Interpretazioni, estensione e garanzie secondo Daniele Donati

Sussidiarietà  non è quindi delega, ma assunzione di responsabilità , personale prima, collettiva poi

Da un cultore del Diritto Amministrativo, quale Daniele Donati è, ci si sarebbe potuti aspettare una analisi sulla sussidiarietà  orizzontale condotta sulla base del freddo dato normativo. Invece, piacevolmente ci si imbatte in una visione capace di cogliere un percorso storico che evidenzia la nascita del concetto di sussidiarietà  orizzontale in contesti, quali quello cristiano e quello liberale, ben più risalenti rispetto allo sdoganamento apportato dal diritto dell’Unione Europea. E’ opinione comune che il diritto sovranazionale abbia rappresentato la fonte principale di ispirazione per introdurre esplicitamente nella Costituzione italiana il principio di sussidiarietà  orizzontale tramite la riforma del 2001 che ha portato alla formulazione espressa di tale concetto all’interno dell’articolo 108 comma 4. Si sa però che la scrittura, come asseriva Platone nel ” Fedro ” , è un dono pericoloso, perché la cristallizzazione di un pensiero in una formula fissa da un lato può portare a maggior certezza e condivisione, dall’altro comporta rischi di sclerotizzazione e di irrigidimento. Ecco che quindi l’autore evidenzia alcuni aspetti critici della disposizione costituzionale: cosa significa favorire? chi è da intendersi per cittadini singoli e associati? come si sviluppa una autonoma iniziativa? quali sono le attività  di interesse generale?

Confini e potenzialità  del principio di sussidiarietà  orizzontale

Capire quali siano i confini e, soprattutto, le potenzialità  della sussidiarietà  orizzontale permette di ricostruirne l’applicazione nelle diverse fasi storiche del nostro ordinamento, prima ancora che si riscontrasse un riconoscimento costituzionale. Da questa base, sarà  possibile favorirne l’applicazione in contesti sempre più ampi e diversi, riabilitandola da quella sorta di limbo di grandi teorizzazioni e scarse applicazioni, cosìda arrivare ad un vero e proprio paradigma sussidiario. Per farlo, occorre operare alcune revisioni in schemi consolidati ed obsoleti, quali il dualismo Stato-mercato.

Conclusioni: dalla teoria alla pratica

L’idea della sussidiarietà  è allora quella di contribuire a combattere prima le disuguaglianze e poi la defezione, dando voce alle energie e alle risorse inespresse dei cittadini singoli e associati ” , dice l’autore. La valorizzazione e la capacità  dell’iniziativa privata rappresentano espressione della libertà  che l’ordinamento democratico tutela. Tale libertà , tuttavia, deve essere concepita non a fini egoistici, ma per coinvolgere interessi generali in un’ottica comune. Da ciò deriva l’avvallo all’azione dei privati per fornire prestazioni per una miglior soddisfazione possibile degli interessi.

Le citazioni in epigrafe rendono efficacemente l’idea di cosa ci si possa aspettare dalla lettura di questo libro: entrambe invitano all’azione, a staccarsi dal limbo della teoria pratica, che predica di fare ma non fa. ” No! Provare, no! Fare o non fare, non c’è provare! ” , dice il Maestro Yoda in Star Wars. Con più aplomb, dal pensiero del filosofo Dahrendorf è riportato che ” il crinale fra teoria e prassi è un luogo di sosta insicuro e, alla lunga, insoddisfacente ” . L’impressione finale, al termine della lettura dell’opera, è che questo obiettivo sia raggiungibile.

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