I referendum, un'occasione per ritrovare il gusto di partecipare

Anche la democrazia, come l'acqua, è un bene comune di cui dobbiamo prenderci cura

Siamo, come tanti, consapevoli dei limiti della democrazia rappresentativa, ma questo non significa che, in nome di forme forse migliori e più incisive di partecipazione, siamo disposti ad assistere senza batterci al suo deperimento. Noi vogliamo che tutte le forme possibili di partecipazione alla vita pubblica contribuiscano allo sviluppo della democrazia in Italia.
E per questo in occasione dei referendum che si terranno il 12 e 13 giugno vogliamo richiamare l’attenzione su una questione in sé molto semplice, ma potenzialmente anche molto dannosa per la democrazia rappresentativa e, quindi, per la democrazia in generale. Inoltre abbiamo pensato di pubblicare una newsletter specificamente dedicata ai temi oggetto del voto referendario, come contributo alla migliore conoscenza di tali temi e quindi ad un voto più consapevole.

Bisogna votare, sempre

Perché il problema è appunto il voto. Da anni, infatti, sembra normale, addirittura positiva, una cosa che invece in una democrazia non è né normale né positiva.
Dopo la stagione referendaria riguardante alcuni grandi temi (divorzio, aborto, ergastolo, etc.) l’uso del referendum è stato inflazionato: l’elettorato è stato chiamato a decidere con un "si" o con un "no" questioni spesso tecnicamente assai complesse, sulle quali persino gli specialisti avevano difficoltà a prendere posizione. Questioni peraltro che in una democrazia ben funzionante avrebbero dovuto essere affrontate e risolte da coloro che i cittadini avevano a suo tempo eletto proprio per risolvere problemi di quel genere.
Contemporaneamente a questo tipo di sviluppo, le forze politiche o i gruppi di pressione che di volta in volta si opponevano ai quesiti referendari, non riuscendo a vincere nell’ambito della normale dialettica politica (cioè convincendo una maggioranza di elettori a votare "no"), scoprirono che si poteva vincere anche facendo mancare il quorum previsto dall’art. 75, 4° comma della Costituzione. Questo sistema funzionò molto bene, dal punto di vista degli oppositori, anche perché trovò un alleato naturale nella crescente e più che comprensibile stanchezza degli elettori nei confronti di tornate referendarie sempre più complesse.
Una volta scoperta l’efficacia di questo meccanismo, ad ogni referendum è stato tutto un fiorire di appelli a non andare a votare, ora da una parte, ora dall’altra, senza rendersi conto dei danni che questo tipo di incitamento ha arrecato e continua ad arrecare alla nostra tutto sommato ancora giovane democrazia.
Perché il punto è proprio questo: tutti coloro che, anche in assoluta buona fede, incitano i cittadini a non esercitare il proprio diritto/dovere di voto per far fallire uno specifico referendum, provocano in questo modo un danno grave al funzionamento della democrazia nel nostro Paese.

Poco voto, poca legittimazione

Il motivo è di carattere generale, va al di là della questione dei referendum e riguarda la funzione del voto in una democrazia rappresentativa.
La Costituzione, dopo aver affermato che il voto è personale ed uguale, libero e segreto, definisce l’esercizio del voto un "dovere civico" (art. 48, 2° comma); non è dunque un dovere la cui violazione possa essere sanzionata giuridicamente, così come può esserlo invece il dovere di concorrere alle spese pubbliche attraverso il sistema fiscale (art. 53), tuttavia è pur sempre un dovere tipico dei cittadini (per questo si chiama civico, appunto), così come lo è il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi (art. 54). Coloro che non sono cittadini italiani non hanno il dovere di votare né altri doveri civici, ma non hanno nemmeno i diritti che derivano dall’essere cittadini di questo Paese.
Votare è un diritto/dovere dei cittadini, così come mantenere ed educare i figli è un diritto/dovere dei genitori (art. 3, 1° comma, Costituzione), perché solo chi è cittadino può e deve preoccuparsi di far funzionare le istituzioni del paese di cui è cittadino, allo stesso modo in cui solo chi è genitore può e deve preoccuparsi della crescita dei propri figli.
Il voto è il carburante delle democrazie rappresentative, perché è dal voto del popolo sovrano che deriva la legittimazione di tutti gli organi che determinano l’indirizzo politico ed amministrativo della comunità, sia a livello nazionale sia locale. Se solo pochi si recano a votare, la legittimazione di quegli organi tende a scemare, fino al punto da consentire che ne sia messo in dubbio il diritto stesso a decidere in nome e per conto di tutti.

