Ripensare il mercato guardando al quartiere
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Mercati di Roma: Tor Pignattara e il nuovo Laparelli

Ripensare il mercato guardando al quartiere

Qui un insieme di cittadini volontari – che conoscono, amano e vivono questo quartiere – ha messo a punto un progetto di ri-funzionalizzazione del mercato Laparelli per superare lo stato di progressivo abbandono della struttura, la cui attuale configurazione di natura commerciale tradizionale non risponde ai cambiamenti sociali ed economici del contesto in cui si trova. Per riportarlo al centro della vita quotidiana della comunità di Tor Pignattara hanno immaginato una rigenerazione innovativa, senza snaturarlo ma rendendolo uno spazio polivalente.

Cominciamo sempre dall’inizio, con un po’ di storia del mercato rionale di Tor Pignattara…

E’ un mercato costruito su un preesistente mercato all’aperto, all’inizio si trovava proprio su via Tor Pignattara, poi è stato spostato in zona Laparelli, l’attuale mercato è il risultato di un project financing avviato durante l’amministrazione Veltroni. Era un mercato con attività floride, anche molto frequentato e gestito – per le attività ordinarie – da una cooperativa. La classica situazione mercatale dei mercati rionali romani.

E come per tutti gli altri mercati, qualcosa è cambiato rompendo un iniziale equilibrio, in questo caso cosa è successo?

Progressivamente è andato in crisi. Una mano l’ha data il posizionamento del supermercato nel piano superiore, contravvenendo all’ispirazione originaria, ma in realtà le cause sono varie. I banchi hanno iniziato a chiudere perché molte condizioni sociali ed economiche stavano cambiando all’interno del quartiere. Si era ristrutturata la domanda e il mercato, non riuscendo a rispondere, stava lentamente scivolando verso l’abbandono. Il mercato era – come numero di banchi – sulla soglia minima per il riconoscimento di mercato rionale da parte del Comune. Avere un numero di banchi minimo consente di rientrare nella legislazione prevista del comune, con relative tariffe e la gestione tramite una cooperativa degli operatori commerciali. La situazione di progressivo abbandono ha fatto sorgere anche criticità a livello sociale, perché trattandosi di una struttura nel mezzo del quartiere, con una serie di box che potrebbero essere definiti abitabili, da più parti è giunto l’allarme del rischio di occupazioni illegali. Insomma c’era un po’ di fibrillazione. A questo punto abbiamo cominciato a ragionare come Comitato di Quartiere su come si potesse far fronte a questa situazione, parlando prima col presidente della cooperativa di gestione e poi con tutti gli operatori per capirne i bisogni.

Ed è qui che si è innescato il processo di partecipazione…

In quel periodo abbiamo aperto un laboratorio partecipativo aperto a tutti i cittadini del quartiere, era il nostro laboratorio di mobilità urbanistica con cui portavamo avanti progetti per rinnovare e migliorare parte di Tor Pignattara, andando ad indagare tra le necessità della comunità e facendole confluire in percorsi che avessero un livello di partecipazione abbastanza ampio. Da questa iniziativa sono venuti fuori progetti come la riqualificazione del trenino Roma-Giardinetti che è stato tenuto in considerazione dal Comune, accogliendo molte istanze in esso presenti nel progetto di riqualificazione presentato di recente. Abbiamo prodotto documenti di un certo valore nel laboratorio, anche perché ogni volta sono stati coinvolti professionisti del settore che potevano dare un senso concreto alle proposte, e sul mercato abbiamo fatto un’operazione identica. Abbiamo messo insieme un piccolo team che ha fatto una serie di interviste sul territorio per capire quali fossero le necessità rispetto al mercato, per riaccendere l’attenzione sono stati promossi diversi eventi pubblici con la finalità di ricucire la relazione tra i cittadini e il mercato, visto che avevamo notato una progressiva marginalizzazione di questa struttura rispetto al centro del quartiere.

Il mercato non era più centrale?

No. E non lo era più perché nel corso del tempo la struttura – tarata su un modello che era quello degli anni ’90/2000 – non è riuscita ad adattarsi ad un contesto che si è profondamente modificato. Prima di tutto rispetto alle abitudini: banalmente la casalinga che la mattina presto va a fare la spesa al mercato non esiste più, lavorano tutti, spesso hanno un doppio lavoro, si ha l’esigenza di far la spesa di sera e quindi l’attitudine era cambiata con un gap di domanda da parte dell’utenza. Dopodiché l’ipertrofico aumento dei punti di grande distribuzione sul territorio aveva ridotto ancora di più la richiesta.  C’è stato anche il radicale cambiamento della popolazione di Tor Pignattara, riscontrabile in una percentuale di migranti abbastanza alta, che inizialmente aveva fatto sperare in una ripresa del mercato, perché le famiglie migranti, in modo particolare la comunità bangladese, avendo un modello familiare molto tradizionale, potevano lasciar sperare nell’aumento della domanda di prodotto fresco negli orari classici di mercato. Però anche qui qualcosa non ha funzionato, soprattutto dal punto di vista economico, perché il mercato risultava abbastanza oneroso per una famiglia media bangladese rispetto alle frutterie dei connazionali che iniziavano a spuntare un po’ ovunque. Il mercato in sé non ha prezzi elevati, ma è sicuramente più costoso delle suddette frutterie. Inoltre queste ultime vendono anche prodotti tipici del mondo bangladese, quindi la scelta era maggiore rispetto al mercato italocentrico. Infine c’è anche da considerare il forte spirito di comunità tra i membri della stessa comunità, che tendono ad aiutarsi a vicenda anche nel commercio.

