In particolare, Vita dà spazio al ragionamento attorno alle autonomie funzionali: le università, le camere di commercio e le istituzioni scolastiche. “In questi ultimi anni – spiega Arena – ci sono stati vari tentativi di “costituzionalizzare”, per così dire, le autonomie funzionali riportandole all’interno dell’ambito di applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale. L’ultimo tentativo in tal senso fu fatto nel 25, con il disegno di legge di revisione della Costituzione poi respinto dagli elettori con il referendum confermativo del giugno 26”.
Questa strada, che tendeva a porre le autonomie funzionali accanto ai cittadini quali possibili soggetti che autonomamente scelgono di prendersi cura dei beni comuni, non poteva funzionare poiché si riferiva a “enti pubblici la cui stessa esistenza dipende dal legislatore e le cui attività, per quanto espressione appunto di autonomia funzionale, non sono libere nel fine come quelle dei cittadini, espressione dell’assai più ampia autonomia dei privati”.
Ma Arena ragiona in queste pagine su un’altra possibile via di inclusione delle autonomie funzionali nell’alveo della sussidiarietà orizzontale. “Le autonomie funzionali- scrive – pur non essendo espressamente elencate all’articolo 118, ultimo comma, sono anch’esse tenute a ‘favorire’ i cittadini attivi, sostenendone le autonome iniziative volte a prendersi cura dei beni comuni. E questo da un lato apre nuovi spazi all’applicazione del principio di sussidiarietà e dunque all’attivismo civico, dall’altro legittima pienamente tutte quelle attività delle autonomie funzionali tendenti a creare collaborazioni fra i soggetti di cui sono enti esponenziali ed i soggetti espressione della società civile, del terzo settore e del mondo del non profit”.
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