“Credete che sarà felice quest’anno nuovo?” chiede il passeggero al venditore di almanacchi nel celebre brano di Giacomo Leopardi. Inizia un nuovo anno e, come ogni volta, speriamo che il domani possa essere migliore del presente. Se alla speranza è dedicato il Giubileo, nel messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, essa diviene una virtù civica che deve caratterizzare “il nostro impegno, la nostra libertà, le nostre scelte”. Sono quelle caratteristiche che riconosciamo nei cittadini attivi che scelgono in maniera autonoma, quindi libera, di assumere un impegno attraverso la cura di un interesse generale.
“E allora? Non vi piacerebbe che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?” chiede sempre il passeggero al venditore di almanacchi che risponde: no, non mi piacerebbe perché, conviene il passeggero, quello che ci rende felici non è quello che già conosciamo. Quindi non la vita passata, ma la futura.
I cittadini attivi accanto al Terzo settore
E allora declinare nel futuro la speranza significa saper riconoscere nei cittadini attivi impegnati nelle attività di cura di un bene comune gli interpreti autentici del concetto di sovranità che la nostra Costituzione lega indissolubilmente alla solidarietà e alla condivisione, per il pieno sviluppo di ogni persona. L’Amministrazione condivisa il modello che valorizza relazioni tra soggetti e attori sociali anche molto diversi tra loro, per natura e funzioni, che condividono la tutela di un interesse generale su un determinato territorio.
Così intesa, l’Amministrazione condivisa diviene una funzione diffusa, l’esito delle collaborazioni fra pubblica amministrazione, terzo settore e comunità locali. Queste ultime sono parte di questa visione attraverso i Patti di collaborazione. Le comunità composte da gruppi, reti informali, famiglie, associazioni, imprese sono protagoniste di una evoluzione dei Patti che può essere raccontata e descritta in particolare secondo due caratteristiche. Innanzitutto, come un processo di emancipazione: il superamento del “paradigma bipolare” e della conseguente contrapposizione tra cittadini e amministrazione, in favore di una nuova definizione degli equilibri tra responsabilità di governo e autonome iniziative dal basso. L’agire delle comunità determina una ridistribuzione del potere, in particolare a livello locale, dove alle istituzioni tocca il compito di “favorire” l’autonoma iniziativa di tanti soggetti, diversi tra loro, che contribuiscono, con le loro capacità e competenze, alla risoluzione di problemi che riguardano l’intera collettività. Ma anche, seconda caratteristica, per la capacità di promuovere il protagonismo di cittadini fuori dai classici circuiti dell’associazionismo, i cittadini singoli espressamente citati nell’articolo 118 della Costituzione, che devono rappresentare una sfida per tutti i corpi intermedi tradizionali che, a volte, possono apparire più concentrati nella difesa delle loro rendite di posizione che aperti a forme di collaborazione inedite.
L’Amministrazione condivisa è un ecosistema
Il punto su cui lavorare è quello che fa dell’Amministrazione condivisa un ecosistema basato su una molteplicità di strumenti collaborativi e una pluralità di soggetti diversi attivi nella comunità che va dai singoli cittadini, come indicato dalla Costituzione – è bene non dimenticarlo -, sino alle associazioni, ai gruppi informali, agli enti di Terzo settore, al mondo dell’impresa sociale e dell’impresa profit. Patti di collaborazione, processi di co-programmazione e co-progettazione, utilizzo e valorizzazione dei beni immobili inutilizzati e beni culturali, patti educativi di comunità ecc.., non sono strumenti che si elidono a vicenda ma, al contrario, possono essere utilizzati insieme per moltiplicarne l’efficacia.
Gli elementi innovativi
Strumenti e processi collaborativi che rischiano di divenire asfittici se rinchiudiamo l’Amministrazione condivisa negli angusti confini della relazione tra Pubblica amministrazione e Terzo settore. La coprogettazione in particolare, in tal modo, rischia di essere nulla più che un espediente che lascia inalterate le logiche della competizione tipiche dell’appalto. La sfida è quella di coinvolgere quei soggetti più lontani e meno rappresentati perché una efficace collaborazione ha bisogno di attribuire un ruolo centrale agli attori che, nel modello tradizionale e verticistico, non hanno voce nella definizione delle politiche pubbliche. La tutela dell’interesse generale, invece, richiede che tutte le voci in qualche misura rilevanti possano esprimersi. I diversi strumenti collaborativi, dunque, non possono essere collocati su una scala gerarchica ma nella loro dimensione multipolare, rispetto agli attori che le generano e agli effetti che producono.
