Un gruppo di consumatori rivendica di fronte al giudice i propri interessi di risparmio contro la dismissione di enti creditizi

Con sentenza n. 6 del 20 febbraio 2020, il Consiglio di Stato, adito in Adunanza Plenaria, esamina una questione di frequente dibattimento giurisprudenziale, attinente alla sussistenza, in capo ad enti esponenziali, della legittimazione processuale per la tutela di interessi collettivi dinanzi al giudice amministrativo. Il quesito sollevato è se a carico di enti collettivi può riconoscersi – in presenza di determinati requisiti – una legittimazione ad agire di carattere generale (c.d. criterio del doppio binario), o se questa debba intendersi di natura eccezionale, solo se prevista per legge (c.d. criterio di tassatività).

L’oggetto e le parti del ricorso

Oggetto della disputa presentata al Consiglio di Stato, e sul quale l’Adunanza Plenaria viene chiamata ad esprimersi, riguarda una serie di provvedimenti con i quali la Banca d’Italia, con approvazione del Ministero dell’economia e delle finanze, dispone la risoluzione di istituti di credito, per un ritenuto stato di dissesto. A ricorrere contro le suddette disposizioni è un gruppo di risparmiatori titolari di azioni e obbligazioni presso gli istituti di credito in dismissione, nonché il Codacons, associazione di categoria riconosciuta ex lege, istituita in rappresentanza di diritti e interessi di consumatori e risparmiatori.
Con sentenza di primo grado, il Tar Lazio dichiara inammissibile il ricorso di Codacons, respingendo altresì nel merito la questione. Sia l’associazione, che i singoli consumatori fanno appello al Consiglio di Stato contestando, in primo luogo, il difetto di legittimazione eccepito in capo all’associazione. L’ambito entro cui si svolge il contenzioso è, pertanto, il settore bancario e gli interessi coinvolti (interessi creditizi) riguardano la specifica categoria dei consumatori.

La legittimazione processuale al centro di orientamenti contrastanti: la posizione restrittiva e il criterio di tassatività

La rimessione della questione in Adunanza Plenaria origina da un contrasto tra Sezioni rinvenuto in tema di legittimazione ad agire da parte di due orientamenti giurisprudenziali tra loro in opposizione; l’uno aderente al principio di tassatività e l’altro al c.d. criterio del doppio binario.
A sostegno del primo si muove la pronuncia di primo grado del Tar Lazio che, a sua volta, trova il suo fondamento in una precedente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, del 21 luglio 2016, n. 3303.
Secondo tale indirizzo – di carattere evidentemente restrittivo – gli enti esponenziali non sarebbero di per sé legittimati a impugnare provvedimenti dinanzi al giudice amministrativo, derivando la loro legittimazione a ricorrere solo dai casi espressamente e tassativamente previsti dalla legge.

La posizione espansiva e il criterio del doppio binario

Sulla schiera di un orientamento opposto si inserisce, invece, una giurisprudenza che, da oltre cinquant’anni (e, per questo, meritevole di essere definita oramai ‘tradizionale’), impiega il criterio del doppio binario di accertamento (che avviene ad opera del giudice) come soluzione espansiva della tutela in giudizio di interessi super-individuali.
Nell’alveo di tale indirizzo giurisprudenziale, la legittimazione a ricorrere può sussistere anche nei casi non espressamente previsti per legge, purché l’associazione coinvolta presenti specifici requisiti che, caso per caso, vengono verificati dal giudice (effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità e, in talune circostanze, anche collegamento con il territorio).

Può esistere una legittimazione processuale senza diritto di azione?

