Una pronuncia sulla legittimazione ad agire affronta il rapporto tra associazioni non riconosciute, ambiente e urbanistica

Con la sentenza n. 933 del 2019 il Tar Lombardia, Milano, Sez. II, affronta l’eccezione di legittimazione attiva sollevata nei confronti di un’associazione ambientale, non rientrante tra quelle riconosciute ex-lege e richiedente l’annullamento di un provvedimento di natura urbanistica. Nella complessa vicenda si evoca il principio di sussidiarietà: ma con quale forza?

Il ricorso

Dinanzi al Tar Lombardia, Milano, Sezione II, ricorre l’associazione comitato “ValleOlonaRespira” chiedendo l’annullamento della delibera di Giunta – e atti annessi e conseguenti – con cui il comune di Olgiate Olona adottava il “Piano Attuativo Chemisol Italia”.
Lo strumento urbanistico dell’amministrazione, atto a regolare la destinazione d’uso dell’ex Polo Montedison dismesso e poi assegnato a nuove attività di riqualificazione, viene contestato dalla ricorrente sotto plurime eccezioni, tra le quali un’alterazione dei valori paesaggistici e ambientali che deriverebbero dall’esecuzione del Piano.
L’amministrazione comunale e la controinteressata Chemisol Italia s.r.l. si costituiscono in giudizio e avanzano richiesta di inammissibilità e infondatezza del ricorso.
Per la risoluzione della controversia il giudice lombardo si avvale di un’ampia argomentazione sul bene giuridico della legittimazione processuale e, sulla scorta di plurimi motivi addotti, dichiara l’azione giurisdizionale ammissibile e fondato il ricorso.

L’ingresso degli interessi generali nel processo amministrativo

Da parte di chi studia il fenomeno dell’ammissibilità di interessi generali nelle stanze del giudizio amministrativo e di come la loro tutela piena ed effettiva possa essere assicurata in sede giurisdizionale, la pronuncia in commento rappresenta una nuova occasione per fare il punto sull’orientamento che la giurisprudenza sta assumendo in materia.
È lo stesso giudice ad affrontare la questione con un approccio analitico e ricostruttivo, partendo dall’assunzione di fondo secondo cui la risoluzione dell’eccezione di legittimazione a ricorrere costituisca essa stessa il presupposto essenziale per l’emissione di una sentenza di merito.
Le motivazioni da qui sviluppate assumono la forma di un’argomentazione a carattere progressivo, che muove dalle posizioni più tradizionali e risalenti fino agli orientamenti più recenti.
Il primo richiamo è all’impostazione originaria di un ordinamento giuridico che, per il riconoscimento di un interesse diffuso in sede giurisdizionale, ne richiedeva la sua sostanziale soggettivazione in capo a un ente precipuamente costituitosi per rappresentare e tutelare quell’interesse specifico.
Un’impostazione, questa, che finanche al giudice lombardo appare ormai un po’ lontana e troppo riduttiva, anche in considerazione delle evoluzioni registratesi sul piano normativo ai fini di una tutela più ampia e flessibile di quegli interessi meta-individuali che «altrimenti rischierebbero di restare sprovvisti di una protezione adeguata» (richiamo del Tar alla pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303).
Il riferimento è, fra le altre, a quelle disposizioni che hanno compiuto un tentativo di tipizzazione delle azioni esperibili e dei soggetti legittimati, circoscrivendo sul piano soggettivo e oggettivo la legittimazione di enti privati esponenziali di specifici interessi collettivi. Fino a questo punto, ci si trova ancora nell’alveo di una legittimazione certamente più ampia, ma pur sempre tassativamente circoscritta ex lege, come quella accordata dall’art. 13 della legge n. 349/1986 alle associazioni ambientaliste registrate.

Associazioni non riconosciute: se non nella legge, dove?