In questo modo emergono tre elementi innovativi dell’Amministrazione condivisa come ecosistema: 1) il superamento dei confini tradizionali del welfare in favore di una visione più ampia che ne prevede l’allargamento a tutti gli ambiti di interesse generale; 2) l’intersettorialità delle politiche per cui non si può più pensare ad ogni ambito della pubblica amministrazione come qualcosa di indipendente e isolato ma solo come un elemento interconnesso agli altri e che, solo grazie a questa interconnessione, riesce a garantirne l’efficacia; 3) l’interazione tra i diversi attori che riconoscono nella vicendevole interdipendenza il valore della collaborazione.
Nuove forme di partecipazione
Nel frattempo, è necessario ed urgente trovare nuovi spazi e nuove forme di partecipazione alla vita pubblica. Riflettere sulla dimensione politica dell’Amministrazione condivisa significa, oggi, cercare sentieri e percorsi nuovi per recuperare spazi di democrazia e sostenere quello che di nuovo sta nascendo, in forme diverse dal passato, ma con la capacità di definire identità nuove, mobilitare energie per la tutela di interessi generali, riconoscersi in principi e valori condivisi. L’astensione dal voto, come sempre dimenticata dopo ogni tornata elettorale ma con percentuali ogni volta più alte, è determinata dalla condanna all’irrilevanza che sempre più cittadini avvertono come proprio destino, rinchiudendosi nella solitudine o nel rancore. I Patti di collaborazione rappresentano una forma di democrazia diffusa che si manifesta attraverso la cura e la gestione condivisa dei beni comuni e si rivelano non solo come uno spazio privilegiato di elaborazione per un nuovo modo di amministrare, ma anche come espressione di una nuova soggettività politica. Il vero antidoto al non voto e all’isolamento.
Quest’anno si presenta, dunque, carico di sfide e riflessioni per l’intera comunità di Labsus. Vogliamo condividere con i nostri compagni di strada, vecchi e nuovi, iniziative e progetti. In particolare, ve ne segnaliamo due a cui teniamo particolarmente.
Il Rapporto 2024
Il primo riguarda il nostro, ormai tradizionale, Rapporto sullo stato dell’Amministrazione condivisa dei beni comuni che da qualche anno rappresenta un punto di riferimento nell’analizzare e documentare le pratiche di cura condivisa, fornendo un quadro completo e aggiornato su quanto avviene in ambito nazionale e internazionale. Dal 2014, Labsus ha pubblicato nove rapporti annuali (tutti scaricabili gratuitamente qui) che hanno tracciato l’evoluzione di quanto accaduto in Italia dal primo Regolamento del Comune di Bologna nel 2014 ad oggi.
Il prossimo Rapporto sarà centrato sull’impatto dell’Amministrazione condivisa dei beni comuni in corso in Italia agli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale. Una parte dell’analisi dei patti di collaborazione verrà centrata sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e metterà in luce come i Patti di collaborazione contribuiscano in maniera creativa alla cura del patrimonio naturale producendo benessere sociale.
Il primo Festival dell’Amministrazione condivisa
Il secondo rappresenta una novità assoluta per noi. In collaborazione con il Comune di Assisi e il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Perugia stiamo organizzando il primo Festival dell’Amministrazione condivisa dei beni comuni che vuole essere, attraverso il nostro sguardo, un racconto dell’Italia, di come è cambiato il nostro Paese e il panorama internazionale. In quale contesto, a partire dal 2014, è nata nel nostro Paese L’Amministrazione condivisa, con il primo Regolamento sulla cura e la rigenerazione dei beni comuni. Un nuovo modello culturale, politico e amministrativo che ha l’ambizione di dare risposte alle sfide sociali che abbiamo davanti. Se è vero, infatti, che tutte le ricerche raccontano un mondo in cui le paure e le diseguaglianze crescono, l’impegno civile rappresenta un fattore decisivo per costruire una società migliore.
Il tema delle giornate di Assisi è il futuro, a partire dalle tante esperienze che si sono diffuse nel nostro Paese intorno a parole chiave come cura, solidarietà, condivisione, accoglienza.
Il Festival sarà l’occasione per permettere alle comunità dell’amministrazione condivisa dei beni comuni in Italia di conoscersi e di riconoscersi. Riflettere, proporre idee, percorsi e progetti su temi di interesse generale che riteniamo strategici per costruire un futuro più equo e più sostenibile, per tutte e tutti.
Ci vediamo ad Assisi, allora, i prossimi 27, 28 e 29 marzo. Nei prossimi giorni sul nostro sito l’intero programma e tutte le informazioni per partecipare. Non potete assolutamente mancare!