Nel caso in esame, l’associazione dei ricorrenti rileva come soggetto regolarmente iscritto nell’elenco delle associazioni di categoria riconosciute ex lege; tuttavia, la questione della sua legittimazione si pone in virtù dell’assenza, nella stessa normativa di riferimento (Codice del consumo – D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), di un’espressa previsione che sancisca la sua abilitazione (e quella degli altri soggetti in elenco) ad esperire azioni di annullamento in sede di giustizia amministrativa; mentre – al contrario – vengono tassativamente lì indicate le azioni presentabili di fronte alla giurisdizione ordinaria.
L’Adunanza, chiamata a dirimere la contrapposizione degli orientamenti in gioco, palesa fin da subito la sua posizione partendo dalla ragionevole premessa secondo cui una «legittimazione selettivamente limitata quanto al diritto di azione appare (già di per sé) come una situazione soggettiva monca». Insufficiente si considera, altresì, l’interpretazione delle norme di settore da parte dell’indirizzo giurisprudenziale più stringente – che fa derivare da quelle disposizioni (art. 32-bis D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) la conclusione che le uniche azioni possibili sono quelle esperibili di fronte al giudice ordinario. La tipizzazione di un caso di legittimazione straordinaria in ambito processual-civilistico – si afferma – non esclude, di fatto, la possibilità degli enti associativi di agire anche in ambiti processuali diversi, come per l’appunto quello amministrativo.

Tra i due litiganti… il terzo gode

L’argomento al centro della controversia non riguarda tanto la natura dell’oggetto da tutelare (interesse creditizio di un gruppo di risparmiatori), quanto la titolarità del ‘soggetto’ (legislatore o giudice?) che meglio, in questo caso, potrebbe riconoscere una sua più ampia protezione.
Secondo l’orientamento più restrittivo, l’evoluzione che l’ordinamento ha registrato nel tempo di fronte all’emergere di istanze di tutela di interessi meta-individuali sempre più complessi (per esempio, attraverso il processo di entificazione che, in materia ambientale è culminato nella legge n. 349 del 1986, art. 18) rappresenterebbe una risposta del legislatore sufficientemente adeguata a innalzare il livello di tutela di quegli interessi e a garantire una loro solida istituzionalizzazione. La tesi, in sostanza, è che l’attuale impianto normativo – per lo stadio di maturità raggiunto – sarebbe in grado di disciplinare finanche una tassonomia delle azioni esperibili, sia sul piano soggettivo, che su quello oggettivo.
Sul versante opposto si colloca, invece, quella Scuola giurisprudenziale – cui dichiara di aderire l’Adunanza Plenaria appellata – che nella sopraindicata evoluzione normativa rintraccia un diritto ancora vivente che, sebbene più esteso e avanzato del passato, non può assurgere a cornice statica e tipizzante di un mondo – quale è quello degli interessi sopra-individuali – sempre dinamico e in continua evoluzione. L’azione da parte del giudice di selezionare, di volta in volta, gli interessi giuridicamente rilevanti e meritevoli di tutela svolgerebbe, pertanto, un importante ruolo coadiuvante laddove, l’azione legislativa – più statica per definizione – non riesca a provvedere.
Tra “l’abbastanza” e il “troppo poco”, l’Adunanza si esprime formulando un principio di diritto secondo il quale gli enti esponenziali di utenti o specifiche categorie, sia che siano iscritti in appositi elenchi, oppure che siano in possesso di determinati requisiti, sono abilitati ad esperire azioni di fronte alla giustizia amministrativa, indipendentemente da un’espressa previsione di legge.
A fondamento dell’enunciato principio, l’Adunanza investe la Costituzione come fonte dirimente il caso in disputa giurisprudenziale. Dal ruolo assegnato alle formazioni sociali nell’art. 2 della Costituzione e da «un’attenta ed evoluta impostazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost.», è possibile desumere – secondo i giudici della plenaria – una base giuridica pregnante da cui far derivare una più ampia legittimazione alla protezione di interessi diffusi.
Non tutto può o deve prevedere la legge, dunque, quando già la risposta a una controversia è presente in una fonte primaria del diritto, i cui principi – come quello della sussidiarietà orizzontale qui richiamato – possono svolgere una funzione di bilanciamento degli equilibri ordinamentali.
In sostanza, tra i due litiganti, il terzo che gode sono valori costituzionali come quello della sussidiarietà orizzontale che, ancora una volta, è servito alla giurisprudenza per orientare verso una legittimazione processuale di interessi diffusi più disinvolta e meno vincolata a indirizzi restrittivi, ormai minoritari e in fase di graduale superamento.

Foto di copertina: Pexels su Pixabay

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