Dieci punti da cui iniziare a ragionare sulle nostre vite al tempo della pandemia

Tra la nuova politica e tanti vissuti si può intravedere una relazione anche più stretta di quella che potremmo immaginare, intendendo per nuova politica l’arte di prendersi cura dei beni comuni. Che c’è di nuovo? Alcuni sono i punti di rottura con il passato novecentesco, resi ancor più evidenti dallo stacco prima e dopo il 2020: un primo decalogo provvisorio sarà l’oggetto di questa riflessione.

Curando l’ultimo Rapporto Labsus mi sono accorta che alla base di questa nuova politica stanno le vite di alcune persone. Si potrebbe dire che nella storia dell’umanità è andata quasi sempre così, ma gli schiaffi della pandemia ci stanno in qualche modo svegliando. Occorre mettere insieme pezzi che troppo spesso abbiamo considerato come separati, a partire appunto da politica e vita. Sappiamo bene come, nella logica della delega, molte vite si siano nettamente staccate dalla politica. Perché devo prendermi cura io di uno spazio o di un servizio utile a tutti, quando il sistema in cui vivo è organizzato in modo che se ne occupi il pubblico, oppure il privato?

Da tempo l’amica e collega Alessandra Valastro – docente di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Perugia e conosciuta nel primo Direttivo di Labsus di cui ho fatto parte – mi parlava di uno dei suoi temi di ricerca del cuore: l’intreccio tra le storie del diritto e le storie di uomini e donne. Scriveva Alessandra nel settembre del 2019: «L’utilizzo del registro biografico e autobiografico consente di dare una forma alle grandi domande connesse alla sostenibilità del vivere e alla ricerca di dignità dell’esistenza, interrogando di fatto il ‘sistema’ circa l’adeguatezza delle sue politiche e delle sue regole». Pochi mesi dopo, la sostenibilità del vivere si è modificata in sostenibilità del sopravvivere, e la dignità dell’esistenza è diventata improvvisamente un problema per molte famiglie e individui per cui prima non lo era, in modi diversi ma ovunque nel mondo. Interrogare il sistema delle politiche attraverso l’analisi delle esperienze di vita, tra l’inverno 2020 e l’inverno 2021, ci è finalmente sembrato urgente.

Primo, un nuovo soggetto: la società della cura

Da tempo ragioniamo sul valore politico dei piccoli gesti quotidiani in questa chiave: intorno alle pratiche quotidiane di cura delle persone e dei beni comuni, scriveva all’inizio del 2018 Gregorio Arena, è possibile costruire un nuovo modello di vita nelle città e nei territori, addirittura un nuovo modello di società. Grazia Moschetti di Actionaid, una dei quaranta rispondenti alla nostra indagine, continua questa riflessione marcando l’effetto amplificatore della crisi sanitaria: «Come in ogni minaccia della ‘fine che sopraggiunge’ (il niente sarà come prima), leggo attorno a me una sopravvenuta urgenza di definire collettivamente un nuovo modello di società che possa metaforicamente salvarci».

Secondo, un nuovo oggetto: i beni comuni

Cito, fra tutti, il pensiero dell’attivista Elisabetta Salvatorelli: «Mai come in questo momento la cura dei beni comuni fa bene, consente la socializzazione, permette di sentirsi utili e insieme agli altri. Condividere con gli altri allevia l’angoscia dei tempi pandemici, fa sentire utili e aumenta la consapevolezza che possiamo salvarci solo insieme agli altri. Tante persone si sono avvicinate per la prima volta al volontariato e alla cura dei beni comuni, sarà una strada di non ritorno ne sono sicura».

Terzo, un nuovo metodo: l’Amministrazione condivisa

Francesco Casciano, intervistato in qualità di responsabile politico locale, scala il concetto fino al livello globale: «La pandemia ci restituisce un mondo che deve scegliere […] tra i ‘mali comuni’ o i ‘beni comuni’. Tocca a ciascuno di noi impegnarsi per costruire insieme nuovi significati in termini sociali, politici, demografici, economici e ambientali per l’Amministrazione condivisa del pianeta».

Quarto, un nuovo rapporto con il denaro: non più prioritario

«La pandemia sta facendo emergere tutte le storture, le inefficienze, i limiti che abbiamo messo in campo con un unico obiettivo: il profitto», afferma Alberto Tabellini, nel suo doppio ruolo di dirigente aziendale e volontario di associazioni, e continua: «Possiamo considerarla la vendetta del pianeta terra o il risultato inevitabile di un sistema economico, sociale e finanziario che è arrivato al collasso. Il nostro sistema sanitario tanto decantato ha mostrato i suoi limiti. La sanità pubblica è stata svuotata a favore di strutture private e il sistema sociale sta in piedi grazie alle associazioni di volontariato».  In questa prospettiva ricordiamo a tutti i nostri lettori che un faro storico è stato acceso nell’estate del 2020 dalla Corte Costituzionale: come ha scritto Fabio Giglioni, «cruciale è il cambiamento delle relazioni tra il pubblico ed il privato sociale che, nell’ambito dell’Amministrazione condivisa, possono essere alternative a quelle di mercato».

