Da tempo, nel dibattito socio-pedagogico, una fra le principali critiche che vengono mosse alla scuola nella sua forma tradizionale è l’eccessiva rigidità didattica e organizzativa. Confini fortemente impermeabili fra il “dentro” e il “fuori” la scuola sono una manifestazione di questo modello che però si è rivelato inadeguato ad affrontare le sfide della società contemporanea, in veloce mutamento, sempre più complessa e interconnessa. Da qui le riflessioni sul futuro della scuola, sulla sua evoluzione, su come recupere una sua centralità strategica nello scenario odierno. L’UNESCO, nel suo recente rapporto “Re-immaginare i nostri futuri insieme. Un nuovo contratto sociale per l’educazione” (2023), richiama alla necessità di un “nuovo contratto sociale per l’educazione” fondato:
- sui diritti umani e sui principi di non discriminazione, giustizia sociale, rispetto della vita, dignità umane, diversità culturale;
- su un’etica della cura, della reciprocità e della solidarietà;
- su una visione dell’educazione come impegno pubblico e bene comune.
Questa visione presuppone che tutte le componenti della società si assumano la responsabilità del processo educativo. Per promuovere l’educazione come bene comune, la scuola deve porsi in relazione con la comunità.
«l’educazione è governata in comune. In quanto progetto sociale, l’educazione coinvolge molti attori diversi nella sua gestione e amministrazione. Voci e prospettive diverse devono essere integrate nelle politiche e nei processi decisionali. L’attuale tendenza verso un maggiore e più diversificato coinvolgimento non statale nella definizione delle politiche educative è espressione della crescente richiesta di voce, trasparenza e responsabilità nell’educazione intesa come questione pubblica. Il coinvolgimento di insegnanti, movimenti giovanili, gruppi comunitari, fondazioni, organizzazioni non governative, imprese, associazioni professionali, filantropi, istituzioni religiose e movimenti sociali può rafforzare l’equità, la qualità e la rilevanza dell’educazione. Gli attori non statali svolgono un ruolo importante nel garantire il diritto all’educazione, salvaguardando i principi di non discriminazione, pari opportunità e giustizia sociale» (UNESCO, 2023).
I Patti Educativi di Comunità quali alleanze fra scuola e territorio
In questo contesto i Patti Educativi di Comunità, introdotti col Piano scuola 2020/21, possono rappresentare un dispositivo strategico per la creazione di alleanze fra scuola e territorio. Attraverso di essi si prende coscienza di problemi e obiettivi comuni, si stabiliscono governance per regolare le relazioni fra attori, si individuano azioni da attuare e si approntano gli strumenti necessari. Ma soprattutto concorrono a creare fiducia fra attori sociali. La loro forma è spesso quella di una scrittura burocratica, ma portano con sé una tensione trasformativa e innovativa volta a incidere sulla realtà.
Fin dalla loro introduzione, i Patti si sono rivelati non soltanto strumenti operativi per affrontare l’emergenza educativa, ma veri e propri catalizzatori di mutamento pedagogico, istituzionale e culturale. La loro evoluzione si può articolare in tre traiettorie di trasformazione educativa: contingente, strumentale e sostanziale. Tali traiettorie non sono nettamente distinte fra loro, ma si intrecciano e si sovrappongono nel tempo e nei contesti, secondo logiche di consolidamento progressivo. La trasformazione contingente si riferisce alla fase emergenziale, in cui il Patto ha agito come dispositivo flessibile di continuità formativa; la trasformazione strumentale descrive il momento in cui il Patto si è stabilizzato come strumento ordinario di integrazione scuola-territorio; la trasformazione sostanziale, infine, riguarda il potenziale dei Patti nel riformulare strutturalmente il senso, le finalità e l’organizzazione dell’educazione pubblica in chiave comunitaria. Sulla base di questo quadro, possiamo approfondire le tre articolazioni della trasformazione educativa promossa dai Patti, evidenziandone i meccanismi, le implicazioni e i riferimenti normativi e teorici di maggiore rilievo.