Dinamiche complesse si sono sviluppate all’interno del quartiere….

Si, sono tutti elementi che sono andati a compromettere un’eventuale immissione positiva della domanda all’interno del mercato, anche di origine straniera. Il potenziale del mercato è stato abbattuto da tutta questa serie di dinamiche, che abbiamo registrato nell’analisi fatta per capire quale fosse la realtà del quartiere. Dati che ci hanno dimostrato un’evidente fallimento del mercato lasciato così com’è, sia in termini di proposta commerciale, flessibilità, offerta merceologica e finanche alla disposizione dei banchi. Il combinato disposto di tutti questi elementi toglie ogni possibilità di uno sviluppo sensato nel corso degli anni a venire. Nel frattempo altri banchi hanno chiuso, e il mercato Laparelli ora è veramente a rischio.

Così nasce il vostro progetto come comitato di quartiere. In cosa consiste?

E’ un progetto complessivo che prevede una riorganizzazione in base alle criticità rilevate. La nostra idea è quella di renderlo uno spazio polifunzionale, quindi non solo destinato alla vendita alimentare, ma anche a quella del trasformato alimentare e all’impiego di spazi in attività lavorative e artigianali per attrarre un’utenza diversa e tenendo il mercato aperto per un orario più lungo. Ci sarebbe da realizzare una zona food & beverage per la somministrazione di prodotti a centimetro zero che si rifornisce direttamente dai commercianti del mercato, con un prezzo concordato e un protocollo a regolare le attività, con degli spazi di socializzazione e di incontro come una piccola piazza. Alcuni stalli sarebbero trasformati in postazioni di co-working per accogliere una serie di professionisti che gravitano intorno all’area di Tor Pignattara e del Pigneto con una convenienza economica, a fronte di una partecipazione attiva nella manutenzione degli spazi comuni del mercato che non sono a diretta competenza della cooperativa di gestione. Ci sarebbero inoltre degli spazi riservati ai bambini con attività ludiche e di formazione sul cibo e sulla salute. Abbiamo pensato all’inserimento di operatori mercatali che andrebbero ad impattare la domanda di fresco alimentare non localizzato, quindi prodotti che provengono da tutto il mondo, tipici di culture e di tradizioni diverse da quelle italiane, e operatori etici che propongono prodotti biologici, a filiera corta, liberi dalle mafie, mantenendo ovviamente i commercianti storici. Dal nostro punto di vista questo è un progetto che potrebbe consentire il riavvio del mercato, perché ha la caratteristica di avere delle funzioni che non collidono con l’intorno commerciale, quindi non ci sarebbe competizione, ma un interesse per tutti nello sponsorizzarsi a vicenda, si potrebbe creare così una sinergia a livello locale molto importante. Avevamo immaginato anche una sorta di galleria d’arte contemporanea, legata sia ad interventi di street art che a vere e proprie mostre di opere non permanente ma “transitanti”.

Oggi a che punto siamo?

La prima bozza di questo progetto è stata immaginata e presentata al Municipio durante la precedente consiliatura di centro sinistra ed è stato ripresentato alla giunta Raggi. Proprio con l’attuale amministrazione è partito il percorso per una generale riqualificazione dei mercati rionali da parte del Comune di Roma, per cui abbiamo sollecitato l’attenzione sul progetto già inviato. Abbiamo avuto degli esiti positivi, nel senso che si è aperto un dialogo con l’amministrazione per trovare una quadra anche con il loro progetto che di fatto era coincidente con il nostro, quindi rendeva il mercato polifunzionale inserendo in più spazi di collegamento con il pubblico, come uffici comunali e punti informativi turistici. E’ nata così l’ultima versione del progetto su cui sappiamo che ha lavorato un architetto, incaricato tramite bando dall’ufficio tecnico del Municipio di stilare una progettualità sull’intero mercato, quindi anche sulla revisione dell’impianto elettrico che aveva delle carenze, sulla creazione di nuove aperture, sulla manutenzione strutturale. Abbiamo avuto conferma che il progetto è stato approvato ed è stato messo in calendario per le sue attività di sviluppo. Speriamo sia accolto nella sua complessità.

E ora veniamo alla comunità di Tor Pignattara: che tipo di risposte ci sono state, sia sulla possibilità di riqualificare l’area del mercato che sul progetto?

I nostri laboratori di partecipazione collettiva – in totale sei – hanno raccolto sempre un buon numero di idee e proposte, i cittadini sono stati molto attivi da questo punto di vista. Anche la prima versione del progetto è stata proposta all’attenzione della comunità che ha ulteriormente contribuito con suggerimenti e modifiche integrati nella versione successiva. Ad esempio l’iniziativa di un luogo dedicato ai bambini è venuta proprio dalla cittadinanza, visto che nei pressi del mercato ci sono una scuola elementare e una scuola media: affiancare alle esigenze dei genitori anche un posto in cui i più piccoli possano trovare qualcosa da fare è sembrato un elemento utile alla vita pomeridiana del mercato. Gli input a livello locale sono stati molti e differenti, come la gestione del food&beverage da affidare ad una cooperativa di donne migranti, per integrare ulteriori necessità. E’ stato fondamentale interagire con i cittadini che ora vogliono vederlo realizzato, perché lo percepiscono come una risorsa. Siamo partiti oltre tre anni fa e siamo in attesa di capire e di vedere cosa sarà di questo progetto partecipato.