L'accesso civico generalizzato: per i giudici amministrativi una condizione indispensabile per facilitare il coinvolgimento dei cittadini nella cura della "cosa pubblica"

Con la sentenza del 13 ottobre 2020, n. 1948, il Tar Lombardia – Milano, sez. II, definisce i caratteri del nuovo e peculiare istituto dell’accesso civico generalizzato.

L’istanza di accesso agli atti

Due private cittadine, esponenti di un’associazione ambientalista, presentavano al Comune di Milano un’istanza di accesso civico ‘generalizzato’ agli atti riguardanti gli impianti di telecomunicazione operanti con frequenze 5G ubicati nel territorio comunale, al dichiarato scopo di acquisire dati utili alla verifica della compatibilità di detti impianti con la preminente esigenza di tutela della salute dei cittadini.
La ricorrente, nota società di telecomunicazione specializzata nelle connessioni a banda larga, interpellata dall’amministrazione comunale quale controinteressata, presentava opposizione alla divulgazione degli atti, che veniva accolta solo parzialmente. Ne seguiva l’impugnazione davanti al Tribunale Amministrativo della nota redatta dal Comune di Milano con cui si rispondeva all’opposizione verso le richieste di accesso civico generalizzato, allo scopo di accertare il carattere integralmente riservato e non accessibile dei dati e documenti relativi agli impianti di telecomunicazione della ricorrente e invocando l’annullamento, in parte qua, dell’atto impugnato.

Gli argomenti di parte ricorrente

In primo luogo, la ricorrente sosteneva la lesione del proprio interesse alla riservatezza che sarebbe stato violato dalla diffusione di documenti idonei a svelare know how tecnologici, strategie di investimento e segreti commerciali e a mettere in discussione la sicurezza degli impianti e delle reti e la conseguente continuità del servizio, visto il concreto rischio di atti di vandalismo nei confronti delle infrastrutture di telecomunicazione.
Inoltre, si asseriva la mancata sussistenza dei presupposti per l’esercizio di un “accesso civico”, erroneamente riconducendo la fattispecie all’istituto di cui al previgente art. 2 del d.lgs. n. 33 del 2013 o, in alternativa, all’accesso documentale previsto dalla legge generale sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241).

Cos’è l’accesso civico ‘generalizzato’?

Nella sentenza del Tar Lombardia, sez. II, del 13 ottobre 2020, n. 1948, richiamando una recente pronuncia del Cons. Stato, Sez. IV, 20 aprile 2020, n. 2496, si precisa con argomentazioni puntuali che l’accesso civico generalizzato costituisce una sorta di diritto di accesso di “terza generazione”, diverso tanto dall’accesso documentale di cui agli artt. 22 e seguenti della legge 241/1990 che dall’accesso civico ‘semplice’ di cui all’originaria formulazione del d.lgs. n. 33 del 2013.

I contorni dell’istituto: la loro ampiezza

La disciplina in materia prevede che l’accesso civico generalizzato non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, il quale non è tenuto a motivare l’istanza e deve limitarsi ad indicare i dati, le informazioni o i documenti che si intendono conoscere. Si tratta di una regola generale solo in parte temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla rivelazione generalizzata di talune informazioni.

E i limiti…

Possono esservi dei limiti “assoluti”, previsti dall’art. 5 bis, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013, e dei limiti “relativi”, secondo quanto indicato dai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis. Nel primo caso, i limiti operano in maniera preventiva e generalizzata, nel secondo invece è l’amministrazione che, grazie alla tecnica del bilanciamento, deve svolgere un’attività valutativa e verificare la probabilità e la serietà di un danno all’interesse pubblico o privato che può subire un pregiudizio concreto dall’accesso generalizzato…«con il risultato che l’interesse alla conoscenza dell’informazione, del dato o del documento non soccomberà rispetto al pregiudizio concreto di un interesse-limite, se ritenuto di minore impatto».
Cade, dunque, l’argomento relativo alla tutela dell’interesse alla riservatezza industriale e commerciale. I documenti in questione rientrano nell’ambito di operatività dell’accesso civico, poiché sono stati acquisiti ai fini dei procedimenti amministrativi che riguardano l’autorizzazione all’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, rientrando in quella sfera di attività amministrativa soggetta al controllo diffuso previsto dalla norma, per essere dati e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione, la quale se ne è servita per lo svolgimento delle sue funzioni.
In linea teorica, si presentano inammissibili le sole richieste meramente esplorative e cioè volte unicamente a scoprire di quali informazioni l’amministrazione disponga, mentre nella circostanza si trattava di richieste formulate in modo da consentire la chiara individuazione dei dati e dei documenti da ostendere.

L’importanza della motivazione del provvedimento

È invece accolta la censura relativa al difetto di istruttoria e di motivazione, sotto il profilo della “carente/incomprensibile composizione degli interessi coinvolti”, poiché non risulta essere stato dimostrato, nella motivazione del provvedimento, il vincolo di necessità e strumentalità dell’accesso alla cura e tutela di interessi meritevoli dell’istante a discapito di quelli della ricorrente. L’enunciazione di motivazioni adeguate che illustrino le ragioni per le quali, all’esito dell’istruttoria, si è ritenuto prevalente l’uno interesse rispetto all’altro è indispensabile e non può essere omessa neanche nel caso in cui l’opposizione del controinteressato sia stata in tutto o in parte respinta, perché consentono al terzo di comprendere il perché della scelta operata dall’amministrazione.

Il ruolo della posizione legittimante del richiedente

Sempre in relazione alle motivazioni del provvedimento, il tribunale fornisce chiare indicazioni all’amministrazione decidente, ricordando che la legge richiede un’attività valutativa da effettuare con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altri interessi considerati meritevoli di protezione dall’ordinamento, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza. Il giudice aggiunge, inoltre, che non si debbano trascurare, quando si opera suddetto apprezzamento, anche le peculiarità della posizione legittimante del richiedente, ovvero il fatto che tale soggetto sia un’esponente del Terzo Settore, come nel caso in esame.

Accesso civico e cura dei Beni comuni

Ciò che più rileva di questa sentenza, ai nostri fini, è che il giudice amministrativo stabilisce la ratio del nuovo accesso civico proprio nel fatto che esso attiene alla cura dei Beni comuni a fini di interesse generale, consentendo a tutti i cittadini singoli o associati l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, in modo da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per facilitare il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”.
Per questo, il nuovo istituto si affianca, senza sovrapporsi, all’accesso qualificato previsto dalla legge generale sul procedimento, il quale opera in ragione di presupposti e limiti diversi che, in tutta evidenza, il legislatore ha voluto superare. Infatti, l’accesso civico generalizzato è dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale l’interesse individuale alla conoscenza è protetto in sé.

Foto di copertina: Dominic Wunderlich da Pixabay