I Patti Educativi di comunità come risposta alla situazione emergenziale da COVID-19…
L’introduzione dei Patti Educativi di Comunità, nel contesto emergenziale generato dalla pandemia da COVID-19, ha assunto inizialmente la configurazione di una misura contingente, concepita per salvaguardare la continuità dei processi educativi in un frangente di drammatica discontinuità. In quella fase, caratterizzata dalla sospensione delle consuetudini scolastiche e dalla necessità di approntare alternative flessibili, il Patto ha assolto a una funzione transitoria ma strategica, capace di mobilitare risorse educative diffuse sul territorio e di ricostituire legami educativi di prossimità. Questo è stato molto efficace soprattutto nei territori delle aree interne. Il Patto, in questo primo stadio, si è configurato come una risposta adattiva, finalizzata a ricucire il tessuto educativo lacerato dalle conseguenze della crisi sanitaria (Bartolini et al., 2022). La portata pedagogica assunta dai Patti in questa fase supera la logica della supplenza emergenziale. Essi hanno consentito alla scuola di esercitare una funzione educativa anche in condizioni di isolamento forzato, favorendo l’articolazione di pratiche didattiche in contesti non scolastici — cortili, biblioteche, spazi civici, oratori — e attivando una pluralità di soggetti e relazioni significative. Ne è emersa una inedita configurazione di prossimità pedagogica, in grado di riformulare la distanza fisica in termini di intensità relazionale e co-presenza educativa diffusa. Tale processo, coerente con una visione ecologica dell’apprendimento (Bronfenbrenner, 1979) e con l’orizzonte dell’educazione come responsabilità collettiva (Locatelli, 2020), ha posto le basi per una ridefinizione complessiva dei confini e dei dispositivi della scuola pubblica.
… e alle sfide educative
Tuttavia, l’efficacia dei Patti non si è esaurita nel momento emergenziale. Fin dalle prime esperienze, essi hanno manifestato una tendenza alla permanenza e alla strutturazione: ciò che era nato come risposta al bisogno si è progressivamente configurato come strumento in grado di affrontare, in modo sistemico e sostenibile, sfide educative più profonde e durature. Tali sfide comprendono, ad esempio, l’aumento delle disuguaglianze educative, la crescente complessità dei bisogni formativi, l’erosione della fiducia nelle istituzioni scolastiche e la richiesta di modelli educativi più pertinenti ai contesti di vita. In questa seconda fase, definibile come strumentale, i Patti hanno assunto il profilo di dispositivi di integrazione strutturale tra scuola e territorio, capaci non soltanto di garantire la continuità educativa, ma di accrescerne la qualità e la significatività (Bonasora, 2023). È possibile individuare tre piani sui quali i Patti hanno esercitato un’influenza sostanziale: quello didattico-pedagogico, quello istituzionale-organizzativo e quello culturale-comunitario.
- Sul piano didattico-pedagogico, il Patto ha sollecitato un superamento della rigidità curricolare e della verticalità disciplinare, promuovendo approcci di apprendimento esperienziale, contestualizzato e interdisciplinare. L’incontro tra scuola e comunità ha generato nuove forme di progettualità educativa, attraverso l’attivazione di laboratori urbani e rurali, percorsi civici, attività svolte in contesti informali, ove l’apprendimento si è delineato come processo co-costruito. Tale impianto pedagogico si fonda su una concezione trasformativa dell’educazione (Mezirow, 1991), in cui il sapere emerge dall’interazione generativa con ambienti significativi e reti sociali intenzionalmente educative (Mangione et al., 2022)
- Sul piano istituzionale-organizzativo, i Patti hanno prodotto una tensione innovativa verso forme di governance reticolari e partecipate. La coesistenza di attori diversi — pubblici, del terzo settore e civici — ha imposto un ripensamento delle modalità di gestione e coordinamento dell’offerta educativa, orientando il sistema verso modelli di co-programmazione, corresponsabilità e sussidiarietà orizzontale, nel solco dell’art. 118 della Costituzione (Cotturri, 2010; Benadusi, 2014). In questa prospettiva, il Patto assume la funzione di catalizzatore di una governance interistituzionale policentrica, capace di promuovere alleanze educative fondate su logiche collaborative e non gerarchiche (Mangione et al., 2024)
- Sul piano culturale e comunitario, i Patti hanno favorito un cambiamento paradigmatico nella rappresentazione della scuola come istituzione. Essa non è più concepita come enclave autoreferenziale, bensì come infrastruttura relazionale e bene comune, coabitata da una pluralità di soggetti che condividono la responsabilità della formazione delle nuove generazioni. Il concetto di comunità educante, a lungo evocato in forma retorica, si è tradotto in una pratica concreta di riconoscimento reciproco, cura e impegno solidale (Locatelli, 2021; Locatelli, 2024; UNESCO, 2021). In questo quadro, i Patti si rivelano strumenti di costruzione di un ethos pedagogico inclusivo e generativo, in cui la comunità non è sfondo ma soggetto co-attivo del processo educativo.
