Il patto “Meano Bella” è il riconoscimento dell’attività di un gruppo di persone che da sempre vive nel sobborgo di Meano, frazione del comune di Trento, e che negli anni ha sentito sempre più il bisogno di instaurare un diverso dialogo con la pubblica amministrazione in risposta al desiderio di prendersi cura del territorio che abita.
Un percorso comune
A raccontare questo Patto sono Francesca Debiasi, referente per i Beni comuni di Trento, e Paola Betta, pattista e socia della pro loco Ca’ Comuna del meanese. Nelle loro parole si percepiscono punti di contatto con altri patti stipulati in Italia: gli abitanti che dal segnalare situazioni di degrado all’amministrazione desiderano essere parte attiva del miglioramento dei luoghi vissuti nel quotidiano; l’amministrazione che riconosce il valore della cura e del presidio territoriale che questo può significare; un primo momento di incontro tra le parti che evidenzia la complessità dell’agire insieme, i tempi asincroni e la ricchezza che scaturisce dalla diversità. Diversità legata al ruolo, alla percezione, all’adempienza burocratica, al fare e saper fare che poi si amalgama con il coinvolgimento, la partecipazione.
Alle sue radici
Paola Betta è una donna molto attiva, fa parte e opera all’interno di alcune organizzazioni del territorio – tra cui la pro loco – e dopo aver partecipato alla consueta iniziativa “Puliamo il mondo“, insieme ad un gruppo di amici, sente la necessità di andare oltre il fare un resoconto della situazione trasandata in cui versa il borgo e prende a fare una lista – come fosse quella della spesa – in cui sono raccolte azioni da mettere in pratica per abbellire e curare Meano, da poter portare avanti in autonomia, come gruppo.
«La spinta», racconta Paola, «trae forza dalla convinzione che vivere in un luogo bello porti benessere nella vita di ognuno». Presto il gruppo si rende conto che dar vita ad attività in modo autonomo – ad esempio, raccogliendo firme per acquistare un albero da posizionare di fronte alla chiesa per ricreare un punto di incontro, di cura, della comunità –, non è la modalità che porta a soddisfare le loro aspettative, a rispondere coerentemente ai loro desideri. Attorno a quell’albero loro desiderano posizionare anche delle panchine, intorno a quell’albero loro desiderano raccogliere una comunità che cura e si prende cura.
Le possibilità del partenariato pubblico-privato
Il gruppo di abitanti conosce la possibilità di portare avanti azioni per la cura del territorio con la formula del partenariato pubblico-privato e inizia così a raccogliere informazioni fino a scoprire l’esistenza, all’interno del comune di Trento, dell’ufficio dei Beni comuni. Inizia così il dialogo tra le parti. Nel corso della co-progettazione, sia della proposta che del Patto stesso, la complessità da affrontare è stata da un lato valorizzare le risorse attivate e dall’altro far sì che le attività di presa in carico degli spazi, degli oggetti o dei luoghi pubblici che contraddistinguono il paese, proposte al fine di costruire un senso civico profondo e radicato nella comunità, fossero sostenibili nel tempo. Questo senso di concretezza che ha voluto ponderare, moderare, il carico di impegno dei cittadini proponenti al fine di «curare», dice Francesca, «il loro entusiasmo nel tempo ha portato alla stipula di un Patto della durata di due anni che prevede attività dalle finalità molto importanti» inerenti non solo l’abbellimento di aree verdi, la cura di fontane e giochi pubblici, ma la promozione di una maggiore conoscenza e riflessione sui beni comuni, sulla necessità di una loro tutela e di una loro cura e rigenerazione e il favorire il coinvolgimento di ulteriori soggetti e realtà locali al fine di costruire una rete per il raggiungimento di un obiettivo condiviso di bene comune.
Le scelte possibili
Per la sottoscrizione del Patto il gruppo di cittadini sceglie di appoggiarsi ed entrare a far parte della Pro loco – Paola ci dice che ha dato loro un senso di maggiore sicurezza visto il radicamento di questo ente sul territorio e la disponibilità periodica a sostenere gli abitanti in «questioni burocratiche di vario tipo». Le attività sono iniziate ancor prima della stipula del Patto, che ha necessitato di un lungo periodo di incubazione, co-progettazione, viste le priorità emerse con l’emergenza sanitaria, sempre in accordo con l’amministrazione e restituendone periodicamente un resoconto. Nel tempo sempre più persone si sono unite al gruppo, principalmente grazie alle reti relazionali dei suoi componenti.
Le relazioni qualificanti
Adesso, dopo un anno di collaborazione, quello che più preme alle parti è sensibilizzare la comunità e coinvolgerla maggiormente, fino a fare – nel vero senso del termine – comunità. Qui il dialogo delle parti, il loro confronto e sostegno, diviene ancora più essenziale: il gruppo di cittadini è portatore di una conoscenza indispensabile del territorio senza però avere la praticità del come ingaggiare altre persone; l’amministrazione ha le competenze – visto il suo impegno a operare e sperimentarsi sull’Amministrazione condivisa dei beni comuni da circa 5 anni – per guidarli e coordinare questo cambiamento; la pro loco è spazio di partecipazione e anello di congiunzione. Serve adesso, che è possibile tornare ad incontrarsi di persona, trovare soluzioni creative, complementari a quelle già messe in atto (la distribuzione di locandine, la creazione di momenti di divulgazione eccetera), per informare la cittadinanza e rendere sia maggiormente visibili le azioni di cura che identificabile il gruppo di cittadini attivi, così da creare spazio ad ulteriori idee, proposte, persone e soprattutto competenze – individuando anche “spazi” per il coinvolgimento e la valorizzazione dei giovani – al fine di fare comunità.
Foto di copertina: Attività di cura svolte nell’ambito del patto “Meano Bella” (credits:Paola Betta)