L'imprenditoria sociale come motore per la produzione di valore aggiunto. La Regione Emilia Romagna presenta il dati sul valore aggiunto dell'economia sociale

È di inizio ottobre la pubblicazione dello studio “Economia Sociale: leva di sviluppo e ben-essere” condotto dalla Regione Emilia Romagna e dall’AICCON (Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit) sulla economia sociale. I dati che emergono sono assolutamente interessanti e spiegano le strategie di sviluppo che dal livello comunitario a quello locale stanno producendo i frutti migliori -coesione territoriale, competitività, innovazione, fattori di resilienza alle difficoltà del ciclo economico- rilevando un settore in forte crescita e con una impronta economica che determina benessere sociale diffuso e virtuoso. L’economia sociale si presenta come una leva prioritaria di sviluppo dei territori, strategica nel riformulare percorsi di sviluppo dei Paesi europei e dell’Italia perché i soggetti che operano in tale settore godono della “loro capacità di coniugare la dimensione economica ed imprenditoriale con quella di natura sociale“. Un meccanismo che consente di costruire “reti di relazioni anche comunitarie, sia tra organizzazioni e singoli cittadini che con istituzioni di altro genere, ed in grado di contribuire alla competitività dei territori proprio attraverso l’incremento dei livelli di capitale sociale.

Cosa si intende per economia sociale

Economia sociale è l’insieme di tutte quelle organizzazioni che esercitano attività non a scopo di lucro (no profit) e cioè tutte quelle imprese sociali che producono sì ricchezza ma il cui scopo ultimo non è la distribuzione del profitto tra i soci quanto invece reinvestono nuovamente per la produzione di beni o servizi che soddisfino l’interesse generale, della società , per l’appunto. Sebbene non esista una definizione generale e univoca a livello comunitario, sono tutti concordi nell’affermare che l’economia sociale sia composta da un gruppo di soggetti che operano favorendo la partecipazione democratica, coerentemente con gli obiettivi del proprio statuto, sotto il principio della reciprocità e che in un senso più ampio vada definendo un tipo di economia improntata a rimuovere le distorsioni generate dal mercato sul piano distributivo.
Le imprese sociali sono ben il 10 % delle imprese europee e presentano dei numeri in costante crescita: quasi 3 milioni di unità nell’UE a 27, poco più di 14 milioni di dipendenti e 103 milioni di volontari attivi nelle organizzazioni no profit. La Commissione Europea stima dal 2002 al 2010 l’incremento dei posti di lavoro da 11 a 14,5 milioni riferibile al settore e identifica l’economia sociale come un fattore strategico contro la disoccupazione.

Il valore aggiunto

Analizziamo quali siano le determinanti che caratterizzano le imprese che operano nel settore e che connotino l’economia sociale come motore del valore aggiunto prodotto:
1. Creazione di coesione sociale, dimostrando una correlazione positiva diretta tra risorse umane impiegate nel settore no profit (ogni mille abitanti) e ricchezza prodotta sul territorio (0,87 dell’indice Breavis – Pearson);
2. Politiche condivise con le istituzioni pubbliche, nel senso che emerge in generale la capacità delle politiche in partnership pubblico/privata “non solo di rendere maggiormente efficienti ed efficaci i servizi di pubblica utilità, ma anche di individuare ed erogare servizi in campi nuovi e aggiuntivi”;
3. Innovatore sociale, poiché gli attori che operano nel settore dell’economia sociale spesso rispondono a bisogni cui il settore pubblico o privato non sopperiscono, determinando la capacità molto diffusa di dare risposte innovative, efficienti e sostenibili, producendo valore diffuso per l’intera società piuttosto che orientando vantaggi verso singoli individui;
4. Fattore di competitività nei territori, perché alla economia sociale e al valore aggiunto da essa prodotto (in termini ambientali, culturali, sociali ed economici) corrispondo migliori livelli di benessere diffuso nelle comunità, offrendo più alti incentivi alla competitività delle imprese e allo sviluppo grazie all’interazione sistemica che si innesca;
5. Resilienza alle difficoltà del ciclo economico. I dati del Censimento dell’Industria e dei Servizi e delle Istituzioni Non Profit mostrano come in Italia le organizzazioni dell’economia sociale rappresentino il 7,5% del totale delle organizzazioni economiche, occupando più di 2 milioni di persone (il 10% del totale della forza lavoro).
La stessa Strategia Europa 2020 auspica la crescita dell’economia sociale, predisponendo strumenti e compiti chiave nella produzione di innovazione e per la creazione di occupazione, riconoscendo l’enorme potenziale che ha dimostrato in termini di coesione territoriale valore aggiunto (culturale, sociale, economico, istituzionale).

Foto di copertina: Bre su Flickr



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