Alla luce di questi elementi, è possibile affermare che il Patto non rappresenta solo una misura marginale o accessoria, bensì un dispositivo sistemico in grado di articolare risposte educative complesse all’interno di una società altrettanto complessa e in continua trasformazione. La traiettoria che va dalla contingenza alla strutturazione del Patto apre a una fase ulteriore: quella della trasformazione sostanziale, intesa come riformulazione complessiva della funzione pubblica dell’educazione e del suo impianto istituzionale (Locatelli, 2019; 2024).
L’educazione come bene comune globale
In tale orizzonte, i Patti si delineano come pratiche prefigurative di un modello educativo post-burocratico, caratterizzato da un’elevata densità relazionale, da un’economia dell’attenzione condivisa e da una concezione plurale e cooperativa della responsabilità educativa. Essi interpretano, in senso pieno, la proposta dell’UNESCO (Locatelli, 2020; UNESCO, 2021) di un’educazione come bene comune globale, capace di rigenerare il contratto sociale in chiave inclusiva e sostenibile. Nella stessa direzione si colloca Bonasora (2023), per il quale i Patti si configurano come forme generative di cittadinanza attiva, attraverso cui i cittadini non soltanto partecipano, ma concorrono a produrre politiche educative pubbliche nella loro forma più matura.
Questa traiettoria è oggi recepita anche nella cornice normativa e curricolare nazionale. Le Nuove Indicazioni 2025 per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo richiamano esplicitamente la necessità di una scuola aperta, interconnessa con il territorio, capace di attivare comunità educanti, reti sociali, spazi di corresponsabilità formativa. Esse riconoscono la centralità del Patto come dispositivo di alleanza educativa multilivello, in grado di connettere ambienti di apprendimento, soggetti sociali e istituzioni (MIUR, 2025). Allo stesso modo, il Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali 2024–2026 lo inserisce tra le misure prioritarie per il contrasto alla povertà educativa e la costruzione di territori educanti coesi.
Il consolidamento scientifico di questa prospettiva emerge anche dalla recente letteratura. In particolare, l’analisi condotta da INDIRE (Mangione et al., 2024), a partire dal caso della città di Verona, mostra come i Patti possano assumere la forma di dispositivi di governance multilivello capaci di coniugare innovazione pedagogica e coesione territoriale anche in realtà territoriali complesse come i grandi centri urbani. Allo stesso modo, nelle aree interne del Paese e nei contesti di “piccola scuola”, i Patti si configurano come presìdi di resilienza educativa e culturale, capaci di sostenere il contrasto alla dispersione scolastica, di promuovere la partecipazione delle famiglie e di attivare alleanze con i soggetti del territorio anche per sviluppare progetti locali più ampi (Bartolini et al., 2022; Mangione et al., 2023).
L’Osservatorio Nazionale sui Patti Educativi quale supporto alle scuole
Per raccogliere questa ricchezza di esperienze nasce l’Osservatorio Nazionale sui Patti Educativi, promosso da INDIRE e LABSUS. L’intento è mappare i Patti realizzati sul territorio nazionale, analizzarne i tratti caratterizzanti, individuare le migliori pratiche e poter così fornire un efficace supporto alle scuole che vogliono stringere alleanze col territorio.
L’Osservatorio ad oggi ha raccolto circa 200 Patti, il 48,4% di essi sono stati sottoscritti nel Nord Italia, il 34,9% al Sud e il 16,7% al Centro. Le regioni che hanno condiviso il maggior numero di Patti sono Piemonte e Puglia.
I Patti in prevalenza (40,9%) promuovono una visione di scuola inclusiva, dove le diversità, i diversi stili d’apprendimento, vengono valorizzati così da dare a tutti pari possibilità di crescita in un sistema equo e coeso in grado di prendersi cura di tutte le alunne e tutti gli alunni. Il 30,2% delle scuole si riconosce in una “scuola come centro civico di comunità” tesa a fornire diversi percorsi di apprendimento, servizi alla comunità, favorendo l’impegno civico e l’innovazione sociale. Le scuole delle aree interne del Paese sottoscrivono con frequenza anche patti che si rifanno a visioni di scuola diffusa o ecologica, che sfruttano gli spazi del territorio oltre l’edificio scolastico, coinvolgono nelle attività la comunità nelle sue varie articolazioni e contribuisco a formare una consapevolezza ecologica e ambientale nei ragazzi.
In prevalenza i Patti educativi di comunità si pongono obbiettivi tesi a coinvolgere la comunità nei processi educativi, prevenire la dispersione scolastica e la povertà educativa, sostenere la cittadinanza attiva e promuovere la sostenibilità ambientale.
