Il Tar Sicilia, adito per una controversia in materia di elezioni accademiche, esclude che sia reclamabile in giudizio la legalità dell’azione amministrativa intesa quale Bene comune

Il Tar Sicilia, sezione staccata Catania, sez. I, con la sentenza del 2 marzo 2020, n. 526, chiarisce che posizioni e interessi indifferenziati non valgono a radicare le condizioni oggettive per l’azione giudiziale.

Origine della controversia e motivi del ricorso

La sentenza in commento scaturisce dal ricorso proposto innanzi al Tar Sicilia da due docenti dell’Università di Catania per veder dichiarata la nullità o, in subordine, l’annullamento degli atti, sia prodromici, sia successivi per illegittimità derivata, allo svolgimento delle elezioni del rettore dell’ateneo siciliano. Queste erano avvenute, in punto di fatto, a seguito delle dimissioni del precedente rettore, a loro volta intervenute a seguito della destinazione nei confronti dello stesso di misure cautelari interdittive della pubblica funzione nell’ambito di un’indagine penale. Le doglianze dei ricorrenti si addensano principalmente intorno alla presunta violazione dell’art. 33 della Costituzione e dell’autonomia da esso garantita alle Università; tale violazione sarebbe integrata, nel caso di specie, con l’illegittima applicazione di un regime transitorio gestito dal professore decano dell’ateneo, finalizzato a dare compiutezza alle elezioni interne e al rinnovamento dei vertici accademici.

La questione pregiudiziale risolve il tema della decisione

Il Collegio, conformandosi a quanto stabilito dai principi che governano il processo amministrativo (in particolare, dal sistema dell’art. 76, c. 4, c.p.a. e dell’art. 276, c. 2, c.p.c.), prima di esaminare il merito della domanda, è tenuto a verificare anzitutto le questioni pregiudiziali attinenti alla legittimazione ad agire e all’interesse a ricorrere in capo alle parti ricorrenti. Proprio nel ravvisare la carenza degli stessi nel caso di specie, il giudice amministrativo non si sottrae a una rilevante motivazione, con cui chiarisce efficacemente i contorni della reclamabilità in sede giudiziale dell’interesse alla legalità dell’azione amministrativa. Il difetto di legittimazione processuale è rilevato, in particolare, in riferimento alla mancanza di una posizione giuridica differenziata in capo ai due docenti ricorrenti, mentre la carenza di interesse a ricorrere è individuata sulla scorta della mancanza di attualità e concretezza di un pregiudizio per la loro sfera giuridica.

I confini della legittimazione ad agire per la validità delle operazioni di voto

Il giudice amministrativo chiarisce che la legittimazione processuale «consiste nella titolarità di una situazione giuridica tutelata dall’ordinamento, vale a dire la posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal ‘quisque de populo’», con la conseguenza che «non è possibile adire il giudice amministrativo al solo fine di ristabilire la generica legalità dell’azione amministrativa, necessitando, per l’appunto, la titolarità di una posizione differenziata»; nel caso odierno, invero, il reclamo alla mera regolarità delle operazioni elettorali non vale a radicare la legittimazione ad agire in capo ai ricorrenti.

L’interesse “adespota” alla validità delle elezioni accademiche

Nel percorso motivazionale, il Collegio fa chiarezza sulla natura dell’interesse a ricorrere in giudizio: questo «sussiste laddove vi sia una lesione della posizione giuridica del soggetto, ovvero se sia individuabile una concreta utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento». Nel caso di specie, la contestazione di un interesse a valide elezioni «costituisce un interesse indifferenziato, che in nulla differisce dal generico e indistinto interesse alla legalità dell’azione amministrativa, non azionabile né uti singulus, né, in tesi, dall’ente esponenziale». Spiega ancora il giudice amministrativo che «laddove, come nel caso, la contestazione non investa il diritto di voto (…) ma l’interesse alla legittimità della procedura e dei risultati connessi, non è configurabile in capo ai docenti/elettori, in quanto tali, una posizione differenziata rispetto alla generalità dei consociati, portatori dell’aspirazione alla corretta applicazione della funzione amministrativa deputata alla tutela di interessi pubblici, della legalità amministrativa e del bene comune».

Il ragionamento a sostegno del giudizio

Nonostante con la pronuncia in commento il Tar Sicilia non verifichi il merito della questione, fermando i limiti del proprio esame alle questioni pregiudiziali, questo dà modo allo stesso di esplicare le caratteristiche dell’ordinamento in tema di sindacabilità degli interessi indifferenziati in sede giudiziale. Pur limitata alla materia delle elezioni accademiche, la sentenza afferma infatti che gli interessi meritevoli di tutela in sede di giustizia amministrativa siano solo quelli caratterizzati dagli elementi tipici dell’interesse a ricorrere: devono essere cioè personali, differenziati e attuali. Non è ammissibile, quindi, la tutela giudiziale della legalità amministrativa ove sia intesa come Bene comune. La tesi del giudice amministrativo, se da un lato conferma gli orientamenti tradizionali in tema di interessi tutelabili, assegnando centralità al requisito soggettivo dell’azione processuale, d’altro lato trascura i più recenti approdi della stessa giurisprudenza, i quali hanno invece arricchito di oggettività l’interesse alla legalità amministrativa intesa come Bene comune (specie in materia ambientale), ritenendolo ammissibile laddove sia dimostrata l’essenzialità del ricorso in ordine alla sua tutela. In conclusione, la sentenza conferma il difficile percorso di emersione della lettura oggettiva di tali interessi nella giurisprudenza amministrativa.

Foto di copertina: Camille Minouflet su Unsplash