Verso la settima legislatura del Parlamento europeo.

La democrazia partecipativa è oggi destinata a convivere con la democrazia rappresentativa, integrandola e rigenerandola, senza sostituirsi ad essa

La necessità di affrontare la crisi economica globale e le difficoltà incontrate dal processo di ratifica del Trattato di Lisbona sono i due temi che hanno costituito il filo conduttore delle relazioni introduttive. La crisi infatti comporta il ripensamento di un modello economico e al tempo stesso di un modello di società individualisticamente vissuta e rappresenta pertanto una grande occasione per la diffusione dei valori espressi dalla società civile.

Verhofstadt, Lisbona un passo indietro
Il Trattato di Lisbona, come sottolineato dal Ministro Guy Verhofstadt, malgrado costituisca un passo indietro rispetto alle aspirazioni contenute nella Carta costituzionale, mette a disposizione una serie di strumenti per il rafforzamento della democrazia partecipativa primo fra tutti quello dell’iniziativa popolare che consente a un milione di cittadini provenienti da un numero significativo di Stati membri di invitare la Commissione a presentare una proposta su questioni che reputano importanti. Tale procedura non intacca però il potere esclusivo di iniziativa legislativa attribuito alla Commissione, la quale non ha alcun obbligo di recepimento della richiesta.

Botopoulos, rivitalizziamo il referendum

La ratifica del Trattato di Lisbona ha anche offerto l’occasione per affrontare il tema dei referendum popolari, ritenuti da molti lo strumento principale di partecipazione dei cittadini e da altri superato nei fatti da meccanismi partecipativi che vedono il diretto coinvolgimento dei cittadini nel processo legislativo sia al livello del Parlamento che della Commissione. In Europa inoltre i referendum popolari sono stati spesso utilizzati dai partiti nazionalisti per alimentare l’euroscetticismo e non per appoggiare il processo di integrazione. È quanto sostenuto dall’eurodeputato Costas Botopoulos, il quale ha anche posto la questione essenziale dell’individuazione di criteri volti a garantire la più ampia partecipazione dei cittadini comuni. Al momento infatti ad essere favorita è la cosiddetta “società civile di Bruxelles”, composta da gruppi istituzionalizzati e ben organizzati che tendono ad escludere i livelli inferiori.

Ginsborg, per una democrazia partecipativa efficace
Lo storico Paul Ginsborg ha evidenziato come sul piano teorico la democrazia partecipativa non vada confusa con la democrazia consultativa, attualmente praticata a Bruxelles. La democrazia partecipativa, versione rivisitata del modello ateniese della democrazia diretta, è oggi destinata a convivere con la democrazia rappresentativa, integrandola e rigenerandola, senza sostituirsi ad essa. Lo storico ha denunciato inoltre l’assenza nel Trattato di Lisbona di uno contributo definitorio, che era invece presente nella carta costituzionale. Infine ha proposto due criteri a partire dai quali valutare la democrazia partecipativa: 1) verificare se cerchie sempre più ampie di cittadini dialoghino con gli amministratori in una posizione di uguaglianza; 2) valutare se le prassi contribuiscano a mutare il comportamento dei politici. Il primo criterio deve condurre ad una crescita della società civile o meglio dei soggetti ammessi a partecipare; il secondo implica una trasformazione culturale della classe politica i cui effetti potrebbero giovare alla stessa democrazia rappresentativa. In entrambi i casi si tratta di appurare se la partecipazione dei cittadini riesca realmente ad incidere sui processi decisionali oppure si fermi al livello di mera consultazione di facciata.

I workshop paralleli
I lavori sono proseguiti in workshop paralleli i cui risultati sono stati presentati nel corso della tavola rotonda del sabato mattina. I gruppi di lavoro hanno affrontato diversi aspetti inerenti le modalità di applicazione della democrazia partecipativa a livello comunitario, dal bilancio partecipativo europeo alla trasparenza e al diritto di associazione, dai diritti collettivi al tema della cittadinanza europea. I workshop si sono avvalsi del contributo di autorevoli studiosi del tema, di rappresentanti delle istituzioni e di numerosi esponenti della società civile italiana ed europea. Nei lavori dei gruppi non sono mancate le voci che hanno evidenziato i limiti e le difficoltà che la democrazia partecipativa incontra a livello europeo. Malgrado ciò, come evidenziato da Giovanni Moro, l’Ue è l’unica istituzione che ha assunto l’attivismo civico come parte essenziale del suo sistema di governance. Interessante da questo punto di vista, è la proposta avanzata da Moro di introduzione nei trattati europei del principio di sussidiarietà orizzontale o circolare, così come previsto dall’art. 118 della Costituzione italiana.

Un’occasione importante
Il Forum di Firenze ha rappresentato un’occasione importante per ribadire come la partecipazione della società civile ai processi decisionali attraversi diversi temi in rapporto ai quali può fornire un contributo innovativo. Il capitale sociale che la società civile rappresenta può costituire infatti una nuova forza per la democrazia, ormai alla ricerca di canali di legittimazione alternativi o integrativi rispetto alla legittimità elettorale.