Per una cultura dell'altro

Scopo principale del dossier è quello di favorire una visione agevole ma non superficiale delle statistiche sul fenomeno migratorio in Italia

A venti anni circa dalla pubblicazione del primo dossier sull’immigrazione, fortemente voluto dall’allora direttore della Caritas diocesana di Roma Luigi Di Liegro, il fenomeno immigratorio in Italia ha conosciuto una vertiginosa espansione: si è infatti passati dal mezzo milione di presenze straniere degli inizi anni novanta agli attuali 5milioni (nel conteggio si fa espresso riferimento all’immigrazione regolare). Ma al crescere dei numeri è diminuita la sensibilità dei cittadini nei confronti di questo “problema”: se inizialmente gli italiani guardavano con benevolenza, con curiosità e con accettazione all’evento, oggi a tutto ciò si è sostituito un atteggiamento di chiusura e di ostilità verso lo straniero che molto spesso sfocia in atti di discriminazione o, peggio ancora, di aperto razzismo. Ecco quindi che lo scopo principale del dossier è quello di favorire una visione agevole ma non superficiale delle statistiche sul fenomeno migratorio, al fine di superare informazioni parziali ed errate per cui immigrato è uguale a criminale.

Serve una nuova mentalità

La presentazione ha dunque inizio con il saluto iniziale di Monsignor Enrico Feroci, attuale direttore della Caritas diocesana di Roma, il quale, dopo aver reso omaggio alla figura di don Luigi Di Liegro, a cui abbiamo già accennato, sintetizza il suo punto di vista sul fenomeno migratorio tramite un collage di frasi e di idee espresse da don Luigi stesso. In particolare Feroci sottolinea come lo scopo del dossier sia quello di consentire una consultazione veloce e attendibile sul tema a tutte le persone interessate, “tenendo conto che i dubbi vanno dissipati con un ricorso non superficiale alle statistiche e che solo così si spiana la strada ad interventi sociali adeguati”. E aggiunge: “L’immigrazione è un’importante occasione per una conoscenza umana più approfondita. Ma in Italia manca una ideologia positiva dell’immigrazione. Spesso la si guarda come una realtà ostile, confondendo la regolamentazione con la diffidenza. Bisogna insistere invece sull’accoglienza e sull’inserimento, tenendo conto che più che di assistenza si tratta della tutela della dignità umana e che non si può offrire per carità ciò che è dovuto per giustizia”. A tal proposito Feroci ritiene necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che consenta di accettare il diverso superando insensibilità e chiusure egoistiche.
Il relatore ha anche affrontato il problema della relazione tra strutture pubbliche da una parte e il volontariato e la realtà socio-ecclesiale dall’altra, auspicando un rapporto maggiormente collaborativo ma non subalterno tra gli stessi che tenda a far rientrare nell’ambito pubblico le intuizioni della base sociale.

Al termine dell’intervento è stato proiettato in sala un video sul dossier realizzato da Giuseppe Rogolino per Rai news 24 e che ha racchiuso in pochi minuti quelli che sono i suoi contenuti principali, portando alla ribalta i dati ritenuti più interessanti.

Un sostegno per la nostra economia

Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico immigrazione, ha invece posto in risalto il fatto che l’Italia è un paese in affanno (economicamente parlando) e che l’immigrazione svolge in tal senso una funzione positiva. “L’immigrazione ha innanzitutto rimediato alla carenza di manodopera” afferma Pittau, che continua snocciolando alcuni dati: “Oggi gli immigrati lavoratori sono circa 2milioni. In alcuni settori (lavori pesanti, agricoltura, edilizia, assistenza) non sarebbe possibile pensare ad una continuazione se non ci fossero loro. Sono disposti a svolgere attività che noi non apprezziamo più. Svolgono, inoltre, i lavori più penosi, come ad esempio lavori notturni o in giorni festivi. Sono più giovani di noi e pagano ogni anno alle casse dell’Inps 7miliardi e mezzo di contributi previdenziali incidendo solo per il 2 percento sui flussi di pensionamento. Contribuiscono per ben l’11 percento del nostro Pil e molti di loro hanno persino creato lavoro. Una stima attendibile dice che quest’area di lavoro creata dagli immigrati corrisponde alla cifra di mezzo milione di nuovi posti”.
Pittau conclude il suo intervento rimarcando come un nuovo approccio al fenomeno migratorio è possibile solo se le istituzioni e i cittadini comprendono che l’immigrazione è una risorsa per la nostra società e che i benefici che ne derivano superano di gran lunga quelli che possono essere considerati i costi, di qualunque natura essi siano.

