La III Sezione del Consiglio di Stato, con richiamo alla recente Ad. Plen. n. 6 del 2020, chiarisce l’attualità del c.d. criterio del doppio binario di accertamento in riferimento alla legittimazione ad agire in giudizio da parte dei soggetti associativi

La sentenza del Consiglio di Stato, n. 7850 del 2020, origina con ricorso della Associazione “Prima Gli Ultimi”, statutariamente finalizzata alla tutela degli interessi, anche di natura processuale, delle persone disabili, avverso il Comune di Parma. Questo, con regolamento n. 72 del 2018, nel definire «le modalità di sostegno economico ai ‘progetti di vita’ in favore delle persone con disabilità residenti nel Distretto», aveva infatti incluso criteri economici aggiuntivi rispetto all’indicatore ISEE per il calcolo della compartecipazione degli utenti ai costi relativi agli interventi. Il TAR Emilia Romagna rigettava il ricorso con motivazione in rito, adducendo la carenza di legittimazione processuale in capo al soggetto associativo ricorrente, il quale avrebbe difettato del requisito della rappresentatività e di un interesse generale, attuale e concreto.

L’orientamento del Consiglio di Stato: il richiamo alla Adunanza Plenaria n. 6 del 2020

Diversamente dal giudice di primo grado, con la pronuncia in esame il Collegio ritiene invece sussistente la legittimazione attiva in capo all’associazione ricorrente e ne individua espressamente i presupposti, richiamandosi alla recente Ad. Plen. n. 6 del 2020qui già commentata -, la quale «ha rilevato l’attualità dell’orientamento giurisprudenziale del c.d. criterio del doppio binario di accertamento, secondo il quale gli enti collettivi e in primo luogo le associazioni, ove presentino determinati requisiti da accertare caso per caso (effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità e, in talune circostanze, anche collegamento con il territorio), sono legittimati all’impugnazione a tutela di interessi collettivi, a prescindere da una specifica disposizione legislativa». Il giudice amministrativo avverte inoltre, significativamente, che «l’emersione positiva dell’esigenza di protezione giuridica di interessi diffusi è in linea con il ruolo che l’art. 2 Cost. assegna alle formazioni sociali, oltre che con la più evoluta impostazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost.». In senso dirimente, quindi, il Collegio conclude che «la legittimazione attiva si ricava […] in via generale, dal possesso dei requisiti a tal fine individuati dalla giurisprudenza».

Natura e caratteristiche dell’interesse collettivo tutelabile in giudizio

Il Collegio motiva la sussistenza della legittimazione processuale delle associazioni per la tutela di interessi collettivi chiarendo proprio le caratteristiche dell’interesse collettivo: in particolare, «la natura collettiva dell’interesse è connotata dal fatto che un interesse originariamente diffuso, quindi adespota, che attiene a beni a fruizione collettiva, si ‘personalizza’ in capo a un ente esponenziale, munito di dati caratteri (stabilità, continuità, rappresentatività) e diviene per tale via un interesse legittimo proprio dell’ente»; argomenta, inoltre, il giudice amministrativo che «d’altra parte, sarebbe in contraddizione con lo spirito che ha animato l’art. 5 della legge delega n. 106/2016 e il D.lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo settore) sulle attività di volontariato e di promozione sociale, consentire, per un verso, lo svolgimento di attività anche d’impresa per finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale, in attuazione dei richiamati principi costituzionali, e per altro verso, non ritenere che le associazioni così costituite possano accedere alla tutela giurisdizionale in quanto titolari di interessi collettivi».

La fondatezza della questione nel merito

Il ragionamento del Collegio, che ritiene sussistente la legittimazione attiva dell’associazione ricorrente, fa conseguire il vaglio del merito della questione; anche qui viene riconosciuta la fondatezza dei motivi di ricorso e l’illegittimità del regolamento impugnato: si afferma, in particolare, l’applicazione del «principio, desumibile dalla giurisprudenza della Sezione, secondo cui non può essere riconosciuta ai Comuni una potestà di deroga alla legislazione statale e regionale nell’adozione del regolamento comunale che disciplina l’accesso alle prestazioni sociali agevolate, e precisamente, in violazione della disciplina statale dettata con DPCM 5.12.2013, regolamento concernente le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE».

Rilevanza della pronuncia per un orientamento uniforme della giurisprudenza

Si ritiene, conclusivamente, che il preciso ed espresso richiamo da parte del Collegio ai principi evocati nell’Adunanza Plenaria n. 6 del 2020 costituisca, oltre che la soluzione della questione, altresì un monito per la giustizia amministrativa, affinché si uniformi all’orientamento generale che individua appunto nel c.d. criterio del doppio binario il canone per la verifica in concreto dei requisiti necessari per la sussistenza della legittimazione processuale di associazioni che tutelano interessi collettivi; il rischio è, invero, quello del mancato ingresso in giudizio di questioni inerenti a tali interessi e risultanti fondate nel merito, a discapito della giustizia del caso concreto e a detrimento dei principi di solidarietà e sussidiarietà sanciti dagli artt. 2 e 118 della Costituzione.

Foto di copertina: “Mano di Cicerone”, dettaglio di un palazzo in via dei Cerchi, a Roma (Credits:Arianna Gravina Tonna)