Una visione complementare con la mission di Labsus

Per salvare i beni comuni ci vuole una rivoluzione, un cambiamento totale di prospettiva

Ugo Mattei, professore di Diritto civile all’Università  di Torino e di Diritto comparato e internazionale alla University of California, editorialista del quotidiano ” il manifesto ” , lancia una sfida alla cultura giuridica e politica, fondata sulla critica alla ” falsa contrapposizione fra Stato e mercato che domina lo scenario politico dell’Occidente, polarizzando lo scontro politico su un falso problema. Infatti, la tradizione occidentale moderna si è sviluppata nell’ambito della dialettica Stato/mercato in un momento storico in cui soltanto quest’ultima pareva necessitare di protezioni e garanzie nei confronti di governi autoritari e onnipotenti. Di qui la genesi delle garanzie costituzionali della pubblica utilità , della riserva di legge e dell’indennizzo. Coerentemente con questa impostazione, la tradizione costituzionale liberale garantisce e protegge soltanto il passaggio dal privato al pubblico e non quello dal pubblico al privato (privatizzazione). … Oggi, nel mutato rapporto di forza fra Stati e settore privato (corporations multinazionali), anche e soprattutto la proprietà  pubblica è bisognosa di tutele e garanzie di lungo periodo. Queste sono difficili da immaginare all’interno della tradizionale moderna riduzione del pubblico allo Stato … La nostra tesi è che la categoria dei beni comuni è chiamata a svolgere proprio questa funzione costituzionale nuova … di tutela del pubblico nei confronti tanto dello Stato quanto del potere privato ” .

Il bersaglio critico principale di Mattei è ” l’assetto istituzionale fondamentale del potere globale oggi dominante: la tenaglia fra la proprietà  privata, che legittima i comportamenti più brutali della moderna corporation, e la sovranità  statuale che instancabilmente collabora con la prima per creare sempre nuove occasioni di mercificazione e privatizzazione dei beni comuni ” . E’ indispensabile e urgente, secondo Mattei ” …creare la consapevolezza pubblica della drammatica necessità  di ricostruire le nostre istituzioni in modo coerente con la necessità  di conservare e promuovere i beni comuni, mostrando innanzitutto la profonda rivoluzione culturale che ciò richiede ” .
Di qui ” l’importanza teorica e pratica dell’elaborazione tecnico-giuridica di una nozione di beni comuni come istituto diverso, alternativo rispetto al dominio sia privato sia pubblico, ma assolutamente necessario per il riequilibrio dei rapporti fra questi due ” .

Il saggio, agile nelle dimensioni e scorrevole nella scrittura, si articola in un primo capitolo in cui si ” discute l’attuale contesto giuridico-politico e si mostra come gli assetti della globalizzazione economica ed istituzionale, interpretati in chiave neomedievale, rendano maturi i tempi per la riemersione del comune. Il secondo capitolo affronta le radici storiche delle istituzioni moderne e mostra come il comune sia venuto collocandosi fra l’incudine e il martello di proprietà  privata e Stato sovrano. Il terzo capitolo offre una tassonomia e una fenomenologia del comune come presupposto per la sua comprensione e interpretazione politico-culturale. Il quarto capitolo discute possibilità  e limiti di un ritorno del comune interrogandosi sulle trasformazioni della cultura e della comunicazione. Il quinto capitolo discute possibilità  e limiti di un ritorno del comune interrogandosi sulle trasformazioni della politica e delle istituzioni. Il sesto capitolo affronta criticamente l’emergente tendenza a considerare Internet come il luogo di ogni possibile liberazione e cerca di contrastarne l’egemonia culturale come paradigam del comune. Nelle conclusioni, infine, vengono riepilogati i temi discussi e descritti i tratti minimi della rivoluzione necessaria ” .

Nella prospettiva di Labsus questo saggio è di fondamentale importanza non soltanto per la ricchezza dell’analisi e delle proposte, ma soprattutto perché esso indica una prospettiva teorica e pratica per intervenire sui beni comuni che potrebbe integrarsi con il progetto di Labsus per l’attuazione del principio di sussidiarietà  e la cura civica dei beni comuni. Non è un caso se nei mesi scorsi abbiamo pubblicato diversi editoriali di Carlo Donolo e oggi usciamo con un editoriale di Giuseppe Cotturri intitolato significativamente “Dal Sud un ‘movimento per i beni comuni'”, perché già  in un editoriale del 19 ottobre 21 intitolato ” Beni comuni. Un nuovo punto di vista ” segnalavo come da alcuni mesi Labsus stesse ” mettendo al centro della sua riflessione il tema dei beni comuni. Il motivo è semplice. Vogliamo affiancare alla ricerca sui soggetti della sussidiarietà , ovvero i cittadini attivi, la ricerca sull’oggetto, ovvero i beni comuni.

Per la verità , fin dall’inizio della nostra attività  abbiamo tradotto l’espressione ” interesse generale ” contenuta nell’art. 118, ultimo comma della Costituzione facendo riferimento ai beni comuni. Dove la Costituzione afferma che i soggetti pubblici devono favorire ‘le autonome iniziative dei cittadini per lo svolgimento di attività  di interesse generale’ noi diciamo infatti che, concretamente, quelle attività  di interesse generale consistono nella produzione, cura e sviluppo dei beni comuni. E abbiamo pubblicato dal 26 ad oggi decine di casi che mostrano come i cittadini possano e sappiano prendersi cura dei beni comuni presenti sul proprio territorio.
Per quanto riguarda i cittadini attivi, cioè i soggetti della sussidiarietà , ormai abbiamo consolidato un buon patrimonio di interpretazioni e di materiali di tutti i generi, dalle sentenze alla documentazione, dai casi ai saggi. Lo stesso volume curato da Arena e Cotturri in questi giorni in libreria con l’editore Carocci, intitolato Il valore aggiunto (Come la sussidiarietà  può salvare l’Italia) in gran parte ruota proprio intorno ai soggetti della sussidiarietà , cioè i cittadini attivi.
Continueremo ovviamente ad occuparci di cittadini attivi, solo che da qualche tempo, in concomitanza con la partenza a Roma del progetto “Scuola di manutenzione civica dei beni comuni“, abbiamo cominciato ad occuparci più a fondo anche dei beni comuni di cui i cittadini si prendono cura. Sono due punti di vista complementari, uno concentra l’attenzione sull’oggetto, i beni comuni, l’altro sul soggetto, i cittadini ” .

Concludevo questa introduzione al tema ponendo questa domanda: ” perché riteniamo che arrivati a questo punto del nostro cammino sia importante concentrare l’attenzione sui beni comuni, oltre che sui cittadini attivi che di questi beni si prendono cura? ” . La risposta la forniva in quel momento Carlo Donolo nel primo dei suoi editoriali dedicati appunto ai beni comuni: ” … perché siamo convinti che i beni comuni stanno assumendo un valore centrale per la nostra vita comune e per le prospettive della nostra società  nel contesto globale … i beni comuni sono centrali per ogni processo sostenibile, per lo sviluppo locale, per la coesione sociale, per i processi di capacitazione individuale e collettiva … la stessa sussidiarietà  è in primo luogo capacitazione al governo di beni comuni ” .
Oggi un’ulteriore, forte risposta viene da questo saggio di Mattei, che con la competenza del giurista e la passione del militante ci spiega, per usare il titolo delle sue conclusioni, che o abbiamo un futuro in comune, o non abbiamo nessun futuro.

Ugo Mattei, Beni comuni. Un manifesto, Laterza, 211, pag. 116