Una riflessione rispetto al rischio di retorica che “aleggia” attorno alla  partecipazione dei giovani alle attività di interesse generale.

La partecipazione: una parola complessa e in evoluzione.

Oggi, più che mai, si sente parlare della necessità che i cittadini, in particolar modo i giovani, assumano un ruolo centrale nelle comunità, che debbano in qualche modo diventare protagonisti dei territori e che esercitino la propria cittadinanza attiva.
La partecipazione è un concetto complesso e in continua evoluzione, che può essere intesa in diversi modi: su un piano politico, ad esempio, è spesso definita come l’attivazione degli individui nei processi decisionali rispetto ai contesti in cui si vive, mentre per alcuni economisti dello sviluppo, essa riguarda la possibilità di accesso ad una condivisione più equa dei benefici  per le fasce più fragili delle popolazioni.
Da un punto di vista pedagogico, la partecipazione – oltre ai significati sopra citati – assume anche un valore “trasformativo”, “generativo” per gli individui e per i contesti, sia rispetto alle storie e traiettorie di vita, sia rispetto all’evoluzione stessa delle comunità. Ma qual è lo spazio di partecipazione reale dei giovani? Che ruolo hanno le istituzioni pubbliche nella costruzione concreta e duratura di percorsi di cittadinanza partecipata? Come la partecipazione può diventare campo comune di apprendimento in un’ottica di circolarità tra istituzioni, terzo settore e cittadini?
E infine: come è possibile ridurre il rischio che la partecipazione diventi una narrazione “retorica” sganciata dalle pratiche?

I limiti intrinseci del sistema.

Le azioni sul campo fanno spesso i conti con i limiti intrinseci del nostro sistema di welfare e con molteplici fattori di invarianza di tipo culturale, organizzativo e anche economico finanziario. Questo frame porta talvolta a progettare e mettere in atto interventi educativi che, nonostante il grande impegno per azioni anche di qualità, producono degli pseudo cambiamenti e talvolta solo delle celebrazioni.
Per favorire concretamente la partecipazione dei giovani alla sfera pubblica e per sostenere fattivamente la cittadinanza attiva è necessario, dunque, spostare lo sguardo verso il ruolo e la funzione del contesto, in particolar modo quello istituzionale.
La frammentazione, l’eccezionalità e quindi la non continuità di alcune sperimentazioni o esperienze “innovative” possono trasformarsi in “limiti” che riducono la possibilità di attuare  percorsi concreti di cittadinanza attiva.

A partire dalle normative europee: tra sfide e opportunità.

La partecipazione delle giovani generazioni alla vita pubblica sembra essere sia strumento che obiettivo anche delle policies internazionali. 
Si è colto che il futuro delle società e il loro sviluppo in termini di giustizia e sostenibilità dipenda proprio dall’action dei giovani. Tuttavia, il modello partecipativo proposto dalle istituzioni spesso non corrisponde alle forme partecipative alternative che le nuove generazioni sembrano invece ricercare. Tra le esortazioni e le raccomandazioni da parte dei governi mondiali ed europei a costruire sistemi di coinvolgimento dei giovani, per favorire la loro partecipazione alla res pubblica, esiste quindi uno scarto evidente rispetto al loro effettivo coinvolgimento nei processi decisionali a livello istituzionale e legislativo.
Il rischio è quello di relegare la partecipazione in una cornice astratta, e soprattutto rischia di sovraccaricare i contesti locali e i giovani stessi di una responsabilità legata al cambiamento delle società contemporanee, senza aver portato avanti un reale processo di apprendimento  collettivo.

Tra astrazione e concretezza: la partecipazione dei giovani nell’agire politico.

La partecipazione dei giovani alla res pubblica viene spesso ridotta a “having a say in decisions” e che quindi rischia di coincidere con la mera consultazione delle giovani generazioni attorno ai temi che li riguardano.
Il rischio è quello di rimanere legati ad un’idea per cui includere i giovani nei processi partecipativi vuol dire solo ascoltare la loro voce e con questo renderli dei cittadini attivi.  Il livello della consultazione, quindi, nasconde il paradosso stesso che delinea le varie teorizzazioni e le linee politiche che ruotano attorno alla partecipazione attiva dei giovani: se ne riconosce la necessità, ma se ne impongono i limiti e le modalità, che non rispondono poi al  bisogno che i giovani hanno di essere considerati attori e agenti nei contesti in cui vivono.  Certamente il quadro normativo mondiale ed europeo rappresenta la cornice legislativa dentro il quale ogni Stato cerca di declinare le proprie politiche di partecipazione; tuttavia, all’interno dello stesso non emerge con forza un ribaltamento di postura necessario affinché la  partecipazione dei giovani abbia luogo concretamente nell’agire politico.

L’importanza del contesto: il ruolo delle istituzioni locali nella costruzione di  spazi concreti di partecipazione.

Il saggio, a partire da una brevissima analisi del lessico che riguarda la parola “partecipazione”, vuole mettere al centro una riflessione rispetto al rischio di retorica che “aleggia” attorno alla  partecipazione dei giovani alle attività di interesse generale. Non basta costruire delle  normative, linee guida e politiche che mettono al centro la partecipazione dei giovani, e in  generale dei cittadini, per far fronte alle complessità contemporanea e ai nuovi bisogni  emergenti; sembra invece importante lavorare alla costruzione di contesti, che a più livelli,  possano realmente e concretamente favorire e poi sostenere i processi partecipativi, anche per non nutrire una certa retorica, che anche dal punto di vista educativo talvolta è controproducente per le nuove generazioni.
I progetti e le sperimentazioni hanno spesso il valore di avviare dei processi, di poter appunto “sperimentare”, ma è nella messa a sistema di buone prassi la vera sfida delle progettazioni  sociali.
La rigenerazione delle istituzioni, soprattutto di quelle pubbliche e locali, attraverso progetti di capacitazione bottom up, come quello della ricerca-azione e della ricerca-formazione, diventa  quindi una concreta opportunità per ri-abilitare la sfera pubblica, quando contribuisce alla  creazione di un contesto istituzionale che possa concretamente favorire, sostenere, garantire e  soprattutto dare continuità e opportunità di sviluppo ai progetti volti alla partecipazione dei  giovani alla res pubblica.

Scarica il Labsus Paper per leggere interamente questo contributo di ricerca.

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Immagine di copertina: sheddon0 su Pixabay