Con specifico riguardo al patrimonio culturale, di per sé complesso e multiforme, e in considerazione del fatto che la sua valorizzazione è una funzione trasversale, aperta e dinamica, che interseca anche le azioni di tutela e di fruizione, si osserva come il quadro normativo di riferimento sia frammentario e confuso, limitando di fatto l’azione delle amministrazioni locali.
Con il volume “Riuso e valorizzazione del patrimonio culturale nelle aree interne. Profili giuridici”, edito nel 2024 da Giappichelli Editore, l’autrice Carmen Vitale che insegna Diritto Amministrativo e Diritto dei Beni Culturali presso il “Dipartimento di Scienze della Formazione, beni culturali e turismo” dell’Università di Macerata, analizza un ampio quadro normativo, internazionale e costituzionale, che consente di definire uno “statuto unitario” della valorizzazione: una visione organica non tanto rispetto agli strumenti che devono adattarsi al tipo di bene e alle sue specifiche condizioni, quanto piuttosto agli obiettivi e alle finalità.
Patrimonio culturale e sviluppo locale
In quali istituti giuridici si traduce la relazione virtuosa tra cultura e sviluppo? Vi sono norme che l’ordinamento prevede affinché tali principi si traducano in azioni concrete? Esistono buone pratiche? Quali sono i modelli organizzativi giuridici adeguati allo scopo?
Carmen Vitale intende rispondere ai tanti interrogativi attraverso l’analisi del rapporto tra i temi della valorizzazione del patrimonio culturale e le aree interne e, dunque, in un certo senso, del rapporto tra patrimonio culturale e sviluppo locale.
La locuzione “aree interne”, precisa l’autrice, si riferisce a quei territori identificati nell’ambito della Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) che non esauriscono le possibili tipologie di territori che sono state oggetto di specifici interventi normativi.
Da una parte risulta interessante un contesto caratterizzato da ritardo nello sviluppo di politiche dove, dunque, l’impatto culturale è senza dubbio meno scontato; dall’altra si guarda alla composizione e ai caratteri essenziali del patrimonio e alla sua rilevanza in queste aree e, di conseguenza, alle problematiche legate ad una efficace valorizzazione.
Il concetto di “cooperazione” in ambito culturale
Nell’ambito della valorizzazione, un tema fortemente attuale e di particolare interesse è quello della cooperazione tra pubblico e privato che dà luogo a fenomeni diversi: l’esternalizzazione di prestazioni di beni e servizi è caratterizzato dalla volontà della parte pubblica di delegare al privato soprattutto per ragioni economiche; invece strumenti diversi (partenariati speciali, patti di collaborazione, convenzioni per la co-progettazione) disciplinati dal legislatore e utilizzati nella prassi, si caratterizzano per la condivisione di obiettivi, contenuti e modalità di un’attività o dell’erogazione di un servizio, in vista di un obiettivo comune.
Dall’analisi di numerose disposizioni del Codice dei Beni Culturali si ricava il concetto di “cooperazione” come elemento portante del diritto del patrimonio culturale, concetto rafforzato soprattutto in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione che ha operato il frazionamento delle competenze: si sente sempre più forte l’esigenza di potenziare il coinvolgimento delle comunità nei processi di valorizzazione del patrimonio culturale nell’ottica della sussidiarietà orizzontale.
Richiamando la Convenzione di Faro, l’azione di valorizzazione di un bene è efficace quando lo stesso è riconosciuto e sentito come “patrimonio” delle comunità locali. Un riconoscimento di valore in cui il dialogo con le comunità diventa fondamentale e necessario, senza il quale la valorizzazione (nel senso stretto di “dare valore”) diventa operazione sterile.
È stato osservato che la naturale vocazione comunitaria dei beni culturali, che ne consente l’accostamento alla categoria dei beni comuni, impone di legare la valorizzazione economica alla salvaguardia e al miglioramento della fruizione pubblica.
Se i valori dei beni culturali e della cultura sono ampiamente riconosciuti, la concezione di patrimonio culturale come risorsa condivisa permette di trasformare e rinnovare l’approccio pubblico ma anche privato e individualistico alla gestione, e di conseguenza alla valorizzazione, del patrimonio culturale.
L’amministrazione condivisa e gli interventi di riuso/rigenerazione del patrimonio culturale
Sempre più spesso si assiste al ricorso degli istituti di rigenerazione e di riuso quali strumenti della rigenerazione urbana non disciplinati dal Codice dei Beni Culturali anche come forme alternative di valorizzazione del patrimonio culturale in stato di abbandono che, nell’attuale dibattito sulla valorizzazione del patrimonio culturale, risulta essere più sostenibile sul piano economico e anche più inclusivo sul piano sociale.
Nelle ipotesi di amministrazione condivisa, il recupero degli spazi è funzionale al progetto da realizzare e diviene esso stesso l’oggetto della collaborazione per la sua restituzione alla collettività, portando così ad individuare una relazione tra rigenerazione e innovazione sociale che innesca cambiamenti significativi nei processi delle comunità locali. In questo contesto, tra i vari strumenti per la valorizzazione e la rigenerazione del patrimonio, lo strumento del patto di collaborazione, inizialmente ipotizzato per la gestione e la cura di spazi comuni o in stato di abbandono, ha progressivamente riguardato progetti complessi per la rigenerazione di immobili degradati. Ne emerge con forza una funzione rigenerativa di questo strumento, a beneficio della collettività.
La necessità di strumenti alternativi per una valorizzazione più efficace e sostenibile delle aree interne
Alla base dei ragionamenti sviluppati da Carmen Vitale c’è il carattere di “specialità” del patrimonio culturale diffuso in queste aree di territorio che impone l’individuazione di strumenti alternativi a quelli codicistici per una valorizzazione più efficace e sostenibile e per poter incidere, di conseguenza, positivamente sull’economia locale.
È proprio in queste aree interne che la distanza dai centri principali, dai grandi attrattori turistici, accentua ulteriormente il ruolo delle comunità locali che sentono ancor più forte la responsabilità di partecipare alla concreta fruibilità del bene.
Bisogna puntare ad un differente modello di valorizzazione, ci spiega l’autrice, in cui l’interesse generale viene individuato nel caso concreto. Un modello che vede i territori tornare protagonisti in un’ottica di stretta collaborazione tra comunità, enti territoriali e soggetti privati, un modello in cui “pubblico” e “privato” condividono obiettivi, modalità, risultati.
Sembra questa una buona strada che permetterebbe di concretizzare quel rapporto osmotico tra luoghi e comunità che non porta solo ad uno sviluppo locale ma anche al benessere sociale attraverso un legame emotivo-empatico con il patrimonio culturale nel senso di bene comune.
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Immagine di copertina: Laura Guida su UniGe.life