In questo 2022 l’Agenda 21 compie 30 anni. Era il 1992 quando questo programma fu lanciato a Rio de Janeiro dalle Nazioni Unite. Se è praticamente impossibile non essere d’accordo con chi ne ha bocciato l’efficacia a livello globale sul fronte dei cambiamenti climatici e della sostenibilità ambientale, bisogna invece riconoscere – forti di questa prospettiva trentennale – che molte Agende 21 locali hanno preso sul serio la spinta verso uno stile di governo più partecipativo, iniziando ad aprire per davvero le pubbliche amministrazioni ai contributi dei diversi soggetti attivi nelle città e nei territori. Sarebbe interessante fare una ricerca accurata sul rapporto tra Agende 21 locali e Comuni che hanno adottato il Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni, partendo dall’ipotesi che in molti contesti la via per la stipula di Patti di collaborazione sia stata preparata da processi partecipativi avviati proprio dalle Agende 21 locali già a partire dagli anni Novanta del Novecento, piuttosto che nei primi anni Duemila.
L’Ecomuseo di Parabiago
Ad esempio, Parabiago (28.000 abitanti, Città metropolitana di Milano) nel 2003 aderisce alla Carta di Aalborg impegnandosi nel processo d’attuazione dell’Agenda 21 a livello locale, nel 2007 apre il forum locale partecipativo, nel 2008 riconosce l’Ecomuseo comunale, nel 2016 adotta il Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni. È emblematico che proprio l’Ecomuseo diventi in questo contesto la cabina di regia dei Patti di collaborazione. La pagina web dell’Agenda 21 locale di Parabiago si apre con questa citazione di Italo Calvino tratta da Le città invisibili: Alle volte basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Non sono forse righe che parlano anche dei beni comuni relazionali, cuore del nostro laboratorio per la sussidiarietà?
Ringraziamo per averci dedicato il tempo di un’intervista Raul Dal Santo, dipendente del Comune di Parabiago (ufficio Ecologia) e curatore insieme a Ivano Colombo dell’Agenda locale 21 di Parabiago. «Sono un vostro assiduo lettore», esordisce facendoci un gran piacere, quindi ci racconta che «l’Ecomuseo nasce nel 2008 insieme al Parco dei Mulini come Patto tra 5 Comuni, non solo con un approccio di pianificazione partecipato, ma anche di gestione condivisa. Nella prima fase, tra il 2013 e il 2014, l’Ecomuseo ha facilitato questo modo di pianificare, attraverso il patto per il fiume Olona come strumento di gestione dei diversi interventi. Da allora noi non organizziamo più nulla, ma facciamo da facilitatori di iniziative di cittadine e cittadini, singoli e associati, in linea con le attività culturali, ambientali ed ecomuseali. Noi insomma coordiniamo i progetti, che a volte sono molto simili tra loro. Cerchiamo di ottimizzare le risorse.»
Un cammino alla ricerca dell’equilibrio
Quando gli chiediamo come hanno conosciuto Labsus ci risponde che in quegli anni a Parabiago molta attenzione era rivolta al tema della sicurezza di vicinato e il sindaco s’interrogava su come fare per aggregare insieme i singoli soggetti che volevano mettersi a disposizione. E continua: «questo è un aspetto che non seguo ma so che sto andando molto bene. Certamente è stata la miccia per innescare tante iniziative piccole e grandi e per liberare molte energie presenti nella comunità. Per poterle seguire, non facciamo nient’altro!».
Questa sua dichiarazione ci sembra centrale, perciò gli chiediamo in modo molto diretto: «Quindi come Ecomuseo avete cambiato lavoro?». E lui: «esatto! Registriamo molte necessità da parte delle persone che elaborano proposte di collaborazione, ma noi non siamo un parco regionale e abbiamo risorse ridotte, perciò cerchiamo di riuscire ad aggregare tutte queste forze, che in assenza dei Patti non avremmo saputo come mettere insieme. L’aspetto positivo è che si crea comunità, ad esempio convogliando tutte queste energie verso il fiume Olona, luogo in cui l’equilibrio s’è, per così dire, rotto, sia durante la fase industriale che durante la successiva de-industrializzazione. Ora diversi gruppi fanno pulizia del territorio, a volte le persone si spostano da un gruppo all’altro. Ci sono storie personali, poi c’è chi preferisce lavorare da solo. Sono attivi anche i pazienti CPS con malattie mentali. Anche a noi spesso servirebbe uno psicologo di supporto in questo lavoro. Il nostro è un Ecomuseo comunale, che ha un dipendente del Comune di Parabiago distaccato a lavorare lì più due colleghi, di cui uno che lavora per la gestione parco».
