L'intervista all'assessore all'urbanistica, Alessio d'Auria

Scarsa compartecipazione, forme di rifiuto e opposizione all’esecuzione delle opere pubbliche da parte dei cittadini: l'unica strada è il passaggio da policy-takers a policy-makers

Condiviso dall’assessore alle politiche sociali Pasquale Orlando, il progetto è ancora agli albori ma, considerato necessario per il rinnovamento di forme di democrazia partecipativa, prevederà una prima sessione di confronto con la cittadinanza già dal mese di settembre, punto d’avvio per la costruzione di un’agenda urbana partecipata. Ed è proprio da quest’ultimo concetto che nasce il desiderio di adottare il Regolamento da parte dell’assessore d’Auria, di cui riportiamo l’intervista.

Perché adottare il Regolamento?
Per costruire un’agenda urbana effettivamente ed efficacemente partecipata, obiettivo ostacolato da due problemi (comuni alla maggior parte delle città italiane, specie nel Mezzogiorno): da un lato, la crisi conclamata della democrazia rappresentativa e dall’altro, la sempre crescente mancanza di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Questo drammatico momento di disorientamento sociale ed istituzionale richiede l’elaborazione di strategie e strumenti innovativi, per intraprendere pratiche di co-produzione e co-governance della città e quindi, prima ancora, di co-produzione di un’agenda urbana condivisa e inclusiva, attraverso forme di democrazia partecipativa e deliberativa. D’altra parte, la costruzione di una nuova agenda urbana, intesa come sequenza reale di azioni e non mera dichiarazione d’intenti, è uno degli obiettivi centrali della terza conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo urbano sostenibile, che si terrà nel 2016.
A Castellammare, dove da due anni mi è stata assegnata la delega all’urbanistica e al Programma Integrato Urbano Europa, ho verificato uno scollamento fra l’elaborazione di strategie di sviluppo urbanistico della città e la loro realizzazione. La scarsa o inefficace compartecipazione da parte dei cittadini nella definizione delle scelte -ormai non più negoziabili- ha spesso comportato forme di rifiuto se non di opposizione all’esecuzione delle opere pubbliche, giacché non riconosciute come effettivamente utili. Sono convinto che l’unica strada per superare questo vulnus sia consentire ai cittadini di essere non più policy-takers, ma policy-makers. Per vincere questa sfida è necessario attivare una rinnovata forma di collaborazione tra cittadini e pubblica amministrazione, fondata su principi come la fiducia reciproca, la trasparenza, la responsabilità, l’apertura, l’informalità e l’autonomia. Il Regolamento è, quindi, necessario per disciplinare tali forme di collaborazione, dando attuazione agli articoli 118, 114 comma 2 e 117 comma 6 della Costituzione, sulla falsariga dell’esempio bolognese in primis.

Interventi di arredo urbano e laboratori di pianificazione partecipata

Ha parlato dell’attuazione di microprogetti, come strumento amministrativo di diretta applicazione del principio di sussidiarietà. Cosa intende e quali pensa saranno i primi interventi da realizzare nel suo Comune?
Mi riferisco in particolare a microprogetti di arredo urbano o d’interesse locale, operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà di cui all’articolo 23 del decreto legge 185 del 2008 convertito con la legge 2 del 28 gennaio 2009. Tali microprogetti dovranno essere di immediata realizzabilità, cioè dotati di autonomia funzionale ed idonei all’uso pubblico cui destinati e riferiti in particolare ad interventi di micro-arredo urbano; cura e manutenzione di vicoli, scalinate, così come di aiuole e fontane. Vorrei partire da azioni di recupero del centro antico di Castellammare di Stabia e delle periferie, dove tante associazioni di cittadini desiderano essere protagoniste attive della rinascita dei loro quartieri. È proprio attraverso la realizzazione di questi microprogetti che si riconosce e rafforza il valore del principio di sussidiarietà orizzontale e quindi si concreta la legittimazione dei soggetti portatori d’interessi diffusi (i cosiddetti stakeholders).
Penso che si potrebbe partire da questo, per innescare politiche urbane più impegnative e a lungo termine. Un progetto che ho in mente riguarda la rivitalizzazione partecipata del centro antico, attraverso la trasformazione dei “bassi” da abitazioni malsane e spesso inabitabili in attività commerciali e/o terziarie, anche utilizzando agevolazioni di tipo fiscale. Vorrei chiamarlo: “ripartiamo dal basso”. Un altro progetto, condiviso con le associazioni di volontariato, riguarda la redazione condivisa di un piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Crede che l’attuazione sarà un percorso semplice?
Il progetto è ancora agli albori: a partire dall’autunno è mia intenzione attivare, assieme all’assessore alle politiche sociali Pasquale Orlando, dei laboratori di pianificazione partecipata in cui, attraverso un confronto aperto con l’amministrazione e con i dipendenti pubblici, i cittadini possano suggerire le aree della città su cui intervenire e i progetti da realizzare, per sperimentare nuove forme di gestione civica degli spazi pubblici. In questi laboratori si procederà alla redazione, in forma condivisa e partecipativa, del regolamento, che poi sarà portato all’attenzione della Giunta e del Consiglio. Dopo un percorso di condivisione e partecipazione così strutturato, credo che anche i consiglieri comunali faranno la loro parte.

Quale pensa sarà la reazione dei cittadini di Castellammare di Stabia?
So che esistono sul territorio già molte associazioni di cittadini pronte a collaborare per la redazione del “regolamento” e a raccogliere la sfida di metterlo in pratica in maniera continuativa. Sono convinto che questa possa essere una grande occasione per provare a creare quel capitale sociale che connota da tempo, in maniera virtuosa, le comunità urbane del centro Italia (e le loro scelte) e che sembra essere tanto debole nelle città del Mezzogiorno, quanto necessario per dare qualità alla nostra democrazia.

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