Quando la cittadinanza attiva va oltre i confini nazionali

Lucia B.: come sei venuta a conoscenza del Servizio civile internazionale?

Nathalie A.: attraverso un’amica, che mi ha parlato della possibilità di fare del volontariato all’estero, e cercando su internet ho conosciuto questo servizio offerto dallo Stato.

L.B.: hai avuto difficoltà nel trovare le informazioni necessarie?

N.A.: no, assolutamente. Il sito del servizio civile italiano (www.serviziocivile.it) è fatto molto bene!

L.B.: e dopo quel click, come hai iniziato la tua avventura? Mi spiego meglio: cosa hai dovuto fare? Seguire un procedimento particolare, hai avuto un aiuto dalle istituzioni o altri enti?

N.A.: dunque, sono entrata nell’area del Servizio civile internazionale ed ho dato un’occhiata alle Ong che operano all’estero, in tutto il mondo! La mia attenzione si è focalizzata su Aspem, un’Ong che lavora in Perù, perché io avevo proprio intenzione di andare a Lima! Quindi, una volta decisa l’istituzione presso la quale si voleva fare domanda di partecipazione ho inviato, secondo il regolamento, il mio curriculum in spagnolo ed italiano. L’Ong mi ha contattata per e-mail, informandomi che i colloqui sarebbero iniziati a settembre…tutti coloro i quali inviano propri curricula vengono chiamati… indubbiamente bisogna avere delle caratteristiche, che sono ben illustrate nel sito dell’istituzione.

L.B.: quindi sei stata a Lima, e precisamente in che periodo?

N.A.: dalla fine dell’ottobre 27 all’inizio di settembre 28…

L.B.: ed una volta sbrigate tutte le procedure, che tipo di rapporti hanno mantenuto Italia e Perù? Hai avuto problemi burocratici o cose del genere? Il ministero cui facevi riferimento ha svolto il proprio lavoro in maniera soddisfacente?

N.A.: dunque, sebbene fosse il Ministero della solidarietà sociale fin dall’inizio ad occuparsi dell’organizzazione del servizio, è stata poi Aspem, Ong italiana che ha una sede anche a Lima, a risolvere i problemi che sono sorti una volta lì! Ricordo perfettamente che ci sono state delle difficoltà. Ad esempio, una volta in loco c’è stato più di un caso in cui una persona non si trovava bene nello svolgere il lavoro per cui era stata selezionata, benché prima di partire ci erano state fornite tutta una serie di informazioni relative alle mansioni che avremmo dovuto svolgere… insomma, per risolvere complicazioni di questo tipo ci sono state indubbiamente delle difficoltà, perché a volte è venuta meno la comunicazione tra Aspem Italia e Aspem Perù…ma nulla di irrisolvibile! Il ministero è sempre un organo “esterno”, si spera che lavori bene e che tenti di fare quel che può, dettando le regole, ma è chiaro che poi l’interpretazione di queste e tutto il contesto è affidato alla tua Ong di riferimento.

L.B.: lì a Lima, che lavoro svolgevi?

N.A.: dunque, io ho iniziato lavorando per il Manthoc, che è un movimento di bambini lavoratori, presente in tutto il Perù. Il mio lavoro inizialmente consisteva nel fare un po’ di tutto all’interno dell’abitazione dove questi ragazzi venivano accolti! Si tratta di una casa aperta a tutti i bambini lavoratori, che offre aiuto scolastico, pranzo e giochi per il momento di svago…io aiutavo nelle pulizie, aiutavo i ragazzi a fare i compiti e li facevo giocare durante la ricreazione. Non è una scuola, è una “Casa di accoglienza”, che segue regole cattoliche, aperta dalle 9: alle 17:, per tutti quei bambini che non hanno la possibilità di svolgere i propri doveri scolastici. Comunque dopo questo progetto, ho iniziato anche a lavorare per un’altra Ong, Aprodeh, la quale si occupa di diritti umani ed è nata inizialmente per appoggiare le vittime del fujimorismo. Quest’ultima organizzazione ha seguito tutto il processo, ha propri avvocati che hanno seguito il caso accusando Fujimori (l’ex Presidente peruviano) in favore delle famiglie delle vittime. Ma non solo, si occupa anche di diritti della donna e della questione del “machismo” che è molto radicata in Perù.

L.B.: e tu hai vissuto in questa “Casa di accoglienza” per un anno?

