Per un uso responsabile di un bene comune

Piccoli gesti che risolvono grandi problemi
Con dodici miliardi di litri d’acqua imbottigliata consumati all’anno, l’Italia si colloca al primo posto in Europa e al terzo posto al mondo dopo Arabia Saudita e Messico. Questo dato comporta delle conseguenze sul piano ambientale che solo in parte sono bilanciate da un’effettiva maggiore qualità del prodotto.

Acqua di rubinetto? Sì grazie!

L’iniziativa è stata accompagnata dalla presentazione di uno studio condotto sulla qualità dell’acqua del rubinetto che evidenzia come questa si contraddistingua per quattro peculiarità: è sicura, economica, comoda e rispettosa dell’ambiente.
Il giudizio di idoneità dell’acqua destinata al consumo umano spetta alle Asl, mentre l’Arpa (Agenzia regionale per la prevenzione e l’ambiente) effettua il monitoraggio sulla risorsa idrica naturale presente sul territorio attraverso il rilevamento, la validazione e la trasmissione dei dati sullo stato di qualità delle acque, al sistema informativo ambientale regionale e nazionale.

Il decreto legislativo 31 del 2 febbraio 21 stabilisce sessantadue parametri di qualità chimica, fisica e batteriologica che l’acqua deve rispettare per essere considerata potabile.
I controlli si dividono in controlli di routine e controlli di verifica e la frequenza è di circa quattro controlli all’anno di routine e uno di verifica. Come termine di paragone, vale la pena sottolineare che la normativa inerente le acque minerali prevede un’analisi all’anno da parte dei soggetti titolari della concessione, che viene inviata al Ministero della Salute insieme ad un’autocertificazione relativa al mantenimento delle caratteristiche delle acque.
Dai dati Istat del 28 sui consumi degli italiani, risulta che una famiglia di tre componenti ha speso 19,69 euro mensili per i servizi idrici, a fronte di 486,8 euro per il settore trasporti. Il consumo d’acqua risulta pertanto incidere relativamente sulla spesa degli italiani.
Come evidenziato dal rapporto, l’impatto ambientale, in ogni fase del ciclo dell’acqua di rubinetto, è assolutamente ridotto. Non ha bisogno di imballaggi e si evita l’uso del petrolio per fabbricare le bottiglie di plastica. L’acqua poi arriva direttamente nelle nostre case senza percorrere un metro su strada, è quindi a tutti gli effetti un prodotto a “chilometri zero”. Inoltre, solo un terzo delle bottiglie di plastica utilizzate per l’acqua minerale viene raccolto in modo differenziato e destinato al riciclaggio.

L’acqua “trasparente”

Un dato importante evidenziato dal rapporto è quello inerente l’accesso ai dati riguardanti l’acqua potabile da parte dei cittadini. Al di là della serietà dei controlli effettuati, è importante infatti che essi siano aggiornati e resi accessibili sui siti Internet delle aziende responsabili. A tale scopo sono state varate una serie di iniziative volte a certificare la qualità dell’acqua del rubinetto, tra le quali la creazione della prima “carta d’identità dell’acqua” lanciata da Acea Spa.

Le case dell’acqua

Altre iniziative finalizzate al consumo responsabile dell’acqua del rubinetto sono la costruzione delle “case dell’acqua”. Nate da un progetto della Tasm Spa (Tutela ambientale sud milanese), società pubblica che realizza e gestisce gli impianti di depurazione delle acque civili e industriali del sud Milano e che, insieme ad altre società del settore, fa parte dell’Amiacque, società pubblica che gestisce il servizio idrico integrato, si sono poi diffuse in altre aree dell’Italia settentrionale.

Le “case dell’acqua” sono chioschi pubblici che consentono il prelievo di acqua “alla spina” refrigerata, liscia o gassata, realizzati dalle amministrazioni locali per introdurre una nuova coscienza civica nei confronti di un corretto consumo dell’acqua del rubinetto, nel tentativo di ridurre l’elevato impatto ambientale riconducibile all’uso di acque minerali. Le case dell’acqua sono con il tempo diventate un punto d’incontro per i cittadini, nonché un elemento d’arredo del paesaggio urbano che ricorda in parte il ruolo svolto dalle fontane nei secoli passati.

Imbrocchiamola!

Sulla scia della diffusione di un consumo responsabile dell’acqua si colloca l’iniziativa varata già da un paio di anni da Legambiente e Altroconsumo, volta a diffondere il consumo di acqua del rubinetto in ristoranti, pizzerie, bar e altri locali pubblici. Il recupero dell’abitudine di servire al tavolo l’acqua in brocche di vetro, diventa il segno di una ritrovata consapevolezza ambientale, ma anche di un nuovo senso civico nei confronti di un uso responsabile di un bene comune. L’iniziativa ha di recente varcato i confini dell’Italia per trovare un’eco entusiasta in Francia, paese che per altro fornisce un grande contributo alla produzione di acque minerali.

Soluzioni semplici per società complesse

La natura complessa delle questioni che investono oggi le società contemporanee, porta spesso a ritenere che tali questioni possano trovare una risposta adeguata solo attraverso l’elaborazione di modelli di gestione altrettanto complessi. In realtà, ciò non è sempre vero, specialmente se ad essere chiamati in causa sono una serie di comportamenti quotidiani. Un gesto apparentemente banale, quale scaricare una bottiglietta di acqua da uno dei tanti distributori collocati nella maggior parte dei luoghi pubblici, comporta a cascata una serie di conseguenze che coinvolgono la gestione dei rifiuti urbani, il risparmio energetico, i consumi dei cittadini, ecc. Spesso però, la soluzione di tali problemi non necessità di complessi modelli economici e tecnologici, quanto di piccoli cambiamenti comportamentali, che affondano le loro radici in un radicato modello culturale. Spegnere la luce, chiudere il rubinetto dell’acqua, bere ad una fontanella sono gesti altrettanto banali che contribuiscono alla risoluzione di grandi problemi e che sortiscono al tempo stesso l’effetto di rafforzare il senso civico di una comunità.