La cura dei beni comuni può creare posti di lavoro? Le prospettive occupazionali tra sostenibilità economica, capacità imprenditoriali e dimensione relazionale.

Quello della rigenerazione di beni comuni in stato di abbandono – e quello connesso delle possibilità di creare da qui nuovi posti di lavoro – è un tema relativamente recente. Ed è un tema che negli ultimi anni ha assunto sempre maggiore rilevanza tanto che, nel 2015, dall’incontro tra Labsus, Euricse e Università di Trento, nasceva la SIBEC, la prima scuola italiana sui beni comuni. L’obiettivo era e rimane quello di formare “gestori di beni comuni”. Un percorso professionalizzante, che riunisse competenze, individuasse buone pratiche, mettesse in contatto persone.

Il gestore dei beni comuni

Ma chi è il gestore dei beni comuni? Una nuova figura capace di agire dentro le pubbliche amministrazioni, o in contesti non profit, ma anche in autonomia sotto forma di “imprenditore”. Una figura trasversale con competenze miste, in grado di coniugare abilità relazionali e mediazione con competenze manageriali e gestionali. Una sfida tutt’altro che semplice ma che muove da alcune convinzioni forti, ben espresse in una recente intervista da Gianluca Salvatori di Euricse. Come spiega il segretario generale di Euricse, infatti, “dalla grande recessione del 2008 in avanti il maggior numero di nuovi posti di lavoro è stato creato negli ambiti della cura della persona, dei servizi sociali, delle professioni di un terziario avanzato al cui centro sta la dimensione relazionale”.
E al centro dei beni comuni, come abbiamo espresso in più occasioni, ci sono proprio le relazioni. “Nella gestione di beni comuni il nesso tra spazi fisici di aggregazione sociale e occupazioni non dematerializzabili resta forte”, continua Gianluca Salvatori, “e produce nuovi lavori che richiedono creatività e conoscenza”. Ma non solo creatività, perché, la natura del bene richiede anche altre competenze. “La gestione di un bene comune è una responsabilità assunta nei confronti di altre persone e quindi deve essere sostenibile nel tempo”. La sostenibilità economica richiede, quindi, competenze di tipo imprenditoriale, “capacità di creare valore, abilità nel coniugare finalità sociali e solidità economica”.
La gestione di un bene comune non si può risolvere nella richiesta di risorse pubbliche per il suo sostentamento, “verrebbe tradito lo spirito della mobilitazione di energie civiche che sta alla base dell’idea stessa dei beni comuni”. La sfida quindi è sempre più attuale, e per questo la SIBEC vi dà appuntamento in autunno.