Quinto, una galleria di nuove periferie rimesse al centro

Se da sempre i commoners sono esploratori di risorse spaziali ed edilizie abbandonate, sotto-utilizzate, non considerate, molte sono le testimonianze che abbiamo raccolto rispetto non solo al guardare la città e il territorio in modo simile, ma anche in orari diversi rispetto a quelli che molti definiscono “la vita precedente”. Liramala Rakatobe Andriamaro, abitante di Perugia sofferente di asma in forma grave, ci dice: «[…] faccio la spesa solo durante la settimana negli orari dei pasti, quando c’è pochissima gente nei negozi. Faccio passeggiate scegliendo i luoghi meno frequentati». Molti rispondenti testimoniano dell’inizio di un loro impegno diretto a prendersi cura dei luoghi a loro più vicini, cercando di capire come cambiare la propria quotidianità. Aggiunge Marta Sansoni: «L’isolamento sociale e l’incertezza per la salute hanno fatto capire che le relazioni, se sono salde e coese, si mantengono anche se gestite a distanza, ma se devono essere coltivate e consolidate hanno bisogno anche di prossimità, di luoghi da abitare per far parte di una comunità».

Sesto, nuovi protagonisti: persone tradizionalmente escluse, sotto-stimate, invisibili

Scelgo, tra tutte, le parole di Pasquale Bonasora, responsabile della sezione “Patti” di Labsus, che in questo Rapporto, insieme a Chiara Salati, indaga in particolare i Patti di collaborazione stipulati in risposta alla pandemia: «Non ho mai creduto alla retorica del saremo migliori, così come non ho mai avuto dubbi sulla capacità di reazione di tante persone che hanno messo il loro tempo, le loro risorse, le loro competenze a disposizione degli altri […]. Questo, però, non basta a superare o nascondere i conflitti che attraversano il Paese e che, anzi, sono emersi con una forza ancora maggiore. Due su tutti. La distanza tra ricchi e poveri da un lato, la mancanza di attenzione alle giovani generazioni dall’altro».

Settimo, una nuova concezione insieme del tempo e della proprietà

Un bene, sia pubblico che privato, si può pattuire quando diventa comune. A questo proposito ricorre in particolare, nelle riflessioni dei nostri intervistati la problematizzazione del concetto di casa, come fa Margherita Pispola, di Babele Perugia, dice: «Mi ispiro a Danilo Dolci, il quale fece un lavoro estremamente più arduo di questo, nell’immaginare riunioni (anche da remoto, ormai siamo tutti più esperti) tra poche persone di una comunità che come formiche ricostruiscono la loro casa; un’abitazione intesa, ecologicamente, come il luogo in cui viviamo che non inizia dallo zerbino di casa, che non comprende solo il privato ma anche il pubblico. I momenti di pausa (come è stato il lockdown, come un’epochè) ci insegnano a guardare i dettagli, l’intelligenza ci invita a migliorarli e credo sia doveroso ascoltarla».

Ottavo, nuove regole: decise da chi si attiva per prendersi cura dei beni comuni

Di nuovo, questo è un tema distintivo della comunità internazionale delle persone attive nella cura dei beni comuni. Emanuela Saporito, attiva in Labsus, si chiede a proposito, anche in relazione al punto precedente: «Quali strumenti e quali regole possiamo darci per non farci male e non rinunciare alla nostra socialità? Ho trovato liberatorio riflettere sulla prossimità come dimensione in cui tornare a considerare il mondo come la mia casa. Ho capito che non sono disposta a schiacciare tutta l’esperienza o la maggior parte della mia esperienza di vita sulla scala della prossimità, che vedo invece come strumento di supporto e di allargamento delle reti».

Nono, nuove geometrie del potere: orizzontali

Cristina Leggio, assessora a Latina, sintetizza così in modo efficace un pensiero ricorrente tra i nostri intervistati: «Ho rafforzato la convinzione che al centro di politiche davvero capaci di potenziare la stabilità, l’equità e la resilienza dei territori ci debba essere l’impegno concreto nel reidratare il terreno della fiducia e della collaborazione tra istituzioni e cittadin@. Non avremmo potuto superare questi mesi così difficili senza il contributo di ciascuno e non possiamo pensare ad un futuro diverso se non facendo sistema e cedendo un po’ di potere individuale per fare spazio alla forza della collaborazione».

Decimo, nuove attitudini e comportamenti: alla pari

Per chi segue il dibattito sull’Amministrazione condivisa dei beni comuni anche questo è un leitmotiv. L’emergenza sanitaria porta a riflettere nello specifico su questo punto in relazione alla cogestione degli spazi e dei servizi. Ianira Vassallo, studiosa di urbanistica, si interroga: «Il bene comune può diventare un luogo, un obiettivo in cui si sperimenta vicinanza (di intenti, di progetti, di valore, di interessi)? Come si ridefiniscono i beni comuni senza la tangibilità dello spazio? Immagino che nei prossimi mesi si innescheranno nuove riflessioni e interessi verso i beni comuni immateriali fortemente legati al tema della solidarietà, il mutualismo, i diritti… Sarebbe davvero un’ottima occasione per ripensare un diverso modello di welfare progettato a livello paritario tra pubblico e privato, un welfare dinamico e flessibile nelle forme e negli intenti».

Per chiunque fosse interessato a raccontarci in che modo l’Amministrazione condivisa dei beni comuni si è intrecciata con la sua vita in questi ultimi mesi può farlo scrivendo a contatti@labsus.net.

Foto di copertina: Azione di messa a dimora di nuovi alberi presso il Piazzale Ferrara del quartiere Corvetto, a Milano, realizzata nell’ambito del progetto “Luoghicomuni” (credits:Stilema)