Con la nascita della Carta costituzionale e l’introduzione di diritti sociali fondamentali si delineano quei principi che, di lìa poco, avrebbero guidato le forze sociali verso il cambiamento e l’affermarsi di un nuovo modo di essere cittadini. Dalla passività sociale e familismo amorale in cui era stato condannato il nostro paese con il ventennio fascista, nel corso degli anni, si passa all’affermazione di soggetti diversi dai tradizionali partiti politici che si attivano per trovare soluzioni ai problemi di interesse generale. Un cambio di rotta che avviene con l’approvazione della Carta costituzionale. La Costituzione dà infatti ai cittadini gli strumenti per agire attuando quella democrazia costituzionale intesa come “circolarità tra pratiche del diritto e dinamiche sociali”. Ovvero quella che Ferrajoli definisce come “dimensione pragmatica” della democrazia che consiste nella condivisione del patto di convivenza.
I nuovi attori del processo sociale
E’ negli anni Novanta che si comincia a parlare del ruolo attivo della cittadinanza che interviene non tanto sulla “domanda politica” quanto sulle offerte di politiche “materiali”, come l’assistenza sociale e la tutela della salute “condizionando i governi con l’immediatezza di un’attività solidale”. Un tipo di protagonismo che si differenziava dal passato che aveva visto la partecipazione legata ad un mero esercizio del diritto di voto o alla violenza scatenatasi negli anni di piombo. Ora i cittadini propongono azioni concrete per la soluzione di problemi che interessano l’intera collettività imponendo indirettamente alla politica un cambio di rotta. Con l’introduzione nel 2001 del principio di sussidiarietà orizzontale si afferma una nuova libertà positiva, di fare, che riconosce al cittadino il ruolo di “attore autonomo di solidarietà “. Il concetto di cittadinanza attiva, acquista, infatti, il significato di un “fare utile alla comunità cui le istituzioni devono prestare attenzione e sostegno” attraverso l’empowerment delle iniziative civiche dal basso. Ma è l’impianto costituzionale stesso ad avere in nuce il principio di sussidiarietà orizzontale prima ancora della sua formulazione. In particolare l’autore fa riferimento ai principi di solidarietà e partecipazione (articoli 2 e 3 della Costituzione) (1).
Solidarietà e partecipazione
La Carta scritta nel ’46-’47 richiamava subito all’articolo 2 i “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” che gravano sui cittadini con un compito quasi pedagogico assunto dal legislatore per uscire da quella “passivizzazione sociale” a cui i cittadini erano stati relegati durante il regime. Un linguaggio severo a cui fa da contraltare la formulazione del 118 (ultimo comma), circa cinquant’anni dopo con la revisione del Titolo V della Costituzione.
“Infatti nel 2001 – rimarca l’autore – fa ingresso nella Costituzione un’inedita formulazione della cittadinanza attiva (…) solidale per convinta libera scelta di gente comune”. E i cittadini vengono riconosciuti come attori autonomi di solidarietà per lo svolgimento di attività di interesse generale. Viene posto a carico delle autorità pubbliche un nuovo obbligo, quello di “favorire l’autonoma iniziativa di cittadini, singoli o associati” delineando cosìun nuovo rapporto tra istituzioni e società civile. Ai doveri di solidarietà affermati nella prima parte del disposto costituzionale si affianca il riconoscimento dei “diritti inviolabili dell’uomo” che presuppone il progetto futuro di società in cui vi sia il pieno sviluppo della persona. Principio contenuto nell’articolo 3 della Costituzione. Il compito pubblico è ricollegato “a un disegno di società futura in cui, con il pieno sviluppo delle qualità umane individuali, sia possibile la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla vita pubblica” sottolinea Cotturri. Dove per “lavoratori” si intendono tutte le forze del lavoro subordinato. Un concetto che tende ad includere tutti i cittadini. Se all’articolo 2 si legittima la funzione pubblica nell’immediato con lo “scambio” diritti-doveri nell’articolo 3 esiste un disegno futuro di società che riconosce non solo il principio di uguaglianza formale e sostanziale ma stabilisce anche un principio di “direzione politica dello sviluppo”.
Oltre il sistema partito
Questo determina un nuovo tipo di partecipazione alla vita pubblica non più legata allo schema partitico della rappresentanza ma all’agire concreto e solidale guardando al risultato delle azioni dei cittadini: la produzione e cura dei beni comuni. Nasce un nuovo soggetto che si inserisce cosìnel dibattito pubblico slegato dal sistema partito. L’articolo 118.4 produce di fatto poteri di minoranza che si pongono come anticorpi alle derive maggioritarie della democrazia. I cittadini che si attivano non rappresentano una generalità di soggetti ma solo loro stessi per la cura di un bene comune. Si va oltre il principio tradizionale della rappresentanza politica. Non a caso la Costituzione parla di cittadini “singoli o associati”, dunque anche l’iniziativa di un solo soggetto va sostenuta dalle istituzioni laddove si riconosca la valenza oggettiva della sua azione a vantaggio della comunità tutta.
Non è “chi rappresenta” (principio del sistema partitico) ma cosa intende fare (valenza oggettiva dell’azione) il soggetto a disegnare il nuovo paradigma sussidiario che entra con forza nel processo sociale. L’articolo 118 si sposta dalla logica corporativa dei partiti che incardina la sua azione sulla spartizione e distribuzione di risorse a una logica della “promozione dei risultati utili per la comunità ” (2).
Verso la democrazia duale
E’ la “democrazia duale” quella che si sta affermando secondo l’autore; vale a dire “una dialettica permanente tra soggetti di diversa natura, con poteri distinti ma destinati a concorrere” che vede l’intervento dei cittadini come esercizio di un nuovo potere sussidiario. Questo tipo di democrazia, trainata dalla forza riformatrice della cittadinanza attiva, combina insieme “delega e attività diretta, poteri rappresentativi e poteri sussidiari, maggioranze silenziose e minoranze attive” con la produzione di politiche anche da parte dei privati. Si va via via superando il tradizionale paradigma politico-amministrativo (gerarchico, verticale e unidirezionale) per lasciar spazio ad un nuovo modello di società fondato su rapporti orizzontali, paritari e circolari. Una trasformazione della nostra democrazia già in atto e che trova fondamento nella Costituzione.
COTTURRI G. (a cura di), La forza riformatrice della cittadinanza attiva, Carocci editore (2013) – Collana Labsus: L’Italia dei beni comuni (a cura di Gregorio Arena e Christian Iaione) e Il valore aggiunto, come la sussidiarietà può salvare l’Italia (a cura di Gregorio Arena e Giuseppe Cotturri).
Note:
(1) ART. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità , e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
ART. 3 Cost.: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
(2) Particolare attenzione il testo rivolge anche al volontariato, che si inserisce nell’associazionismo no profit. Nei primi anni Novanta, infatti, superando le ideologie di partito, il mondo dell’associazionismo costituisce un fronte sociale unitario e autonomo con la nascita del Forum del Terzo settore che andò ad inglobare in sé tre componenti: il mondo del volontariato, le cooperative sociali e l’associazionismo.
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