Conti pubblici e big society

Il ridimensionamento del servizio civile rappresenta un duro colpo alle prospettive della sussidiarietà  in Italia

Sono passati ormai dieci anni dall’istituzione del Servizio Civile Nazionale su base volontaria, aperto a cittadini italiani di entrambi i sessi. Lo stanziamento previsto dal Governo per il Fondo Nazionale del Servizio Civile per il triennio 211-213 prevede quasi 113 milioni a fronte dei 266 del 28, con un taglio quindi del 6%. “Questa linea – si legge nel Rapporto Sbilanciamoci 211 – si è avviata con il nuovo Governo Berlusconi e anno dopo anno procede verso la cancellazione del Servizio Civile Nazionale come opportunità per i giovani di crescere in capacità, competenze, consapevolezza, cittadinanza, trasformandolo, nella migliore delle ipotesi, in privilegio per pochi e piccolo cadeau per amministratori e associazioni compiacenti”.
Sono parole molto dure e molto chiare che stigmatizzano un arretramento delle politiche pubbliche rispetto alla promozione della cittadinanza attiva. Una vera e propria contraddizione, se si pensa ai proclami di molti uomini dell’attuale governo rispetto alla necessità di realizzare, anche in Italia, quella Big Society di cui tanto si discute in Gran Bretagna.

Il valore dell’istituto

E così, mentre in Europa si avviano le celebrazioni dell’Anno europeo del volontariato e della cittadinanza attiva e della cittadinanza attiva, il ridimensionamento del Servizio Civile rappresenta un duro colpo alle prospettive della sussidiarietà in Italia e manifesta un orientamento della politica italiana che va in direzione contraria rispetto a quella che potrebbe favorire una maturazione civile della società italiana. E dire che, in questi ultimi anni, l’istituto del Servizio Civile – che rappresenta l’ideale continuazione/evoluzione del servizio civile degli obiettori di coscienza – ha significato tantissimo. I numeri parlano chiaro: 254.869 sono stati i giovani che hanno partecipato alla realizzazione dei 21.586 progetti ammessi a bando nel periodo 21-29. In pratica, in molti casi, il Servizio Civile ha costituito l’accesso all’unica opportunità che le istituzioni pubbliche hanno previsto per valorizzare l’impegno civico e la crescita personale dei giovani italiani.

Le contraddizioni della classe politica

Da una parte, dunque, nei dibattiti pubblici, la classe politica proclama, tanto e da anni, l’importanza della partecipazione civile dei cittadini come modo per far crescere il Paese, qualificare le trasformazioni sociali e economiche. Dall’altra parte, nelle concrete misure adottate, questo orientamento viene contraddetto e l’attività volontaria di migliaia di giovani per la tutela di importanti beni comuni è ridotto a voce di costo. Che è possibile tagliare.
Si dimentica tra l’altro, spiegano ancora quelli di Sbilanciamoci, che “questo istituto, e ce ne siamo resi conto quando è stata approvata la leggina della mini naja, oppure di fronte al razzismo e alla xenofobia, è anche l’opportunità, certamente sotto valorizzata, per continuare a testimoniare l’efficacia della nonviolenza come modalità per affrontare i conflitti e come significativa proposta pedagogica per quelle generazioni che sono cresciute con la televisione commerciale come principale agenzia educativa alternativa alla scuola”.