N.A.: no, la Ong ha dei fondi del ministero, e con questi fondi deve fornire cibo e casa. Quindi, ogni Ong decide come investirli: in una famiglia o affittando delle case per i volontari. Aspem, ha optato per affittare due case a Lima, quindi i volontari che lavoravano lì sono stati divisi in due gruppi, e alloggiati in queste due case.

L.B.: e quanto guadagnavi mensilmente?

N.A.: circa 45 euro, non posso lamentarmi!

L.B.: bene, un anno fuori, una quotidianità differente…che risvolto c’è stato nella tua vita grazie a quest’esperienza?

N.A.: allora… è stata senz’altro un’esperienza indimenticabile! Vivere un anno da sola, in un paese diverso dal tuo, è sicuramente una cosa unica! Non ho avuto nessun tipo di problema nell’adattarmi, ho fatto presto amicizia. Sapevo già lo spagnolo, quindi non è stato un problema! Ripeterei l’esperienza se fosse possibile perché è parte di una crescita personale! Al di la del lavoro che svolgi, se lo fai bene o male, il cambiamento viene da dentro! Torni in Italia diversa: con altre idee, nuove o semplicemente diverse, conoscendo un’altra cultura capisci molte cose della tua, e vedi le differenze, e qui ci vuole un lavoro di autocritica, perché il primo impatto fa spesso giudicare senza conoscere, ed il bello è conoscere per poi poter giudicare! Quindi bisogna stare attenti a non arrivare in quei paesi del Sud America con la volontà di importare le “idee dell’europeo sviluppato”, che è quello che è stato fatto durante il colonialismo! L’idea di un volontario del servizio civile è quella di apportare qualcosa alla gente con cui lavori, senza dubbio, ma anche, e forse sopratutto, riportare qualcosa di quello che hai imparato a casa, in Italia.

L.B.: e tu credi che i giovani cittadini possano quindi contribuire grazie a quest’esperienza al miglioramento di talune realtà ove lo Stato non è sempre presente e quindi non adempie a quei doveri di cui si fa portatore?

N.A.: se il lavoro dell’Ong è continuo, e non sporadico, il contributo alla piccola comunità con la quale lavori è molto utile, pur non sostituendo lo Stato… ad esempio, ad agosto c’è stato un terremoto a Chincha, una località non lontana da Lima, e molte Ong hanno inviato volontari per costruire case. Dopodiché sono sparite. Io credo che questo tipo di aiuto non sia utile alla società perché la prossima volta che accadrà un avvenimento simile, la popolazione sarà incapace di rimediare ai danni causati dalle calamità naturali. Al contrario Aspem, cosi come altre organizzazioni, ha preferito attuare una politica diversa: ha dato inizio ad una serie di corsi ad hoc nei quali i volontari possono insegnare come si costruisce una casa. Capisci la differenza?! È notevole! E i volontari, anche noi, siamo andati ad aiutare attivamente per la realizzazione di queste fabbricati con i cittadini del posto! È una politica di Aiuto che incentiva la conoscenza di alcune materie fondamentali per loro, quindi una politica a lungo termine.

Perciò, lo Stato non si può certo sostituire e la sua mancanza pesa, ma le Ong, quelle che lavorano bene, in certi casi possono dare un valido aiuto!

L.B.: è lecito quindi concludere che anche i singoli cittadini uniti, ovviamente in organizzazioni, possono contribuire allo sviluppo di talune realtà europee e non?

N.A.: a mio avviso, i cittadini, che ovviamente dipendono dallo Stato, si celano dietro ad esso ed è proprio a causa di questo concetto di ente sovraordinato che tendono a deresponsabilizzarsi e quindi a non voler svolgere alcun ruolo attivo nella società, giustificando i propri comportamenti o mancanze a causa di una serie di motivi che possono essere di natura politica o “laica”… ma questo non importa, perché il fulcro del problema è che non sono abituati a quest’idea di cittadinanza attiva o non credono che sia possibile o efficace. In Perù, da quel che ho potuto vedere, non c’è una idea di cittadinanza attiva cosa che, al contrario, ho riscontrato in Europa. Dunque, in certi paesi, ove non arriva lo Stato, è lecito il contributo di istituzioni esterne o meglio ancora di organizzazioni di varia natura, in cui i singoli, i singoli cittadini, e soprattutto i giovani, possano offrire il loro valido contributo alla collettività. E grazie al Servizio civile, io ho potuto farlo! E sono convinta che le persone debbano conoscere questa possibilità, perché è mediante l’informazione che noi tutti possiamo prendere cognizione di quanto e come mutare la realtà che ci circonda!