Il punto di vista degli immigrati

A presentare il punto di vista degli immigrati sul dossier è intervenuto Radwan Khawatmi, imprenditore siriano residente in Italia da circa quarant’anni. Khawatmi sviluppa il suo intervento prendendo in considerazione tre aspetti fondamentali del fenomeno immigrazione, vale a dire gli aspetti economici, sociali e politici.
Con riferimento al lato economico, il relatore ribadisce quanto già affermato da Pittau nel suo precedente intervento arrivando alla conclusione secondo cui i “nuovi italiani” (è il suo modo di definire gli immigrati) stanno diventando “la colonna portante dell’economia italiana”.
In seguito, limitatamente all’aspetto sociale, Khawatmi auspica una nuova politica di integrazione scolastica, che rigetti le provocazioni di alcuni sindaci di creare classi separate per gli stranieri o tese a vietare le scuole ai bambini di clandestini, così come sostiene caldamente una pacifica convivenza tra le religioni nel nostro paese dal momento che i consistenti flussi migratori diretti verso l’Italia, provenienti specialmente da paesi musulmani, hanno fatto emergere prepotentemente il problema dei rapporti con il mondo islamico.
Per ultimo viene affrontato l’aspetto politico legato all’immigrazione rispolverando tematiche fortemente attuali, quali la questione del voto amministrativo per gli immigrati e l’inadeguatezza dell’attuale normativa sull’argomento oggetto di discussione. Sul primo punto Khawatmi sostiene che “l’integrazione è anche possibilità di poter partecipare al governo della propria città” e che le resistenze di alcune forze politiche sul tema sono dettate da una paura ingiustificata. Sul secondo punto il tono utilizzato non nasconde un velo di critica e il commento è laconico ma incisivo: “la legge Bossi-Fini non è più adeguata a regolare un fenomeno in così rapida trasformazione.” Infine viene rimarcata la necessità di creare un Alto commissariato per l’immigrazione, così come è stato fatto in diversi paesi europei, con il compito di gestire correttamente questo fenomeno dal punto di vista economico, sociale e politico.

Una società interculturale

In seguito Monsignor Guerino Di Tora, membro della conferenza episcopale del Lazio e Presidente della commissione migrazioni, ha introdotto un tema molto delicato: la società multiculturale chiamata a diventare una società interculturale. “La presenza regolare in Italia è ben visibile e ci colloca tra i primi paesi di immigrazione in Europa subito dopo la Germania” esordisce Di Tora, che prosegue: “Le previsioni lasciano intendere che l’Italia a metà secolo potrà collocarsi al vertice europeo per numero di immigrati. Tuttavia, seppur con diverse motivazioni, sono forti le resistenze a prendere coscienza che l’Italia è diventata una società multiculturale, quasi che la stessa sia per definizione ingovernabile e che non possa diventare una società interculturale”. Sulla base di questa riflessione Di Tora arriva alla conclusione per cui le culture devono incontrarsi: “multicultura è solo un dato di fatto mentre intercultura è una strategia imperniata sul confronto, sul dialogo, sulla mediazione. Se così andranno le cose, la società multiculturale non comporterà per noi italiani la rinuncia alle nostre tradizioni”.

Intervento istituzionale

L’ultimo intervento, in ordine di tempo, è stato quello di Mariella Zezza, assessore al lavoro e alle politiche sociali della Regione Lazio, che ha sostituito all’ultimo momento il Presidente della Regione Lazio Renata Polverini.
Zezza ha colto l’occasione per sottolineare come l’amministrazione regionale del Lazio sia particolarmente attiva nella promozione di attività di integrazione degli immigrati, ad esempio attraverso la pubblicazione di una serie di bandi che li vedono come destinatari, finanziati per la maggior parte con soldi provenienti dal Fondo sociale europeo e riguardanti ambiti quali l’impresa, la formazione e la scuola. Non mancano poi misure volte a contrastare fenomeni odiosi come la tratta delle persone e lo strumento della prostituzione.
Dopo essere entrata nel merito dei contenuti dei singoli bandi, l’assessore conclude il suo discorso con delle parole che vogliono essere in pratica una sintesi di quanto affermato nel corso della presentazione del dossier: “Non possiamo non constatare che oggi in Italia gli immigrati hanno raggiunto un livello di partecipazione e di contributo alla vita economica e sociale del paese non più trascurabile, un dato che ancora non riusciamo ad inquadrare nel modo giusto poiché il mondo che ci circonda ha avuto una evoluzione in taluni casi troppo rapida e composita portando la nostra società verso una forma di multiculturalismo dalla quale non possiamo più prescindere. Ma il multiculturalismo deve essere la base per uno sviluppo di tipo interculturale della società, poiché solo così si entra in profondità nel problema e si eliminano eventuali punti di dissidio”.

Conclusioni

Durante la presentazione del dossier un messaggio è veicolato più forte di altri: per poter affrontare seriamente il problema dell’immigrazione senza abbandonarsi a slogan e deduzioni superficiali è necessario un cambiamento di mentalità, tanto delle istituzioni quanto dei cittadini, votata all’inclusione e non all’emarginazione. Ma la domanda è: come possono i cittadini contribuire alla buona riuscita delle politiche di integrazione? Visitando la categoria ‘integrazione’ della sezione ‘casi ed esperienze’ del nostro sito è possibile trovare la risposta. Infatti, sono qui riportati alcuni preziosi esempi di come la sussidiarietà orizzontale possa essere il vero asso nella manica per la promozione dal basso di un nuovo modo di concepire l’immigrato, da vedere non più come una minaccia ma come un’opportunità o addirittura una risorsa.