Si può costruire una " eco-nomia " fondata sui beni comuni?

Parte a Reggio Emilia la Scuola dei beni comuni verso una nuova "ricostruzione materiale e morale" del Paese

La Gabella di Reggio Emilia è da sempre un luogo aperto al dialogo con i giovani e il territorio, spazio di incontro e di iniziative culturali e proprio qui si è deciso di dare il via alla ” Scuola dei Beni Comuni ” per dare la possibilità  ai cittadini di non essere limitati alla sola partecipazione alla discussione di concetti e pratiche ma di essere soggetti attivi nei processi decisionali.
La ” Scuola dei Beni Comuni ” nasce per far comprendere come le aspirazioni di ogni cittadino siano maggiormente realizzabili se ognuno di noi si avvicinasse al concetto stesso di beni comuni, cioè quel ricco bagaglio di risorse naturali e culturali dalle quali dipende tutta la nostra vita. Lo scopo è quello di consentire alle persone e alle organizzazioni di condividere e accrescere la loro comprensione ai beni comuni locali e globali. Prenderanno parte al primo degli incontri in programma, il professor Maurizio Franzini (Università  La Sapienza) e la dottoressa Eleonora Ferrari (Università  di Bologna) che dialogheranno sulla situazione economica ed occupazionale dell’Italia.

Banning poverty: dichiariamo illegale la povertà !

La Scuola dei beni comuni  è protagonista di molte iniziative volte a ridurre le disuguaglianze tra cittadini, tra le quali spicca la campagna internazionale ” Banning Poverty-Dichiariamo illegale la povertà  ” lanciata nel 2012 con lo scopo di ridurre le cause strutturali che non permettono di ridurre la povertà  nei paesi meno sviluppati e aumentano sempre più il gap economico tra i paesi industrializzati e quelli più poveri. L’obiettivo è di ottenere nel 2018, a 70 anni dalla ” Dichiarazione Universale di Diritti dell’Uomo ” , l’adozione di una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che affermi la legittimità  della messa fuori legge dei fattori che sono all’origine di una ricchezza inuguale, ingiusta e che permetta effettivamente che gli abitanti di tutto il mondo abbiano le stesse possibilità .

I beni comuni possono ridurre il ” gap ” economico

Emerge sempre più spesso come nel nostro paese sia facile ereditare disuguaglianze economico-sociali dai nostri padri e di fatto come non si consenta, nel mondo lavorativo, di partire tutti con le stesse opportunità . Per questo a partire dai beni comuni  si può fondare la nuova ” eco-nomia ” . Disponiamo infatti di un’insieme di aspirazioni condivise: la sicurezza, il benessere dei nostri cari e la giusta partecipazione alle possibilità  della vita che vanno efficacemente gestite. Le risorse naturali della terra e le risorse culturali dell’umanità  vanno equamente distribuite e custodite per il bene di tutti sia per le presenti che per le future generazioni.
Oggi si parla di ” bene comune globale ” come somma di tutti i vari beni locali.  Bisognerebbe inaugurare un nuovo corso per la ripresa del Paese, come affermato anche da Gregorio Arena sulle pagine di Labsus, puntando ad ” una ricostruzione fondata questa volta soprattutto sulla cura e sullo sviluppo dei beni comuni materiali ed immateriali, quei beni che se arricchiti arricchiscono tutti e se impoveriti impoveriscono tutti. Non è affatto un obiettivo utopistico, in quanto migliaia di cittadini attivi si stanno già  prendendo cura dei beni comuni presenti sul proprio territorio, ma senza la consapevolezza che le loro singole, spesso piccole ed isolate iniziative fanno parte di un più ampio movimento di ricostruzione materiale e morale ” .

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