L’Ecomuseo come esempio per altre realtà
Gli chiediamo se a suo parere l’idea di un Ecomuseo come cabina di regia dei Patti può ispirare anche altre realtà e Raul ci risponde di sì: «spero che saremo un esempio perché, oltre a usare lo strumento dei Patti di collaborazione, lo divulghiamo. Quando abbiamo deciso di perseguire questa strada ci siamo confrontati con Cervia. Ovviamente ci sono ecomusei in luoghi spopolati che portano avanti Patti informali. Ma a Parabiago siamo quasi 30 mila abitanti e formalizzare certe alleanze è importante: c’è un tema di monitoraggio, c’è quello assicurativo… Quelle che una volta erano strette di mano oggi sono atti amministrativi che gli stessi cittadini spesso chiedono, e sono felici che il Comune riconosca la loro attività come di interesse generale».
Non si smette mai di stupirsi
Gli facciamo una domanda che ci piace spesso porre: se, in questi anni di pratica di Amministrazione condivisa dei beni comuni, qualche risultato lo abbia sorpreso. E lui ci racconta questa storia: «Giovanni Codari era un vecchietto che aveva stipulato 3 Patti, per fare un giardino e rinverdire un altro luogo con aiuole. Uno spazio che non abbiamo mai capito se era una proprietà privata, ma la fece diventare un’area tutta fiorita, da grigia che era. Poi ci segnalò una fontana anni Cinquanta ridotta in pessimo stato, proponendoci l’idea di un giardino di piante acquatiche. Mi emoziona che anche dopo la sua morte sboccino fiori particolari che aveva messo: solo dopo la sua morte abbiamo capito completamente il suo progetto. Continuano a prendersi cura della fontana alcuni stagisti dalle scuole, e altre persone hanno raccolto il testimone per gli altri due giardini».
Il Patto del fiume Olona: una visione di rete
Al lavoro sul Rapporto Labsus 2021, uno dei Patti più interessanti in corso nel territorio ci è sembrato quello sulla cura condivisa del fiume Olona, co-progettato insieme ad alcuni pianificatori del Politecnico di Milano e ricercatori dell’IRS: «sono loro che ci hanno aiutato a condividere degli obiettivi di sistema da un lato e arrivare a studi di fattibilità dall’altro lato. Avendoci lavorato prima nella forma del patto, abbiamo poi potuto accedere a finanziamenti che andavano a incidere anche su proprietà private, oltre che su enti pubblici come le scuole: ad esempio proprietari terrieri, società di gestione di depuratori eccetera. Questa visione di rete di progetti cantierabili ha incluso anche diverse imprese, che a loro volta sono state d’accordo a piantare filari di alberi, abbiamo potuto ragionare in modo più sistemico sulle compensazioni Expo, proseguire attraverso i contratti di fiume sul parco dei Mulini».
L’Ecomuseo, la gestione condivisa dei beni comuni e il PNRR
Un’ultima nostra domanda riguarda Parabiago e il PNRR, ma Raul Dal Santo ci spiega che fino ad ora «l’esperienza è negativa, quasi drammatica. Nella Città metropolitana di Milano, infatti, i progetti candidabili riguardavano territori con una popolazione di almeno 50.000 abitanti e Parabiago ha quindi fatto rete con alcuni comuni del Parco e di tutto il territorio Olona-Ticino. Dopo che questa alleanza è stata comunicata alla stampa, il ministero ha spiegato che alcuni comuni non possono partecipare. I tempi sono sempre strettissimi, le cose vengono dette e non dette. Insomma, l’approccio sussidiario è quasi impossibile: alla fine 5 milioni di euro verranno destinati alla rigenerazione di un’ex industria, con una proposta socio-spaziale basata su un lavoro di ascolto di anni, molte riflessioni per creare ponti di socialità e di cultura. L’idea di un luogo per biblioteca e servizi emergeva da una visione sussidiaria, ma il problema è andare avanti con lo stesso grado di complessità. Se il progetto ora si concentra solo sulla biblioteca, rischia di perdere di vista tutta la rete e le possibili connessioni. Progettarlo non per i cittadini ma con loro, questo è il principio da seguire. Io sarei per fermarmi un attimo, basta col taglio dei nastri: preferisco dedicarci di più a curare insieme ai cittadini tante cose che abbiamo iniziato. Cose piccole spesso danno grandi risultati. Soldi, grossi appalti…Il rischio è che si lascino da parte altri progetti di territorio. Vedremo di qui al 2027!».
Qui la mappa #CondiVivo Parabiago, realizzata dall’Ecomuseo, che riporta i luoghi rigenerati e le caratteristiche dei Patti siglati!
Foto di copertina: attività realizzate nell’orto cistercense (credits:Raul Dal Santo)
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