Due passaggi fondamentali quelli fin qui descritti nella storia evolutiva della tutela degli interessi generali, ma ancora insufficienti per il giudice di Milano ai fini della risoluzione della controversia.
La ricorrente di cui si contesta la legittimità in processo non rientra infatti nell’elenco delle associazioni ambientaliste registrate e non può trovare direttamente nella legge la forza di azione in giudizio.
Sul punto le strade che si aprono all’interpretazione di un giudice sono, di base, almeno due: aderire ad un indirizzo restrittivo che riconosce al legislatore il compito esclusivo di circoscrivere il perimetro dei soggetti interessati ad agire, oppure condividere la tesi del doppio binario di accertamento in cui, per i casi non legiferati, è il giudice a poter verificare, caso per caso, e sulla base di requisiti specifici, la sussistenza della legittimazione processuale.
Nella sentenza in esame, la posizione assunta è chiara e di immediato rilievo.
Il Tar Lombardia conferma quella linea giurisprudenziale più estensiva che negli anni ha più volte sostenuto l’importanza del ruolo del giudice nel rintracciare quegli interessi rappresentativi di valori e beni fondamentali che, anche se non previsti esplicitamente dalla legge, meriterebbero una tutela piena ed effettiva contro lesioni derivanti da atti illegittimi.
La verifica, in questo caso, viene fatta sulla scorta di elementi statutari, organizzativi e di rappresentatività dell’associazione ricorrente, che il giudice finisce per ritenere sufficientemente ampi e solidi ai fini del riconoscimento della legittimazione al processo.
Con questa decisione, in sostanza, si allarga ancora di una maglia il tessuto delle formazioni sociali abilitate ad esercitare in senso più concreto quelle attività che sono chiamate a svolgere nell’interesse generale.

Interessi ambientali e interessi urbanistici: la parte per il tutto?

Ancora un nodo da sciogliere si presenta davanti al giudice adito per verificare la piena ed effettiva legittimazione ad agire del soggetto ricorrente.
Ritorna anche nella pronuncia in esame l’esigenza di misurare la latitudine del concetto di “ambiente” quando, come in questo caso, a ricorrere sono associazioni ambientaliste in senso lato, ma la natura degli atti amministrativi impugnati è di tipo più strettamente urbanistico.
Anche su questo aspetto, gli indirizzi ermeneutici non sono omogenei, anzi sono soliti dividersi tra posizioni più restrittive e altre più estensive.
Coerentemente con l’approccio assunto nel resto delle argomentazioni, il giudice di Milano si riconferma su una linea più generosa e moderna, lungo la quale si è soliti assegnare alla nozione di “interesse ambientale” un significato più ampio, comprensivo di ambiti e temi affini al concetto “ambiente” in senso più generale (Cfr. Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2015, n. 839, commentata in questa rivista).
Rilevata, dunque, una stretta correlazione tra il carattere urbanistico degli atti impugnati e i profili ambientali sui quali si presume una loro azione di incidenza, si dichiara la legittimazione dell’associazione ricorrente – deputata alla tutela dell’ambiente – ad impugnare atti di pianificazione urbanistica.

Un’occasione di semplificazione perduta

In un momento in cui, in giurisprudenza, la correlazione tra legittimazione processuale e sussidiarietà orizzontale è sempre più frequente, non ci si stupisce di certo se il richiamo al principio costituzionale venga fatto proprio in una pronuncia come quella in esame, in cui ampio spazio è dedicato alla questione degli interessi diffusi.
Quel che appare invece più interessante è una riflessione sulla valenza che al principio viene attribuita in riferimento al riconoscimento della legittimazione ad agire nel complesso caso in oggetto.
Desta così non poca perplessità il fatto che tra le diverse strade argomentative percorse a supporto della decisione, l’appello del giudice all’art. 118 ultimo comma della Costituzione venga fatto in una fase meramente ricostruttiva della sua argomentazione; ossia nel punto in cui, nel ripercorrere i presupposti fondanti la legittimazione ad agire, si afferma che le norme attribuenti la legittimazione alle associazioni ambientali (art. 13 e 18 legge 349/1986) «costituiscono applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale […]».
Una posizione, forse, un po’ riduttiva quella qui assegnata al principio, che viene infatti evocato con una funzione confermativa (o al massimo rafforzativa) di quanto già statuito per legge. Eppure sono ormai diverse le testimonianze in cui si dimostra che la sussidiarietà orizzontale prescritta dalla Costituzione possa esercitare una forza espansiva sulla tutela di quegli interessi a più bassa istituzionalizzazione nell’ordinamento giuridico.
In definitiva, a detta di chi scrive, sembrerebbe che nell’incredibile sforzo adoperato per risolvere una vicenda giurisprudenziale complessa, la soluzione sia stata vista in una ricostruzione certosina e dettagliata della storia evolutiva dell’istituto della legittimazione, piuttosto che in un impiego più pieno del principio di sussidiarietà orizzontale, che talvolta può costituire, da solo, una preziosa occasione di semplificazione, proprio in virtù della pregnanza ad esso riconosciuta, specie in materia di legittimazione attiva.

Foto di copertina: da pixabay.com

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