rivista, i comuni di Bracciano, Trevignano Romano e Anguillara hanno dato vita ad un’interessante sperimentazione del modello di amministrazione condivisa nell’ambito dei propri territori. Difatti, come si evince dall’art. 2, co. 1, lett. c) dei regolamenti di Bracciano e Trevignano Romano (non invece dal regolamento di Anguillara, che ancora necessita di modifiche in tal senso e che pertanto non sarà preso in considerazione nella presente analisi), ciascuno di questi Comuni, dopo una lunga fase di negoziazione, ha deciso di adottare un Regolamento incidente non solo sul proprio territorio ma anche su quello degli altri due Comuni.
Si tratta di una soluzione (giuridica) senz’altro innovativa, che si connota rispetto alle tradizionali esperienze regolamentari diffuse in ambito nazionale – nelle quali, come ben noto, i regolamenti risultano inscindibilmente legati ai rispettivi territori (comunali) – ma anche rispetto alla recente e peculiare vicenda (già oggetto di approfondimento in questa Rivista) che ha visto l’approvazione del Regolamento sui beni comuni da parte di un’Unione di comuni, con la quale condivide essenzialmente la sola dimensione “sovralocale” dell’intervento.

Le specificità del nuovo modello in breve

In effetti, la sperimentazione promossa dai comuni di Bracciano, Trevignano Romano e Anguillara presenta alcuni elementi caratteristici, che vale la pena di richiamare, seppure solo brevemente e parzialmente.
Innanzitutto, tali regolamenti, sebbene risultino deliberati (autonomamente) da ciascun Comune, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, producono effetti giuridici anche negli altri territori comunali, a causa di una specifica norma (il già citato art. 2, co. 1, lett. c)). Ne consegue, in particolare, la condivisione (quantomeno parziale) della funzione di collaborazione istituzionale con i cittadini attivi da parte delle Amministrazioni comunali coinvolte.
In secondo luogo, appare chiaro che, con questo schema regolamentare, ciascun cittadino è agevolato nella promozione e realizzazione di interventi incidenti non solo nell’ambito del proprio territorio comunale, ma anche in quello degli altri Comuni partners, conseguendone un accrescimento dei diritti di cittadinanza attiva per la cura, rigenerazione e gestione condivisa dei beni comuni; allo stesso tempo, ciascun Comune è agevolato nella promozione e nello sviluppo di progettualità ed interventi rivolti non soltanto ai propri cittadini, ma anche ai cittadini degli altri Comuni.
Da notare, inoltre, che i regolamenti, così concepiti, sembrano particolarmente idonei ad incoraggiare e legittimare la costituzione di vere e proprie “reti orizzontali” da parte dei cittadini e accordi tra i soggetti pubblici (in primis le Amministrazioni), “trasversali” ai tre territori comunali, favorendo così lo sviluppo di pratiche collaborative non soltanto “intra-comunali” ma anche “inter-comunali” ovvero “trans-comunali”.
In ultimo, destano interesse alcune definizioni e principi non contemplati nel prototipo di Labsus ma comunque coerenti rispetto ad esso, quali le locuzioni “programmazione condivisa” e “assemblea dei beni comuni” (non invece la locuzione “servizi pubblici”, qui intesa come sinonimo di “servizi di interesse generale”) e il principio di “innovazione sociale“, oltre che di “creatività urbana” e di “innovazione digitale”.

Un ufficio “unico” per l’amministrazione condivisa

Un’ulteriore interessante novità delineata nel nuovo schema regolamentare è rintracciabile nell’art. 6, co. 3 dei Regolamenti di Bracciano e Trevignano Romano, ai sensi del quale «Al fine di semplificare la relazione con i/le Cittadini/e Attivi/e e di coordinare le proposte di collaborazione e l’esecuzione dei Patti, si individua una unità organizzativa responsabile del procedimento per l’Amministrazione Condivisa». In altri termini, la citata disposizione prevede, per la prima volta in Italia, l’istituzione di un Ufficio per l’amministrazione condivisa “unico” ai territori comunali presi in considerazione, chiamato (inevitabilmente) ad esercitare importanti e delicati compiti di raccordo organizzativo e coordinamento.
Ad oggi, tuttavia, ancora si attende l’istituzione dell’Ufficio, che sembrerebbe spettare, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 24, co. 2 dei Regolamenti di Bracciano e Trevignano Romano e in assenza di ulteriori specificazioni regolamentari, ai Segretari comunali “di concerto”.

Le potenzialità (ancora inespresse) del nuovo modello

Da quanto esposto, emergono allora con tutta evidenza le potenzialità di questa sperimentazione, che si rivela certamente idonea allo sviluppo di pratiche collaborative diversificate ed inedite, il cui buon esito, tuttavia, impone (come sempre del resto) un ampio e fattivo coinvolgimento da parte dei soggetti pubblici e privati interessati, a partire dai suddetti Comuni. A questi, infatti, spetta l’assolvimento di importanti compiti propositivi e di coordinamento, tra i quali spicca – come poc’anzi ricordato – la costituzione di un Ufficio unico di interlocuzione con i cittadini attivi, previsto dalla disciplina regolamentare ma non ancora reso operativo.