Cira gli attori firmatari dei Patti, oltre alle scuole, si trovano i comuni (73,6%), le associazioni (63,5%), il terzo settore (43,4) e gli uffici scolastici regionali (3,8%). In molti casi i comuni non sono soltanto firmatari del patto, ma hanno un ruolo attivo e proponente nella progettazione e nella governance di molte esperienze.
Dall’analisi dei Patti emerge in numerose esperienze un ricorso, durante le attività formative previste, a spazi esterni non di pertinenza della scuola: sia spazi culturali come musei, teatri e biblioteche, sia spazi all’aperto come parchi, fiumi, fattorie didattiche.
I Patti Educativi di Comunità rappresentano oggi uno dei volani più significativi per l’innovazione della scuola pubblica. Essi incarnano una visione dell’educazione come processo corale, intersoggettivo, istituzionalmente legittimato ma civicamente condiviso. In questo senso, i Patti non sono semplicemente uno strumento operativo, bensì un luogo pedagogico in cui prende forma un nuovo contratto sociale per l’educazione: un contratto che si fonda sulla generatività, sulla cooperazione, sul riconoscimento reciproco e sulla volontà collettiva di costruire un futuro educativo giusto e condiviso (Locatelli, 2024; Mangione et al., 2024).
Riferimenti Bibliografici
Bartolini, R., Mangione, G. R. J., & Zanoccoli, C. (2022). Piccole scuole, ripensare la forme scolaire per un patto formativo allargato alla comunità e al territorio. Formazione & Insegnamento, 20(2), 14–35. https://doi.org/10.32076/03/101122
Benadusi, L. (2014). Autonomia scolastica e governance territoriale. Rassegna di Pedagogia, LXXII(2), 393–410.
Bonasora, P. (2023). I Patti Educativi di Comunità: La scuola da bene pubblico a bene comune. IUL Research, 4(1), 116–130. https://doi.org/10.57568/IULR-2023-01-08
Bronfenbrenner, U. (1979). The ecology of human development: Experiments by nature and design. Harvard University Press.
Cotturri, G. (2010). La sussidiarietà come metodo. Pratiche di governance condivisa nei servizi locali. Carocci.
Locatelli, R. (2019). Reframing education as a public and common good: Enhancing democratic governance. Springer. https://doi.org/10.1007/978-3-030-28286-1
Locatelli, R. (2020). Il Patto Educativo Globale: L’educazione come bene comune globale. Rivista Lasalliana, 87(2), 211–221.
Locatelli, R. (2021). La prospettiva dell’educazione come bene comune quale quadro di riferimento per i Patti Educativi di Comunità. Civitas Educationis. Education, Politics and Culture, X(2), 175–191.
Locatelli, R. (2024). Renewing the social contract for education: Governing education as a common good. Prospects, 54(2), 315–321. https://doi.org/10.1007/s11125-023-09694-y
Mangione, G. R. J., Cannella, G., & Chipa, S. (2023). Il ruolo dei terzi spazi culturali nei Patti Educativi Territoriali. Verso una pedagogia della riconciliazione nei territori delle piccole scuole. In Il Post-digitale. Società, culture, didattica (pp. 171–205). FrancoAngeli. https://doi.org/10.3280/oa-1238-10
Mangione, G. R. J., Chipa, S., Bartolini, R., & Zanoccoli, C. (2024). The social contract for education and educational territorial pacts: Pedagogical innovation and territorial governance. A multilevel analysis of the Verona case. In Inequality, Inclusion and Governance. Proceedings of the III Scuola Democratica Conference, Vol. 1, 839–856. https://www.scuolademocratica-conference.net/wp-content/uploads/2025/04/III-SD-Conf.-Proceedings.-Vol.-1.-Inequality-Inclusion-and-Governance-c.pdf
Mezirow, J. (1991). Transformative dimensions of adult learning. Jossey-Bass.
MIUR. (2025). Nuove Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo. Materiali per il dibattito pubblico. Ministero dell’Istruzione e del Merito.
UNESCO. (2021). Reimagining our futures together: A new social contract for education. UNESCO Publishing. https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000379707 (trad. it. Re-immaginare i nostri futuri insieme: un nuovo contratto sociale per l’educazione. Paris: UNESCO, 2023. Brescia: Editrice La Scuola, 2023
LEGGI ANCHE:
- L’amministrazione condivisa dei beni comuni ed i patti di collaborazione
- Dall’istruzione come bene pubblico all’educazione come bene comune
- Grande come il mondo: l’Educazione, bene comune globale
- L’educazione come bene comune
- Le scuole di comunità, un sogno realizzato
- La scuola migliore è quella condivisa
Immagine di copertina: FatCamera su Pixabay