Dall’esperienza della Portineria di Porta Palazzo, a Torino, un monito: attivarsi con le comunità, non solo per le comunità

Siamo a Porta Palazzo, un quartiere brulicante di culture ed etnie, la città mercato all’interno di una città più grande, Torino. Qui si incontra la comunità che si attiva, che trova la sua forza e la sua identità nel luogo in cui abita, che si riscopre nei saperi e dentro narrazioni condivise, raccolta in una geografia comune.
È così che nasce lo Spaccio di Cultura – Portineria di comunità – presso l’ex edicola-chiosco di Porta Palazzo –, un progetto ideato da Rete Italiana di Cultura Popolare che fa parte dei quindici progetti di innovazione sociale sostenuti dalla Città di Torino, cofinanziati dall’Unione EuropeaFondi Strutturali di Investimento Europei – Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020; in partenariato con Ufficio Pastorale Migranti e Nessuno è straniero.

Reinventare le comunità

Ma soffermiamoci a conoscere meglio la Rete Italiana di Cultura Popolare, un’associazione di promozione sociale che ha sviluppato sul campo progetti capaci di ascoltare e di affiancare le comunità locali, a partire dallo studio dei riti e delle feste tradizionali, al modo in cui si costruiscono sentimenti di appartenenza o viceversa di estraneità, alle condizioni e risorse di integrazione e inclusione. Un laboratorio composto da enti, associazioni, scuole, gruppi e singoli cittadini che partecipano all’ideazione e (re)invenzione di nuove forme di comunità, partendo dai bisogni che emergono dalle narrazioni di chi abita i territori.
Un lavoro lungo ed importante, un impegno sui territori che comincia dalla consapevolezza. Come ci racconta il direttore della Rete Italiana di Cultura Popolare, Antonio Damasco: «Ogni volta che siamo chiamati ad un intervento mettiamo in campo un’azione di attivazione, che significa prima di tutto aprire un confronto con tutte le forze della comunità per capire quali sono le competenze, indagando tra Terzo settore, abitanti, scuole e tessuto produttivo, che ci raccontano quali sono le necessità. È un’azione che realizziamo attraverso un preciso strumento, il Portale dei Saperi, cuore pulsante della Portineria di Comunità, e prima di iniziare con la progettualità, restiamo su un tema anche più di un anno. A volte il Portale – anche grazie a delle parole chiave generative – ci indica una necessità e partono dei dispositivi, calati nella realtà in cui si va ad intervenire. Nel caso specifico di Porta Palazzo ci è sembrato opportuno creare un luogo che potesse essere riconoscibile e diventasse un presidio culturale, capace di tenere dentro la capacità di aggregazione degli abitanti e di portare avanti il processo di co-progettazione».

Studiare per poi agire

Dal 9 luglio – data di apertura della Portineria di Comunità – le persone che si ritrovano a ragionare sui bisogni e i desideri del quartiere sono diventate centoventi e si incontrano ogni lunedì, prima in assemblee fisiche, adesso in modalità online, vista la pandemia che attraversiamo: si studiano i servizi, si mettono in campo azioni. Ed è questa l’esigenza a cui la Rete ha risposto: «La Portineria non l’abbiamo aperta noi, l’ha aperta interamente la comunità di prossimità con cui abbiamo lavorato. Non sempre il Portale dei Saperi ci suggerisce questa come soluzione, ci sono luoghi in cui le necessità sono differenti e noi le seguiamo, perché indicano la strada di una vera riattivazione».

L’anima della Portineria sono le persone

L’anima della Portineria sono le persone che quotidianamente la utilizzano come strumento. «Durante il lockdown – nei mesi da marzo a maggio – siamo stati al fianco di tutte quelle scuole che stavano perdendo i loro allievi, parliamo di Istituti Professionali e Tecnici che vivono le criticità della dispersione scolastica. Insieme ne abbiamo mappati oltre un centinaio, abbiamo fatto un patto di solidarietà tra la Portineria e le scuole, loro ci hanno messo in contatto con gli studenti: circa settanta hanno ricominciato a seguire la Didattica a Distanza, li abbiamo aiutati online con le lezioni per recuperare le materie in cui erano rimasti indietro e allo stesso tempo abbiamo fatto nascere con loro una web radio e una redazione. Quando la Portineria ha riaperto, li abbiamo incontrati dal vivo, ci siamo guardati e riconosciuti e oggi questi ragazzi sono dei co-progettatori».

Un punto di riferimento per tutto il quartiere

Torino – e tutta la Regione Piemonte – si trova in zona rossa e l’Edicola di Porta Palazzo è stata nuovamente costretta ad abbassare le serrande del suo spazio fisico: «Fin da subito, viste le limitazioni che ci preparavamo ad affrontare, tutti i commercianti che sono abitanti della Portineria – lo si diventa con una tessera annuale che ha un costo di dieci euro – si sono attivati. I nostri portinai consegnano la posta, la Portineria fa anche da punto di raccolta per pacchi e lettere, abbiamo fatto nascere un GASP – Gruppo di Acquisto Solidale della Portineria – in cui si può ricevere tutto a casa, comprato nei negozi del vicinato, c’è una lista degli artigiani di fiducia, stiamo per lanciare anche il servizio Libri e Biblioteche con consegna a domicilio. Possiamo dire che col tempo è diventata un riferimento per tutto il quartiere».

Ora è  percepito come fondamentale per la città

Porta Palazzo è il mercato dell’emigrazione per eccellenza. Ha accolto il padre del Direttore Antonio Damasco, prima di lui. Ci arrivavano i piemontesi che dalle montagne e dalle campagne raggiungevano la città, ci sono arrivati i meridionali e ora ci arrivano persone da ogni parte del mondo: «È il termometro della città. Se qualcuno vuole comprendere il tessuto socio economico di Torino e fare una fotografia della realtà, deve passare da qui, attraversare i banchi, ascoltare le lingue e può intuire cosa accade. È un luogo che è stato interessato, negli anni, da azioni di rigenerazione urbana, di edilizia sia pubblica che privata. Ora è nuovamente percepito come fondamentale per la città, con il grande Mercato Centrale, il Co-Housing, la stessa Portineria. È sempre stato un po’ al limite, come tutte le zone di passaggio, come ogni zona franca di una città, ora sta cambiando dimensione e non sempre in un senso positivo. Le povertà si spostano, gli spazi cambiano e la Portineria sta proprio nel mezzo di questo contesto. Il nostro è un lavoro che mescola profit e no-profit, il Portale dei Saperi ci aiuta a costruire il quadro delle competenze delle fragilità e ad offrire servizi, in una sorta di mutuo aiuto tra chi ha tempo e chi ha economie, questo genera un modo diverso di guardare alle persone. Si crea fiducia, dignità, ruoli riconosciuti, micro-economie, tutto è in relazione».

Verso una rete di portinerie?

Un tempo complesso quello in cui ci muoviamo, eppure la Rete Italiana di Cultura Popolare guarda avanti, con la forza dei grandi sogni: «Siamo un soggetto riconosciuto a livello nazionale e internazionale per la capacità di studiare e poi praticare modelli di attivazione di comunità. Pensando al futuro, stiamo valutando di esportare il dispositivo del Portale dei Saperi oltre l’Italia, verso l’Olanda, la Germania, la Spagna. E tentiamo di capire – in questo momento di sospensione – come si potrebbe far partire una rete di portinerie che tenga in considerazione questo processo, quindi non semplicemente l’apertura di uno spazio vuoto, ma l’adozione di un software come il nostro Portale che sia in grado di ragionare con le comunità e non per le comunità».