Il Comune di Grottammare ha chiesto alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per le Marche, se sia legittimo dare in concessione diretta ad una Comunità di Energia Rinnovabile (CER), costituita come associazione non riconosciuta del Terzo settore, uno spazio pubblico (tetto di edificio, parcheggio) per un impianto FER (Fonti di Energia Rinnovabile). La questione riguarda l’interpretazione dell’art. 71, comma 2, del d. lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore – “CTS”), che consente agli Enti locali di concedere in comodato beni immobili non utilizzati per fini istituzionali agli enti del Terzo settore (escluse le imprese sociali) per lo svolgimento di attività istituzionali.
CER e attività di interesse generale nel Codice del Terzo settore
In via preliminare, la Corte dei conti ha riconosciuto il marcato favor del quadro regolatorio europeo e nazionale nei confronti delle CER, strumenti ispirati al principio di sussidiarietà orizzontale, ricordando come lo stesso Codice del Terzo settore sia stato modificato includendo tra le attività di interesse generale dell’articolo 5 anche “la produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo”. In questa prospettiva, le finalità delle CER risultano attinenti alle disposizioni contenute nel CTS.
Il principio di necessaria redditività del patrimonio immobiliare pubblico
Passando a verificare i presupposti per la concessione in comodato (essenzialmente gratuito) a enti del Terzo settore di spazi pubblici, appartenenti al patrimonio disponibile, la Corte dei conti, pur riconoscendo che gli enti territoriali non devono perseguire esclusivamente risultati economici, ritiene che il più ampio contesto normativo relativo alla gestione del patrimonio disponibile delle p.a. persegua la logica del principio di necessaria redditività. Il comodato (gratuito) rappresenterebbe, quindi, “un’evidente fonte di depauperamento in concreto del bilancio pubblico, in ragione della deminutio patrimoniale conseguente al mancato introito di utilità non tributarie sotto forma di canoni locatizi o altri corrispettivi”.
Eccezioni al principio di redditività
L’ente pubblico potrebbe comunque scegliere, in base all’art. 71, comma 2, CTS di rinunciare alle potenziali entrate erariali sotto forma di canone locatizio, concedendo il bene in comodato a organizzazioni non profit, ma si espone a responsabilità amministrativa e deve motivare caso per caso, dimostrando le ragioni che consentono di ritenere recessivo l’interesse alla ordinaria fruttuosità di un bene. Secondo orientamenti precedenti della Corte dei conti, infatti, il principio di redditività può essere eccezionalmente mitigato o derogato se si dimostra che l’interesse pubblico tutelato è almeno pari o superiore a quello economico. In tal caso, si ritiene che la potenziale perdita economica possa essere compensata da un “guadagno” in termini di finalità sociali, con una precisa copertura costituzionale negli artt. 2 e 118 Cost. (Corte Conti, sez. giur. Molise, 31 gennaio 2017, n. 12).
Requisiti per la concessione in comodato
Oltre alla verifica di quanto prescritto dai regolamenti comunali, al fine di valutare l’applicabilità dell’art. 71, comma 2, CTS, è necessario svolgere un’analisi di mercato pre-istruttoria, volta a conoscere le potenzialità reddituali del bene, nonché una ricognizione puntuale sui propri beni. La scelta finale deve essere motivata, rendendo esplicita l’assunzione di responsabilità, soprattutto per quanto riguarda la compatibilità finanziaria. Occorre poi predeterminare i criteri e le modalità di selezione dei soggetti destinatari, preferibilmente attraverso una procedura selettiva di natura comparativa, che si concluda con una valutazione motivata. Da ultimo, rimane fermo lo scopo non lucrativo di utilizzazione del bene, da accertare verificando le modalità con le quali viene svolta l’attività, nonché l’onere per i soggetti destinatari di effettuare interventi di manutenzione e quelli necessari alla funzionalità dell’immobile per la durata del comodato.
Recessività dell’interesse economico e transizione energetica solidale
È stata più volte sottolineata l’importanza del coinvolgimento dei soggetti pubblici nelle CER per garantire pari accessibilità alla transizione energetica. La delibera in oggetto sembra, invece, limitare tale possibilità, rimarcando la responsabilità degli amministratori nel caso in cui deroghino al principio di necessaria redditività, senza aver provveduto ad una approfondita istruttoria. Considerato che, spesso, si tratta della messa a disposizione di tetti pubblici inutilizzati, la delibera sembra non riconoscere adeguata rilevanza alla transizione energetica e al principio di solidarietà sotteso a determinati modelli di CER. Considerate le priorità del Green deal europeo e il favor per le CER come strumenti di sussidiarietà orizzontale e amministrazione condivisa, si ritiene che possa essere affermata con maggiore convinzione e generalità la recessività dell’interesse economico, anche al fine di superare la “paura della firma”. In questa prospettiva, da un lato si rileva come già nella giurisprudenza contabile siano presenti indirizzi maggiormente in linea con quanto auspicato, dall’altro, in relazione alle specificità delle CER, non si può che ravvisare la necessità di maggiori tutele legislative, che consentano il proliferare di iniziative, soprattutto solidali, delle pubbliche amministrazioni.
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