Uno strumento per la tutela dei beni comuni

Insomma, non si finirà mai di sottolineare il valore pedagogico e civile di questo istituto. Che in molti casi è riuscito a funzionare come uno strumento molto concreto per la tutela dei beni comuni e per la crescita civile dei giovani italiani. Bastano, a dimostrarlo, qualche numero e gli ambiti di lavoro dei volontari.
Sul piano delle politiche sociali di contrasto alla povertà e al disagio, sono ben 143 mila i giovani che hanno conosciuto, spesso per la prima volta e sotto casa, la povertà, l’emarginazione, la malattia e che hanno rappresentato così uno dei pilastri per il consolidamento e l’innovazione delle politiche sociali, come anche un ponte verso l’impegno civico volontario dopo l’anno di servizio civile.
Sul piano della tutela dell’ambiente e della protezione civile, sono quasi 25 mila i giovani impiegati per attività di difesa ecologica e di sostegno alle popolazioni colpite nei fondamenti della loro vita quotidiana: un importante bacino di riferimento anche per diffondere in modo vissuto la coscienza ambientalista.
Sul piano delle politiche per la tutela del patrimonio artistico i più di 25 mila giovani che hanno contribuito a valorizzare piccoli musei o biblioteche, oppure spazi pubblici altrimenti degradati si portano dentro una consapevolezza della storia locale e del Paese che altrimenti sarebbe perduta o depressa.
Lo stesso si può dire con riguardo alla cultura e all’educazione. Quasi 62 mila giovani hanno contribuito ad animare asili, spazi teatrali, musicali, hanno vissuto con gli immigrati, hanno aiutato gli anziani ad esercitare i propri diritti, hanno operato per la legalità, hanno fatto si che tante reti locali di socialità esistessero, così come hanno dato possibilità alle energie giovanili di esplodere positivamente.

Se le istituzioni non sono all’altezza

Certamente non si può negare che alcuni nodi del servizio civile non sono ancora sciolti. Per dirla tutta, non sempre le organizzazioni pubbliche e quelle sociali si sono manifestate all’altezza della sfida educativa che il Servizio Civile Nazionale pone, così come non tutti i giovani hanno terminato l’anno di servizio civile con la sufficiente soddisfazione e con la convinzione di aver impegato il proprio tempo in qualcosa di davvero utile per la società. Troppo spesso realtà lontane dallo spirito del Servizio Civile Nazionale e più interessate al tornaconto economico, al mero consenso o alla necessità di poter usufruire di risorse mane a bassissimo costo. Troppo lentamente l’Ufficio Nazionale ha reagito. Eppure queste sono sfide fisiologiche che possono essere affrontate e vinte, specie se le istituzioni facessero la propria parte.
Alcune sfide riguardano espressamente le istituzioni (anche se i danni li subiscono i cittadini) che stanno vanificando tante importanti realizzazioni.
Il primo nodo è la decisione di fatto del Governo di ridurre drasticamente i fondi già modesti dedicati al servizio civile nazionale. E dire che sono proprio i tecnici del Ministero del Tesoro a sapere che non saranno 1 milioni tagliati su un capitolo ad influenzare la tenuta dei conti pubblici. Anche nel Servizio Civile Nazionale si vedono le conseguenze della cinica linea dei tagli lineari.
Il secondo nodo attiene ai conflitti di competenze tra Governo e Regioni con riguardo alla gestione dei fondi statali e all’approvazione dei progetti. In entrambe le situazioni, prevale più spesso la difesa di spazi propri a danno dell’altro livello istituzionale a scapito dell’esercizio corretto di poteri sussidiari basati sulla collaborazione.

Verso il lavoro: un valore formativo e curriculare

Ma oggi c’è un’altra importante e decisiva sfida che viene direttamente dalla crisi economica e che concerne la mancanza di lavoro, in una misura e in territori che da anni non si vedeva. Sono molti i casi in cui le domande sono sensibilmente superiori ai posti effettivamente disponibili. Questo dato forse ci dice qualcosa di interessante: diventa urgente costruire una dinamica formativa ed educativa durante l’anno di servizio civile. Valorizzare le reti di relazione fra mondo del lavoro, dell’istruzione e delle organizzazioni di servizio civile può mettere ad esempio gli imprenditori nelle condizioni di conoscere e misurare le competenze pratiche acquisite dai giovani.
Perché spendere migliaia di euro per stage inutili quando si ha l’opportunità di promuovere un’importante esperienza formativa come quella del servizio civile? In altri Paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo (USA, Sudafrica, Francia, Germania, Nigeria), governi (progressisti e conservatori) hanno assunto questa sfida e pienamente inserito il Servizio Civile Nazionale nell’agenda delle misure per lo sviluppo del sistema Paese. In particolare, in Gran Bretagna, il servizio civile sembra diventare uno dei pilastri della Big Society di Cameron. In Italia invece si taglia, nel nome della stabilità dei conti pubblici…