Un esperimento di partecipazione dal basso che andrebbe inserito come strumento all’interno dei processi di pianificazione urbanistica

Lunedì 8 Aprile, nell’ambito degli incontri promossi da Luoghicomuni dentro il programma Lacittàintorno, è stata discussa insieme agli abitanti di Chiaravalle e alle associazioni presenti la prima bozza del Patto di Collaborazione che coinvolge tutta la comunità: un Patto Cornice che ha identificato il borgo come bene comune su cui costruire le azioni di cura. La scelta del patto cornice è emersa lungo un percorso che ha evidenziato due aspetti in particolare: il legame forte tra gli abitanti e il loro borgo; la ricchezza di esperienze associative che, però, lavorano poco insieme. Il patto cornice, dunque, può essere lo strumento per valorizzare una risorsa – il rapporto tra il borgo e gli abitanti – e superare una criticità, attraverso la costruzione di relazioni tra gruppi che lavorano sullo stesso territorio.

L’intervento dell’Assessore Lorenzo Lipparini

La proposta in 8 punti

  1. Il patto prevede che, attraverso il progetto Luoghicomuni, possa nascere un coordinamento tra tutti coloro che firmano differenti patti. Questo crea un rapporto tra le persone e i gruppi, alimenta lo scambio di idee, contribuisce a cambiare l’idea stessa di ciò che noi consideriamo periferia.
  2. I principi su cui si fonda il patto sono fondamentali. Se ne possono indicare almeno quattro: Chiaravalle inteso come bene comune immateriale (ogni cittadino si impegna a promuovere azioni affinché tutti possano usufruire con spirito collaborativo tra amministrazione e comunità); la ricchezza del luogo (base da cui partire per considerare Chiaravalle un centro capace di essere attrattivo per l’intera città); il paesaggio come intreccio di storia e memoria; l’importanza delle giovani generazioni, viste come una garanzia per la comunità.
  3. Le aree individuate su cui lavorare sono due: aree verdi e orti urbani, esistenti e da creare, e gli spazi urbani come la ferrovia dismessa, il lavatoio e gli spazi pubblici da restituire all’uso collettivo. Anche la a toponomastica, per i luoghi senza nome, può diventare oggetto di un patto attraverso il quale lavorare per rafforzare l’identità del borgo. Le piazze diventano così un modo prezioso per trasmettere la memoria del luogo.
  4. Le forme di sostegno date dall’istituzione ai cittadini possono essere di vario tipo, esse emergono nel momento in cui si collabora e si lavora attraverso la coprogettazione. Ogni patto generato dal patto cornice può avere forme di sostegno differenti: quelle economiche non sono sempre le più importanti, è attraverso la collaborazione che i bisogni e le esigenze trovano una risposta.
  5. Gli obiettivi da raggiungere attraverso il patto sono il frutto della creatività di persone che collaborano insieme.
  6. Il patto cornice è generativo: spinge alla collaborazione tra soggetti diversi e, attraverso la condivisione di principi e regole, genera ulteriori patti di collaborazione e azioni specifiche.
  7. La coprogettazione è fondamentale ed è la massima espressione del principio di sussidiarietà, perché è nella coprogettazione che le istituzioni e i cittadini operano sullo stesso piano e con lo stesso potere. In questo modo si traducono gli obiettivi in azioni concrete e vengono definite con più chiarezza le azioni che i cittadini vogliono portare avanti.
  8. Fondamentale anche il monitoraggio del patto per vedere come sta crescendo e come sta evolvendo la storia della comunità, in quanto il patto investe nella vita quotidiana di ciascuno.

L’intervento di Gregorio Arena, Presidente Labsus

Rimodulare i poteri in gioco

Il patto cornice permette alla popolazione di decidere le azioni di cura evidenziando le linee di forza e di debolezza del proprio territorio. Rappresenta un interessante esperimento di partecipazione dal basso, che andrebbe inserito come strumento all’interno dei processi di pianificazione urbanistica, perché è uno strumento eterodosso di lavoro sul territorio, là dove il piano urbanistico generale rappresenta la norma codificata. Cosa si potrebbe fare? Accordare gli strumenti della pianificazione già adottati con l’innesto di energie dal basso. Vi sarebbe così una rimodulazione dei poteri in gioco e la nascita di un nuovo equilibrio più orientato verso il basso.
La popolazione rappresenta la comunità, e, in almeno due articoli del Regolamento edilizio di Milano emerge un possibile rapporto con l’istituzione: l’art. 12, che prevede che siano i privati a farsi carico della tutela di un bene, altrimenti interviene il Comune; l’art. 18, che prevede che soggetti profit possano ad esempio prendersi cura di un pezzo di marciapiede. Nel momento in cui si stipula un patto con l’amministrazione nasce un duplice legame con il bene: materiale, in quanto si contribuisce mettendo a disposizione risorse proprie; giuridico, poiché ci si assume una responsabilità nei confronti dei cittadini e dell’amministrazione. In Italia il numero di cittadini attivi sta crescendo, perché attraverso la cura dei beni comuni crescono i legami di comunità.

Chiara Bartolozzi di Fondazione Cariplo

Interventi dal pubblico e proposte di collaborazione

La presentazione della bozza del patto cornice è stata anche l’occasione per presentare azioni e progetti che potrebbero divenire più efficaci attraverso la stipula di patti di collaborazione. Cascina Casottello ha evidenziato come questo sia un progetto interessante per la zona poiché molte cose che loro fanno sono basate sulle richieste dei cittadini e sono il frutto del lavoro di rete. Vi è stato poi l’intervento di un’insegnante di scienze del liceo artistico di Brera, sul valore e sulle potenzialità del Parco della Vettabbia dove sono presenti più di 130 tipi uccelli e 18 tipi di farfalle, ma c’è bisogno di collaborazione nella gestione del parco, che deve essere gestito in maniera consona alla vita degli animali. Il patto di collaborazione può essere visto come una risorsa poiché la richiesta di far convivere nel parco l’uomo e le specie animali diventerebbe una richiesta dei cittadini. Sono state presentate ulteriori proposte: costruire una casa dell’acqua e organizzare il book crossing dove c’è il lavatoio; tenere in considerazione il ruolo storico di Chiaravalle come zona delle acque; aumentare l’afflusso da Rogoredo riattivando il percorso storico dei monaci (si presenterebbe come giardino d’ingresso a Chiaravalle); dare i nomi alle piazze; rendere più piacevole la visita al borgo vicino all’Abbazia; incrementare i mezzi di trasporto per aumentare il flusso di persone che proviene da Milano.