Troppo comodo….

Si potrebbe obiettare che non sempre si può o si vuole prendere una posizione rispetto ad un programma politico o ad un quesito referendario e che dunque in questi casi è lecito astenersi dal votare. Ma il sistema di voto prevede non a caso la possibilità di votare sia a favore, sia contro, sia di astenersi votando scheda bianca.
In sostanza, chi non vota ma pretende di continuare a vivere in un sistema democratico è assimilabile sotto un certo profilo a chi evade le tasse ma pretende di continuare ad usufruire di servizi pagati con le tasse degli altri. E’ troppo comodo non votare, scaricando sugli altri l’onere di far funzionare le istituzioni, salvo poi naturalmente lamentarsi perché non si è soddisfatti del loro funzionamento!
Oltretutto, mentre pagare le tasse è sicuramente poco piacevole e spesso anche macchinoso, votare richiede veramente un minimo sforzo, soprattutto considerando da un lato la nobiltà e l’importanza di quel piccolo gesto, dall’altro la quantità di tempo che perdiamo in tante altre attività.

Ritrovare il gusto della partecipazione

Probabilmente è una battaglia persa perché l’abitudine al non voto è diventata ormai pratica di massa, per di più legittimata da autorevoli personaggi di tutte le parti politiche. Forse bisognava pensarci, prima di adottare così disinvoltamente la tecnica dell’astensione dal voto per fini tattici contingenti, senza pensare ai danni che si stavano provocando al sistema democratico nel suo complesso.
Ma forse si è ancora in tempo a rimediare. Ed i referendum indetti per il 12 e 13 giugno sono l’occasione giusta per ritrovare il gusto della partecipazione, anche perché i temi oggetto del voto sono tutti temi che toccano molto da vicino l’opinione pubblica, con un grande potere evocativo, nel bene e nel male.

La democrazia è un bene comune

Non diamo indicazioni di voto, per due motivi. Non ne diamo sul nucleare e sul legittimo impedimento, perché sono temi che esulano dalle nostre competenze scientifiche e quindi il nostro parere avrebbe lo stesso peso e valore di quello di qualsiasi altro cittadino. E dunque non ci sembra corretto utilizzare uno strumento di comunicazione potente come il nostro sito per appoggiare posizioni sulle quali non abbiamo competenze tali da giustificare una nostra indicazione di voto.
E non ne diamo nemmeno sui quesiti riguardanti l’acqua, nonostante si tratti di un bene comune di importanza primaria di cui ci siamo già occupati in altre occasioni, perché all’interno della “comunità” di Labsus ci sono punti di vista diversi, sui quali ci stiamo confrontando. Le questioni oggetto dei due referendum riguardanti l’acqua ci toccano ovviamente molto da vicino e su di esse continueremo la nostra riflessione anche nei prossimi mesi, in varie sedi, comprese quelle universitarie, fino a raggiungere una posizione condivisa al nostro interno.
Ma, al di là delle singole posizioni sui singoli quesiti referendari, vogliamo ricordare a tutti ed a noi per primi che in fondo anche la democrazia è un bene comune, come l’acqua o l’ambiente, di cui tutti dobbiamo prenderci cura. In questo caso è facile, basta andare a votare